La redazione di The Eater ha sguinzagliato i collaboratori di tutto il mondo stilando una lista di 19 mete da sogno da visitare per tutti gli appassionati di enogastronomia nel 2020. Non ci sono alcune nazioni dalla grande tradizione come Italia e Spagna, ma molte mete selezionate sono davvero sorprendenti.
“We travel to eat”, ovvero “Viaggiamo per mangiare”: questo il titolo con cui Eater presenta le 19 mete imperdibili del 2020. Dei luoghi in cui, per un qualsiasi motivo, oggi il cibo è più importante che mai. Che si tratti del Kosovo, l'ultima nazione nata Europa, dove gli chef usano il cibo per stabilire una nuova identità nazionale, o di Marsiglia che secondo la redazione newyorkese è “La città gastronomica più popolare della Francia” passando per tutti i continenti e gli angoli della Terra. Spoiler alert: non c’è nessuna città italiana.
I dati sui viaggi sono incoraggianti per il mondo dell’enogastronomia perché i sondaggi in ogni parte del mondo mostrano come la maggior parte dei turisti pensa al cibo prima di pianificare un viaggio e molti viaggiano proprio per assaggiare delle cose tipiche di un determinato luogo.
“Probabilmente il posto migliore dove mangiare in tutto il sud-est asiatico, la capitale dello stato insulare malese di Penang” secondo la redazione di Eater. Le motivazioni risiedono nelle influenze cinesi, indonesiane e inglesi presenti in città. Il suggerimento è di provare il Nasi Lemak (riso cotto nel latte di cocco e servito con sambal) a colazione; pranzo con un thai di foglia di banana tipico dell’India e cena con i noodles fritti prima di immergersi nei mercati e provare il finger food della città. Mangiare a George Town è un po’ come viaggiare indietro nel tempo, grazie all’attenzione che i cuochi anziani malesi hanno per la tradizione. Da provare assolutamente anche il Char kway teow, spaghetti di riso fritti al wok con uovo, frutti di mare, salsiccia cinese e pasta di peperoncino.
Il suggerimento è un viaggio da febbraio ad aprile, dopo che la folla di Capodanno si è ridotta e prima che arrivi la pioggia a maggio.
Crocevia di cultura per millenni con nativi africani, coloni arabi, commercianti europei e invasori vari. La storia ha donato a Marrakech una città vivace, bellissima e che cambia continuamente il proprio ritmo. La cucina nordafricana sta conquistando tutto il mondo e questo fortifica l’idea di un Marocco-meta-culinaria.
Si parte ovviamente da tajine e cous cous ma da provare assolutamente il Mechoui, una pecora intera arrostita in fosse sotterranee di argilla raccontata anche da Anthony Bourdain in "Viaggio di un cuoco". Il suggerimento di Eater è un viaggio in autunno, quando il clima è più temperato.
La cugina di Copenaghen, pur essendo in un altro Paese. La città che ha dato i natali a Zlatan Ibrahimovic e per molti basta questo per considerare la città come meta di pellegrinaggio. Qui, racconta Eater, si respira un’aria funky, eccentrica e grazie al The Bridge, il ponte che collega Svezia e Danimarca, si è vicinissimi a molte altre città europee. La cucina è prettamente nordica e c’è grande attenzione al biologico grazie allo stile hippy della città che “si traduce in una gastronomia davvero avvincente”. La redazione suggerisce i tour nei vigneti naturali e la visita in primavera.
Ci troviamo in un sobborgo di Vancouver pieno di asiatici. La città è nota nel continente per ospitare il più grande mercato notturno orientale e per essere la città con più cittadini del Nord-Est Asiatico di tutto il Nord America (in rapporto alla grandezza). Per questi motivi, in nessun luogo si mangia cibo cinese come a Richmond, una città che ospita chef canadesi e asiatici-canadesi con radici a Hong Kong, Taiwan, Shanghai. Questa sinergia di popolazione e intenti sta creando una nuova cucina tradizionale: il presente e il futuro della cucina asiatica in Nord America. La redazione suggerisce di visitarla a fine estate.
