La donna è sempre stata vista come la madre che sta in casa e che deve accudire i figli. Ancora oggi sono pochissime le donne chef premiate nelle guide, sono pochissime le donne a capo di brigate. Eppure la storia della gastronomia, soprattutto in Italia, è stata fatta da grandi cuoche. Vediamo un excursus quali sono le cuoche che più hanno inciso sulla gastronomia italiana e non solo.
Quanto è facile scadere nella banalità quando si parla di donne in cucina. La frase maschilista è dietro l'angolo, magari nascosta nelle pieghe di un finto perbenismo. La frase fatta è invece lì che aspetta imperterrita di essere usata per ogni occasione.
Quante volte abbiamo sentito che la cucina dei ristoranti è troppo dura per le donne, così minute e deboli? E poi hanno il ciclo, sfornano più bambini che torte e così via: insomma, inadatte alla ristorazione. Quante volte abbiamo sentito la cosa opposta, che le donne sono più brave perché hanno l'ospitalità nel sangue, la sensibilità, l'amore per il prossimo? Da una parte del becero maschilismo, dall'altra una sovracompensazione inutile. La verità è che le persone dovrebbero smettere di chiedersi il sesso di chi cucina il loro cibo e pensare solo a godersi la cena.
A fare un grande chef è la sensibilità, a prescindere dal genere, ma ancora oggi la cucina dei ristoranti è un mondo estremamente maschilista, un mondo chiuso in una bolla di cameratismo nocivo per tutti. Pensate a questo dato: ancora oggi solo il 4% delle Stelle Michelin al mondo sono donne, una cifra irrisoria, quasi offensiva. Le donne con 3 Stelle sono pochissime, anche se fortunatamente nell'ultimo lustro le cose sono leggermente migliorate.
Eppure di donne che hanno fatto e che stanno facendo la storia della ristorazione ce ne sono in tutto il mondo, con risultati eccezionali che avrebbero dovuto convincere già molto tempo fa la critica mondiale a puntare sulla "asessualità" della cucina, ovvero pensare solo al piatto e non a chi lo prepara. Qualche anno fa alla presentazione della "Rossa" in Italia l'unica donna premiata è stata Karime Lopez, la prima cuoca messicana ad avere questa onorificenza. Quando le hanno chiesto come mai fosse la sola femmina la sua risposta è stata coraggiosa quanto spiazzante: "Le donne in cucina ci sono, sono brave, siete voi a doverle cercare meglio".
In principio ci fu Eugénie Brazier, la madre della cucina francese. Nata in una famiglia molto umile nel 1895, orfana di madre dall'età di 10 anni, passa tutta l'adolescenza a fare le pulizie e lavorare. Per tenere vivo il ricordo, cucina spessissimo il piatto preferito della madre: un succulento brodo di verdure e porri cotti nel latte e nell’acqua, servito con uova e pane raffermo. Praticamente è l'unico piatto che sa fare fino ai 19 anni quando resta incinta e viene cacciata dal padre perché non è sposata. Si trasferisce a Lione e comincia a lavorare come tata. La passione per la cucina si alimenta, Eugénie si impegna e diventa la cuoca del Les Mères, un un piccolo ristorante gestito da sole donne, tutte ex domestiche. La chef ha 26 anni, è povera e semi-analfabeta ma decide di aprire un suo ristorante che conquisterà la critica francese facendola diventare la prima donna della storia a ricevere le 3 Stelle Michelin. Tra i suoi allievi segnaliamo Paul Bocuse, il padre della nouvelle cousine.
Pochi mesi dopo la Brazier, a ricevere le 3 Stelle è stata Marie Bourgeois, una donna già in là con gli anni (le riceve a 63 anni) che manterrà l'onorificenza per soli 4 anni, fino alla sua morte nel 1937. La Bourgeois nel 1933 è solo la penultima chef francese ad aver ottenuto le 3 Stelle, è stata seguita da Marguerite Bise nel 1951, da Anne-Sophie Pic nel 2007 e da Hélène Darroze nel 2021.
