Il durian è il frutto più puzzolente del mondo, vietato negli hotel e nei mezzi pubblici di mezza Asia. Un superfood controverso, amato e odiato dai consumatori: il suo odore è respingente, alcuni però lo apprezzano per un gusto molto particolare. Attorno a lui, un volume d'affari di oltre mezzo miliardo di dollari all'anno. Cosa lo rende uno dei cibi più “strani” del Pianeta?
Costoso, appiccicoso, fonte naturale di pessimo odore, dal sapore che divide e dalla buccia piena di spine. “Ma ha anche dei difetti”, potrebbero dire i numerosi consumatori del Sud Est asiatico, dove ci sono i principali produttori di questo frutto e gli strenui difensori della sua causa. Usiamo l’ironia, concedetecelo, per descrivere uno degli alimenti che negli ultimi anni sta avendo grande eco mediatica, soprattutto grazie alle innumerevoli peculiarità “negative” che al contempo nascondono, però, un frutto dai numerosi effetti positivi per la nostra salute.
Il durian nella sua specie è uno degli alimenti più controversi del mondo, tipico delle regioni del Sud Est asiatico (dove viene consumato abitualmente) e fisiologicamente di più difficile reperimento nei Paesi occidentali, dove arriva (se arriva) per essere venduto a varie decine di euro al chilo. Il suo volume d'affari supera stabilmente il mezzo miliardo di dollari all'anno, con oltre 400 tonnellate di questa bomba maleodorante a essere commercializzate in tutto il mondo.
Un alimento che nei Paesi occidentali è stato scoperto relativamente di recente, un po’ come l’avocado nel Vecchio Continente, ma a differenza dell’oro verde del Centro e Sud America non sembra aver incrociato l'apprezzamento della maggior parte dei consumatori. La curiosità, almeno quella, però sì.
Etimologicamente la parola durian deriva dal malese duri (spine) e dà il nome a un frutto che può raggiungere anche i 3 chili di peso, 30 centimetri di lunghezza e 15 di diametro. Cresce su alberi che arrivano anche a 40 metri di altezza e per questo i frutti vengono solitamente raccolti dopo la loro caduta naturale, giunti a maturazione. Dalla forma ovoidale, per maneggiarlo sono necessari guanti protettivi a causa della grande presenza di aculei sulla buccia. Ma, scopriremo, non è di certo la pelle spinosa la parte "peggiore" di questo alimento.
All’interno la polpa (l’unica parte edibile) appare di colore ora di giallo paglierino ora più tendente al rossastro, a seconda della specie. Nonostante non sia il Paese d’origine del durian, oggi la Thailandia è la prima nazione a livello di coltivazione e commercializzazione.
La prima rappresentanza scritta giunta in Occidente che lo descrive risale al 1300, quando un commerciante veneziano ne parlò così di ritorno da un viaggio a Sumatra: “… loro (gli abitanti dell’isola, ndr) hanno un frutto verde che chiamano Duriano ch'è verde e di grandezza di un'anguria, di mezzo al quale, aprendolo, si trovano cinque frutti come sarian melarancie, ma un poco più lunghi, d'eccellente sapore, che nel mangiare sembrano del buttiro (burro) rappreso”. Nessuna menzione, però, al suo odore. Ma di quello avremo di che parlare noi.
Nel Sud Est asiatico, tra Indonesia, India e nuova Guinea, non è raro trovare dei venditori ambulanti di durian: la maggior parte con le loro bancarelle ai bordi della strada, così che il suo odore tanto pungente (e respingente) possa disperdersi nell’aria senza attanagliare il naso dei passanti e turisti, dissuadendoli così dall'avvicinarsi.
Viene tuttavia venduto anche in alcuni supermercati ben sigillato in apposite confezioni che, comunque, limitano solamente la diffusione del suo peculiare olezzo. Nei Paesi di maggior consumo leggi nazionali vietano addirittura che il durian venga trasportato nei mezzi pubblici, e la maggior parte degli hotel non permettono agli ospiti di portare il frutto all’interno delle stanze. Non certo il trattamento più idoneo per quello che i locali considerano il re dei frutti, ma misure “contenitive” necessarie per far si che le persone (in particolar modo gli stranieri) non vengano nauseate dal suo odore. Nessun reato di lesa maestà, insomma.
Nonostante i divieti "terrestri" qualche anno fa un progetto spaziale tailandese ha spedito in orbita del durian cotto al forno, per testarne gli effetti fuori dall’atmosfera e studiarne poi sapore e consistenza una volta tornato sulla Terra. Il tutto finalizzato a eventuali dispense di durian in future missioni spaziali, con provviste a disposizione degli astronauti che potranno mangiare cibo thai nelle loro missioni extraterrestri. Alla luce di quanto detto, però, non vorremmo essere nei panni di coloro che avranno il compito di portare questo alimento nella loro navicella…
Alla vista, dopo averlo aperto, Gordon Ramsay l’ha descritto come un "grosso cervello umano". Altri che hanno avuto il piacere di annusarlo hanno parlato di un aroma simile a quello di un formaggio andato a male, di muffa, ma c’è anche chi ha ricordato l’odore di piedi o benzina. Sono queste le percezioni al naso di molti a un primo approccio: non certo il migliore dei biglietti da visita, e all'improvviso il forte odore del gorgonzola vi sembrerà una piacevole quanto ammaliante fragranza francese.