Ex capitale della nazione e paradiso architettonico con templi e palazzi, tutti risalenti a prima dell’anno 1000. Questa città è nota come “Il museo senza mura” per l’ampio patrimonio storico che si può visitare. Mangiare a Gyeongju è una sorta di viaggio nel tempo con ricette tramandate nel corso dei secoli, cucinate da chef appositamente formati. Si trovano anche dei templi buddisti in cui poter mangiare una cucina vegetale sotto i tetti di tegole piombate.
Per un’esperienza più attuale spazio ai mercati, con le bancarelle che vendono pollo fritto all'aglio e negozi di noodle freddi. Il momento migliore per visitare la città è aprile, in modo da poter vedere la fioritura degli alberi di ciliegio.
Si torna in Nord America, per un motivo profondamente a Stelle e Strisce: a Milwaukee ci sarà la Convention Democratica per le elezioni 2020. Momento molto delicato per la politica americana; alcuni dei discorsi più illuminati del ‘900 sono stati fatti nelle Convention democratiche pre-elezioni, quindi ci sarà grande tumulto in città. Per Eater uno dei motivi per visitare il Wisconsin entro l'anno è anche sportivo. I Bucks, la squadra NBA della città, stanno letteralmente trainando l’economia dei bar (si discute un’estensione degli orari fino alle 4 del mattino nelle sere in cui giocano in casa), grazie all’entusiasmo portato dall’MVP Giannis Antetokounmpo.
Il Wisconsin è sempre stato un luogo dove la cultura della birra e del formaggio l’ha fatta da padrone e “Il 2020 sembra rafforzare questa idea”. Da provare assolutamente le pepite di formaggio fritte e il bratwurst in stile Milwaukee di Vanguard, una salsiccia di carne macinata di maiale e birra fatta in casa condita con cagliata, formaggio cheddar e filato.
Strade ricche di ciottoli, una città vecchia diventata Patrimonio mondiale dell’Umanità per l’Unesco grazie a mura millenarie, castelli, sinagoghe, moschee. Akko è soprattutto una città portuale però, in cui si mischiano le influenze arabe, musulmane, cristiane, bahà’ì e ebraiche. Probabilmente l’unica città medio-orientale in cui convivono perfettamente questi equilibri, mentre altrove sono divisi in gruppi etnici o religiosi.
Un ovvio beneficiario di tutta questa convergenza è il panorama gastronomico, che esplode in ogni angolo. Qui si trovano meravigliosi caffè con cardamomo e frutti yemeniti, infinite variazioni internazionali di hummus e frutti di mare, che arrivano direttamente dai mari circostanti. Dai panifici che vendono dolci kanafeh a olive, datteri, tahini, za'atar, pesce fresco ed erbe rare si uniscono in questa città infinitamente percorribile, dove il passato incontra il presente e il mare incontra la terra. La redazione di Eater suggerisce un viaggio tra marzo e maggio.
La seconda città più grande della Francia, una città famosa per la bouillabaisse, celebre zuppa di pesce provenzana. Marsiglia ha alcune caratteristiche molto particolari perché durante tutto l’800 è stata protagonista di un’immigrazione molto forte da Italia, Grecia e Spagna grazie alla flotta che si costruiva nel porto. Tutto ciò ha reso la città cosmopolita e, grazie all’arrivo dei rimpatriati nordafricani dalle colonie nordafricane francesi dopo l'indipendenza negli anni '50 e '60, la caratteristica si è accentuata.
Dal 2013 l’amministrazione ha intrapreso una serie di progetti di rinnovamento e il turismo ha giovato di questa scelta. L’arrivo di tanti viaggiatori ha fatto nascere tanti piccoli ristoranti a prezzi moderati. La redazione suggerisce una visita in tarda primavera e di assaggiare, oltre alla zuppa, il cous cous alla tunisina con polpo in umido.
Non molto conosciuta in Europa, ma la scena musicale di Lagos è famosissima in Nord America: i più grandi nomi dell’afrobeat vengono dal “battito cardiaco dell’intrattenimento dell’Africa occidentale” come la definisce The Eater. Una raffica di suoni, luoghi e street food che colpisce tutti i visitatori. I ristoranti di cucina nigeriana propongono ottimi piatti di riso come il jollof, riso bianco con salsa di pomodoro e riso diada, coltivato localmente con uno stufato di peperoni e olio di palma. Da provare la zuppa di pepe, i bigné croccanti e le specialità da griglia che si trovano lungo la strada. Eater suggerisce di visitare Lagos tra dicembre e gennaio, quando l’umidità è più bassa, grazie ai venti di Harmattan che soffiano dal Sahara.