La storia non è stata fatta solo in Francia: oltreoceano c'è stato un donna di quasi un metro e novanta che ha insegnato agli americani la passione per la buona tavola, Julia Child. L'abbiamo vista al cinema interpretata da Maryl Streep, ma probabilmente la sua infuenza sulla gastronomia americana in Europa viene ancora sottovalutato. C'è un prima e un dopo Julia Child: in un'America divisa ancora in due tra nordisti e confederati, c'è chi ha il cuoco personale e chi mangia al ristorante. La Child è andata in televisione a parlare di buona cucina casalinga mentre milioni di americani si riversano nei nascenti fast food di tutto il Paese. Ha convinto una generazione a mettersi in gioco, a non aver paura di osare. Ha convinto tantissime giovani donne a onorare la gastronomia, a fare della cucina il proprio lavoro.
Tra queste giovani donne c'è Nancy Silverton, una mente brillante, una femminista convinta che ha fatto valere i propri ideali a prescindere da ciò che avrebbero potuto rappresentare. Allieva di grandissimi cuochi uomini, sposa un promettente cuoco che col tempo comincia a soffrire per il talento della moglie. Ossessionata dagli impasti, fa un viaggio in Italia dove studia tutti i segreti del nostro pane e delle nostre pizze: apre un ristorante con annesso panificio e conquista Los Angeles. Mario Batali, uno chef stellato americano, racconta che "Los Angeles impazzì per il pane della Silverton. La gente mi chiedeva se lo avessi mai assaggiato e succedeva prima che usare i nomi di chi preparava il cibo fosse figo".
Batali è allievo di una cuoca italiana molto speciale, che ha vissuto tutta la vita in America: Lidia Bastianich. In Italia la conosciamo principalmente per essere la "mamma di Joe Bastianich": ma Lidia negli Stati Uniti è una vera istituzione. Nata in Istria, si trasferisce a Trieste per sfuggire alle persecuzioni del dittatore Tito, prima di trovare rifugio definitivo negli Stati Uniti. Possiamo considerarla come la vera erede di Julia Child, perché ha rinvigorito l'idea di cucina negli Stati Uniti per tutti gli anni '90 arrivando a creare un impero di ristoranti insieme al figlio Joe. Suo il contributo fondamentale nel far riconoscere la cucina italo-americana come corrente tradizionale a sé stante, separata dalla madre patria.
Oggi le grandi cuoche internazionali che stanno facendo la storia sono diverse. Possiamo citare Ana Roš in Slovenia, 2 Stelle Michelin nel suo Hiša Franko a Kobarid, o Dominque Crenn, chef nata in Francia ma cresciuta in America. La Crenn è stata la prima donna americana a ricevere le 2 Stelle Michelin, e oggi è la prima donna americana ad averne ricevute 3. Il lavoro di Dominque non si ferma però alla cucina: è una delle maggiori esponenti del movimento ambientalista che ci sono negli Stati Uniti, paladina dei diritti LGBTQ+, voce eminente della politica in California. Un'intellettuale a tutto tondo, non più solo una semplice cuoca.
E da noi che succedeva nel frattempo? Oggi l'Italia è la nazione ad avere più donne stellate al mondo. Siamo messi bene da questo punto di vista pur avendo i soliti problemi con salari e diritti, con machismo e bullismo. Le donne in Italia fanno fatica a entrare in cucina, fanno fatica a emergere a causa del sistema: ma quelle che ce l'hanno fatta sono indimenticabili.
Non possiamo che cominciare la carrellata dalla Sora Lella. Elena Fabrizi è la prima donna chef in televisione. Se oggi possiamo vedere la finale di Masterchef lo dobbiamo alla Sora Lella e a Giulio Macchi che, nel 1967, la invita a Linea contro linea: "Si Napoleone veniva a Roma, er pollo lo magnava come ‘o cucino io" dice la donna in quella memorabile puntata in bianco e nero, mentre brandisce un coltello grosso quanto un braccio per sventrare il volatile; con la telecamera che inquadra le viscere del pollo come nulla fosse. Altri tempi.