Alla luce di ciò, in molti si domandano come faccia ad avere un tale successo nel Paesi del Sud Est asiatico, rimanendo però senza risposta. Sembra proprio che lì piaccia senza se e senza ma, inserito stabilmente nella cultura gastronomica locale. Negli ultimi anni, però, il durian (grazie anche alle sue peculiarità mediaticamente virali) ha iniziato a circolare pure in Occidente.
Vari studi inoltre hanno cercato di comprendere il perché le sostanze volatiti del frutto, sprigionate alla sua apertura, siano così puzzolenti, ma non è stato individuato un motivo specifico. Tante ricerche hanno concluso che ci sono molti composti del durian che, presi singolarmente, dovrebbero avere un buon odore, ma insieme producono uno dei frutti dai sentori più nauseanti che possano trovarsi in natura. Scherzi della genetica e della natura, che quando decidono di metterci del loro sanno essere veramente originali.
“Il tuo alito profumerà come se avessi baciato alla francese tua nonna morta” con queste parole non certo al miele il compianto chef francese Anthony Bourdain ha descritto il durian dopo averlo assaggiato. Non proprio il miglior spot per promuovere questo frutto, che non tutti hanno il coraggio di degustare dopo averne sentito il peculiare olezzo.
Il segreto è prendere un bel respiro, farsi forza (e magari qualche istante di apnea) per poi procedere con il morso. Se sull’odore la stragrande maggioranza delle persone si trova d’accordo nel definirlo con i peggiori epiteti possibile, è sul sapore che questo superfood sorprende e divide la massa.
La sua polpa ha una consistenza particolare, quasi burrosa, e al palato ad alcuni ricorda ora la cipolla, ora il cocco o l’ananas. C’è chi lo accosta al mango, alla carota, al pollo o alle patate. A qualcuno ricorda l’uovo, ad altri, addirittura, i pop corn. Trovare un’opinione univoca, insomma, sembra alquanto complicato, ma è altrettanto difficile individuare un altro alimento che possa sprigionare un ventaglio così complesso di percezioni gustative. Che sia proprio questo uragano di sapori il segreto del suo successo?
Il durian non è decisamente un frutto economico nemmeno nei Paesi di produzione, dove lo si può trovare a una cifra che si aggira sui 10 euro al chilo. Un prezzo non popolare, considerando soprattutto che qui il lavoratore medio percepisce l’equivalente di poco più di 200 euro al mese. Il costo cresce a dismisura quando viene esportato nelle altre parti del mondo: solo per fare un esempio, in Italia il re dei frutti può raggiungere anche i 50 euro al chilo, talvolta superandoli anche. Per ora però il primato se l’è aggiudicata una prelibata variante, la J Queen, che pochi anni fa è stata venduta all’asta a circa 2000 dollari. Un prezzo giustificato, in parte, dal fatto che un albero di questa specie produca i suoi frutti una volta ogni tre anni.
Non lasciatevi ingannare dalle apparenze: nonostante ogni durian possa sembrare uguale all’altro, per scegliere quello migliore è necessario stare attenti ad alcuni particolari. Non bisogna optare per quelli troppo piccoli o esageratamente grandi, ma preferirne uno dalla media grandezza (attorno ai 2 kg di peso) e dalla forma regolare. Se siete facilmente “impressionabili” fate attenzione all’eventuale presenza di vermi all’interno (spia ne sono i classici buchi circolari sulla buccia), anche se in genere i nostri amichetti striscianti (fortunati bongustai privi di naso) optano per i frutti migliori.
Un buon durian inoltre non deve avere rotture o crepe orizzontali, mentre sono più “normali” quelle che si sviluppano in verticale, indice di giusta maturazione. Infine, in fase di selezione scuotete (con guanti protettivi) il frutto per individuare eventuali movimenti interni. Se li percepite, allora significa che il durian è maturo e pronto al consumo. Al palato, infine, la polpa risulta cremosa, della consistenza che ricorda quella del burro.
Ma per quale motivo il durian, che alla luce di quanto detto sembra più una bomba chimica di gas fetido che un vero e proprio alimento, inizia ad avere una discreta considerazione anche al di fuori dell'Asia? L’appellativo di re dei frutti non è infondato: ci troviamo infatti di fronte a un concentrato di vitamine C e B, carotenoidi, antociani (pigmenti dall’azione antiossidante e antiaging) e flavonoidi (molecole che riducono il rischio di contrarre malattie croniche). Inoltre è un potente regolatore del colesterolo, e aiuta a prevenire l’arteriosclerosi. Peculiarità che lo rendono uno dei maggiori superfood, dalla grande versatilità in cucina.
In Asia il durian viene utilizzato per aromatizzare una grande varietà di dolci, dai biscotti alle torte, ma è anche usato nella preparazione di riso o zuppe di pesce. Specialmente a Sumatra con la polpa essiccata sono realizzate delle chips croccanti, mentre in Malesia è alla base di conserve zuccherate o salate. Non sorprendetevi, infine, di trovare anche ricette di gelati a base di questo frutto.