Anche qui, come Milwaukee, motivazione sportiva e di eventi: il 2020 è l’anno delle Olimpiadi di Tokyo e Nagoya è uno dei villaggi limitrofi in cui poter godere dell’ottimo cibo. Pur non avendo grandi attrattive comparata alle grandi città del Giappone, il livello culinario di Nagoya è altissimo, tanto da essere premiata come “città da seguire” dalla Guida Michelin nel 2018. Presenta una ricca cucina regionale, chiamata nagoya-meshi, che include kishimen (noodles piatti), hitsumabushi (anguilla arrostita, croccante, in salsa salata-dolce), miso katsu (maiale fritto in salsa di miso) tra le cose più note, senza dimenticare il sushi. Il momento migliore per visitarla è in primavera o autunno.
Uno dei più importanti centri finanziari, commerciali e industriali del Messico. Situata alla base della Sierra Madre, è una città in cui la griglia è elevata a religione. Qui nasce l’arranchera, una bistecca simile all’asado e qui c’è la più grande competizione di barbecue dell’America Latina. Barbacoa di manzo, cabrito alla griglia (capretto) e ribeye, tortillas di farina soffice sono ragioni sufficienti per visitare questa città. Grazie al turismo crescente, stanno arrivando al grande pubblico anche piatti meno conosciuti come le empalmes, due tortillas di mais sparse con grasso di maiale e riempite con fagioli fritti a spuma di cumino insieme a formaggio, salsa e peperoncini endemici di piquin, riscaldati su una griglia a carbone. Interessante il machacado, un alimento da colazione in cui la carne secca incontra le uova strapazzate simile al concetto di eggs with bacon. The Eater consiglia di andare a Monterrey in primavera.
Una zona popolata da artisti di varie discipline e conserva tutt'oggi un'atmosfera e un'urbanistica anni settanta. Il quartiere si trova nella parte bassa di Manhattan e secondo The Eater, offre la “più ampia varietà di cucine e ristoranti innovativi rispetto a qualsiasi altro quartiere singolo della città e probabilmente del Paese”. Ci sono molte cucine etniche che si sono specializzate in piatti specifici. Il magazine nomina un ristorante con soli sei posti, il Suki, che propone curry giapponese fatto da zero, e Dian Kitchen, un posto dedicato alla preparazione di spaghetti di riso proprio come si trovano nella provincia cinese dello Yunnan. C'è il masala chai di Kolkata Chai e c'è l'unica sede di New York dell'Alley, una catena di tè taiwanese di culto. I prezzi sono generalmente ragionevoli e c’è una gamma molto ampia di cibo, bevande ed eleganti ristoranti, che non si trovano in nessun'altra parte di New York. Il suggerimento è di visitare il quartiere in primavera, quando i tulipani spuntano dai marciapiedi.
Una nazione che ha raggiunto l’indipendenza da un decennio e che ha trovato la sua voce attraverso l'arte, la vita notturna e il cibo. The Eater è eccitato dalla possibilità di “Sperimentare i primi tempi di una cultura alimentare recentemente indipendente”. La cucina di Pristina è stata storicamente influenzata dai sapori dell'Impero Ottomano e dei suoi vicini mediterranei, con particolare attenzione a carni grigliate, peperoni, formaggi, dolci e sottaceti. Il vero vantaggio della città che si rialza dopo la guerra nei Balcani degli anni ‘90 è che tutto ciò che viene proposto, è innovativo. Da visitare a fine estate.
Il cibo portoghese non ha mai ricevuto tanti elogi come nell’ultimo periodo e questo sta influenzando i viaggiatori, soprattutto americani, disposti a provare le nuove tendenze. Non si può non partire dal vino in questa città per arrivare ai tanti chef che si stanno trasferendo nel nord del Paese, grazie alla bellezza della zona. Questi cuochi stanno cucinando cibi tradizionali con raffinatezza ritrovata, dando una forma fresca a ricche ricette che per decenni sono state considerate troppo pesanti. The Eater suggerisce di visitare il Portogallo in autunno e di provare assolutamente il Francesinha, un enorme panino a strati con carne, formaggio fuso e salsa di pomodoro piccante.