La sua visione di cucina genuina, senza fronzoli, molto pratica nel gusto e nella preparazione ha sfondato il piccolo schermo e ancora oggi tutti la ricordano con affetto.
L'Italia ha donato Caterina de' Medici alla Francia, loro ci hanno dato in cambio una premiere dame come Annie Feolde. Nata a Nizza nel 1945 arriva in Italia nel '69 per cucinare in un ristorante di Firenze. L'anno dopo incontra l'uomo che le cambia la vita, Giorgio Pinchiorri, un giovane e promettente sommelier. Pinchiorri è anche un collezionista di vini, un uomo di cultura e un vero oste. Non tutto comincia per il verso giusto tra i due: "E pensare che il nostro primo incontro fu piuttosto complicato. Sul momento lo giudicai come il solito italiano sanguigno che parla solo lui, che ha sempre ragione lui" racconta Annie del primo incontro con Giorgio, ma quell'italiano chiacchierone alla fine conquista il cuore della francese.
Insieme aprono un'enoteca dopo il matrimonio, una cosa semplice che all'inizio serve stuzzichini e vini al bicchiere. Dal 1974 i due coniugi decidono di investire sul proprio talento e trasformano l'enoteca in un vero e proprio ristorante, Enoteca Pinchiorri appunto. A Firenze il locale spopola, sono tutti abbagliati dal talento di questa elegantissima cuoca francese. Edoardo Raspelli, un grande giornalista e critico italiano, intravede nella Feolde un talento generazionale e la porta in televisione per rivisitare la cucina toscana in chiave moderna. Nel 1982 la Guida Michelin assegna la prima Stella a Enoteca Pinchiorri, l'anno dopo arriva la seconda. Nel 1994 la consacrazione definitiva: Annie Feolde diventa la prima cuoca italiana (e la quarta al mondo) a ricevere le 3 Stelle Michelin.
La cuoca nizzarda è anche una delle poche ad aver perso le 3 Stelle e ad averle riconquistate. L'anno dopo l'onorificenza, c'è stato un grave incendio all'Enoteca Pinchiorri, probabilmente doloso, che causa la perdita di gran parte della cantina e della terza stella. Il premio della Guida Rossa tornerà a Firenze solo 10 anni dopo. Iconiche le sue Caramelle Farcite di melanzane e formaggio di capra al burro e salvia. Con questo piatto Annie cambia forma al raviolo, lo rende bicolore e lo farcisce in modo insolito. A lei dobbiamo però la grande fama del Tiramisù: fu proprio Annie Feolde nel 1970 a diffondere il tiramisù, rigorosamente tradizionale, diventato poi una bandiera della pasticceria italiana nel mondo.
Grande maestra di vita e di cucina, da Enoteca Pinchiorri sono passati, tra gli altri, Carlo Cracco, Andrea Berton, Anthony Genovese, Stefano Baiocco, Frank Cerruti e Paolo Lopriore.
L'Italia ha ben due cuoche con 3 Stelle Michelin, la seconda in ordine cronologico è proprio Nadia Santini. Il caso di Nadia è molto simile a quello di Chicco Cerea: una famiglia di ristoratori, ognuno con il proprio compito, tutti con un talento sconfinato. I riconoscimenti sono assegnati a Nadia Santini, ma quasi sempre si fa riferimento alla "famiglia Santini" per parlare del suo ristorante, Dal Pescatore, nel comune Canneto sull'Oglio, in provincia di Mantova.
Questa città evoca nella mente di tutti gli appassionati una pasta molto particolare e infatti uno dei piatti più iconici di Nadia Santini sono proprio i tortelli di zucca. Se c’è una preparazione che caratterizza la cucina Dal Pescatore, quella è la pasta ripiena in ogni sua forma. I suoi cavalli di battaglia, infatti, sono da sempre i piatti della tradizione mantovana: si va dalle zuppe agli agnolini in brodo fino all’anguilla alle braci.