The Eater la definisce “La gemma della costa caraibica. Una fusione di culture indigene con le influenze saporite delle popolazioni africane, arabe e spagnole che hanno lasciato il segno nel corso della storia”. C’è tanta biodiversità grazie al clima tropicale della città e questo attira tanti cuochi dalla Colombia e dalle nazioni confinanti. Da provare gli stufati, le empanadas di formaggio, arepas ripieni, carni grigliate e frutti tropicali. La cucina cittadina non può che prescindere dal pesce fresco: questo eleva ulteriormente la scena alimentare della città “Ai livelli andini” secondo il magazine. La redazione propone ottobre o febbraio per il clima caldo senza troppa pioggia.
Zona poco battuta dalle rotte turistiche, si tratta della capitale dello stato della Tasmania, l'incantevole isola-stato al largo del Paese, nota per l’aspra natura selvaggia, le bellissime coste e l’antieroe dei Looney Toones, ispirato a un marsupiale che vive sull’isola.
Negli ultimi anni è esplosa la scena musicale e artistica del luogo, con la ristorazione che ha tenuto il passo grazie a tanti ristoratori che si sono spostati dalle grandi città australiane, sull’isola minore. Da provare le gallette di patate e i prodotti da fattoria. Per la visita, la Tasmania non è tanto da “vedere” quanto da “esplorare” e quindi il periodo migliore è giugno.
La città ha recentemente perso la squadra simbolo, i Golden State Warriors che hanno dominato la scena baskettara degli anni ‘10, relegando Oakland (solo) a capitale della piccola imprenditoria della California. Da sempre vessata, trovava nello sport proprio una rivincita, dalla vicina San Francisco. Per The Eater è invece una meta da non perdere: “Oakland è attualmente una delle città alimentari più dinamiche d'America non a causa della raffinatezza dei suoi ristoranti, del numero delle loro medaglie di James Beard o di qualsiasi galassia di stelle Michelin, ma a causa della sua lealtà verso i cuochi che raccontano storie complicate attraverso il cibo: da dove sono venuti, dalla loro lotta per l'equità o da come noi cittadini crediamo che dovremmo trattarci a vicenda”. La redazione suggerisce l’estate per la visita e nomina la città come “Essenziale per il cibo e le bevande americane”.
L’antica città portuale d’Irlanda, un luogo che ha saputo resistere alla modernità mantenendo un’eleganza conservatrice. Cork è città piccola che a prima vista sembra la classica cartolina irlandese, ma che nasconde festival di musica e d’arte. Immancabili i pub e i bar, ma occhio all’alta cucina perché non è un caso se la Michelin abbia premiato 3 ristoranti con la Stella quest’anno solo sulla costa. Vicino Cork c’è poi Ballymaloe, una scuola di cucina di fama mondiale. Il centro è cambiato con l'amato e antico mercato inglese, il cuore tradizionale della città. Intorno ad esso tanti gioiellini come i bistrot con i caffè indiani, alcuni ristoranti giapponesi di grande fama e l’ossessione quasi religiosa per la birra artigianale. Per The Eater, che suggerisce una visita da maggio a settembre, Cork è la città gastronomica più eccitante dell’isola nel 2020 come lo era prima della crisi economica del 2008.
La Capitale cilena è incastonata nelle Ande, una meta turistica ambita dagli appassionati viaggiatori di tutto il mondo. Qui si può sciare d’estate e si può gustare un gran vino tutto l’anno. Oggi Santiago sta allontanando le vecchie tradizioni culinarie grazie a una generazione di chef cresciuti professionalmente tra il Perù e la Scandinavia. I piatti antichi, in una nuova versione, stanno ribaltando il vecchio dogma secondo cui il cibo tradizionale cileno non era adatto per una cucina raffinata. L’attenzione alla materia prima cilena, più che al piatto in sé, sta facendo riscoprire gli ingredienti indigeni tradizionalmente utilizzati dal popolo Mapuche, abbinati alle moderne tecniche di cucina. Una vera e propria rivoluzione. La città in estate si svuota, quindi questo è il periodo migliore, ricordando che l’estate cilena è da dicembre a febbraio.