Terza ed ultima chef con 3 Stelle Michelin, anche se purtroppo Luisa Marelli Valazza le ha perse. Oggi il suo Ristorante Hotel "Al Sorriso" di Stella ne ha una sola, ma resta un luogo storico per la gastronomia italiana. Indubbiamente una delle cuoche più brave della sua generazione, è stata una delle prime autodidatte a conquistare il massimo riconoscimento nella Guida Rossa.
Donna umilissima, forse per questo così poco mediatica, approda ai fornelli quasi per caso: studia Letteratura all'università, prima di andare in cucina nel ristorante del marito Angelo Valazza. Nel 1980 decidono di investire in un nuovo locale, più ambizioso, con il marito a fare da head chef. A causa di un problema personale, un giorno improvvisamente, Angelo deve andare in Svizzera e Luisa resta sola in cucina. Non ha grande esperienza, non ha mai studiato tanto la materia perché si limitava a seguire le indicazioni del compagno, è in crisi. Si rifugia nei libri, legge le ricette degli chef più famosi di Francia e alla fine ha ragione lei. Con il cambio di guardia in cucina la Michelin impazzisce per questo ristorante conferendogli la prima Stella nel 1982, la seconda nel 1988 e la terza nel 1998. Purtroppo le cose nel nuovo millennio non sono andate benissimo, c'è stata qualche incomprensione tra le parti in causa e oggi Luisa Marelli Valazza ha conservato solo una Stella Michelin. La storia però non si può cancellare.
Pochi, pochissimi sono i ristoranti gastronomici che fanno gola, fanno venir fame quanto Da Caino, il locale diretto da Valeria Piccini. Ben 2 Stelle Michelin che non pesano sulle spalle della cuoca toscana, perché lei non bada a certe cose spicce. Verace come la Sora Lella e elegante come Nadia Santini, sfidiamo qualsiasi criticone dei ristornati stellati a non sbavare sui Pici all'amatriciana cucinati dalla chef maremmana.
Nata in una famiglia di mangioni, ma non di cuochi, le donne della famiglia Piccini hanno sempre cucinato per il piacere di tutti i commensali. Da piccola Valeria non voleva fare la cuoca, voleva fare la scienziata: infatti si diploma allo scientifico e inizia a studiare chimica. Comincia a cucinare negli anni '70, spinta dalla madre e dalla nonna. Ai tempi della scuola conosce Carisio, detto Caino, che diventerà suo marito: gran sommelier, erede di una trattoria storica della maremma toscana. La suocera è la prima vera insegnante di Valeria Piccini, un'insegnante dura come solo le suocere sanno essere, che però le lascerà il timone consapevole del grande talento che ha sposato il figlio. Valeria racconta spesso della stima che ha per la suocera, una donna intelligente e lungimirante, una donna coraggiosa che ha creduto in lei come nessun altro.
Negli anni '80 il ristorante vira verso una proposta gourmand e la Michelin non ci mette molto ad accorgersi dell'anima elegante, e allostesso tempo contadina, che pervade Al Caino. Oggi la definiremmo country-chic: i piatti della tradizione contadina rivisitati in chiave contemporanea. Si spazia tra gusti decisi, giocati su contrasti di aromi, consistenze e temperature, in un’alchimia di profumi e colori. Valeria Piccini ci mette cuore, studio, estro creativo:con questo suo stile inconfondibile ha avuto un'influenza enorme sui cuochi più giovani. Uno su tutti? Niko Romito che ha spesso ringraziato la collega toscana per il suo lavoro. Romito, d'altra parte, fa per l'Abruzzo ciò che Piccini fa per la Toscana.
Oltre ai golosissimi pici e all'insalata in foto, segnaliamo anche l'Emulsione di arancio e olio extra vergine d’oliva con gelato di latte di capra e pepe, e il Risotto con cipolle, limone e acciughe.
E oggi come sta invece la cucina italiana? Chi sono le nuove Santini e Piccini? Al netto dei problemi atavici che abbiamo descritto bisogna dire che la cucina italiana sta esprimendo un livello di cuoche davvero altissimo. Lavoratrici impegnate dentro e fuori le cucine, per diffondere messaggi di uguaglianza e dare il proprio contributo al sociale. Oggi un cuoco non può essere più rinchiuso nelle quattro mura del ristorante, perché è messaggero di una città, di un territorio e la sua idea di cucina ha un impatto evidente sull'amiente circostante: la ristorazione e l'alimentazione incidono nella vita dell'intero pianeta. Sono tante le chef, giovani e meno giovani, che si stanno segnalando in tal senso.
Apripista della generazione di chef che combattono gli stereotipi è stata senza ombra di dubbio Viviana Varese: "Terrona, obesa, lesbica. A 7 anni ero esclusa perché meridionale. Il razzismo che ho vissuto per me è stato un trauma. A 13 anni lavoravo come pizzaiola nel locale dei miei genitori ed ero obesa. Pesavo 125 chili. Non uscivo, non andavo in discoteca", così ha parlato in una recente intervista al Corriere della Sera. La chef di Viva, 1 Stella Michelin a Milano, è stata protagonista in Tv prima che fosse main stream. La cuoca salernitana è riuscita a divulgare il messaggio di una cucina elegante e contemporanea, senza scendere a compromessi con nessuno.
Altra chef diventata famosa al grande pubblico, con un talento sconfinato, è Antonia Klugmann. Lei è stata per un solo anno giudice di Masterchef, programma abbandonato dopo un mare di polemiche sul suo aspetto e sul carattere troppo chiuso che trasparirebbe dalla televisione. La verità è che il trattamento che le hanno riservato gli autori, insieme a Bastianich, Barbieri e Cannavacciuolo non è stato dei più eleganti, almeno a vedere le puntate.
Nota per proporre una cucina molto personale che segue le stagioni e caratterizzata dalla presenza di elementi vegetali. Ha più volte gridato a gran voce la necessità di ridurre gli sprechi utilizzando tecnica e creatività, usando ogni parte degli ingredienti, sia vegetali che animali. La ricerca di una maggiore sostenibilità, secondo la chef con 1 Stella Michelin nel suo Argine a Vencò, passa anche per l'utilizzo del foraging, la programmazione di acquisti frequenti e mirati e la decisione di limitare il numero di ospiti accolti nei ristoranti.
La prima cuoca a fare questo tipo di cucina è stata Mariangela Susigan, da 15 anni chef del Ristorante Gardenia, 1 Stella Michelin, una splendida casa di fine ‘800 immersa nel verde sui monti dell'Anfiteatro Morenico in Piemonte. Da questo territorio magnifico arriva tutto il bouquet olfattivo della cuoca che utilizza ricette antiche per creare abbinamenti emozionanti e insoliti.
Come la Klugmann, anche Iside De Cesare è una chef stellata che abbiamo visto in tv in passato e ora non più tanto spesso. Romana d'origine, la chef fino ai 19 anni è stata una studentessa modello, prima al liceo e poi alla facoltà di ingegneria fino al giorno in cui, per caso, decide di andare ad aiutare nella cucina del ristorante della sorella. Il suo locale, La Parolina, rappresenta a pieno il carattere garbato e riservato della cuoca. Si trova nell'alto Lazio, non lontano dai confini con Umbria e Toscana, ed è in simbiosi con tutta la famiglia.
Diametralmente opposta è invece Cristina Bowerman che, con i suoi capelli rosa shocking, è una delle chef più riconoscibili d'Italia. Nata in Puglia, ha studiato lingue straniere a Bari e legge a San Francisco, prima di trasferirsi a Austin, in Texas, per fare la graphic designer. In America studia "Arti culinarie" all'Università del Texas e si diploma alla prestigiosissima scuola de Le Cordon Bleu. Torna in Italia nel 2004, due anni dopo, mentre tutti festeggiano il "cielo azzurro sopra Berlino" apre Glass Hostaria a Roma: ma le cose vanno piuttosto male. Per i primi tre anni il ristorante ha grosse difficoltà, i capitolini non accolgono bene la cuoca pugliese, la sua idea di cucina così moderna. Chiedono solo i piatti della tradizione, d'altra parte si chiama "hostaria" il posto.
La vita della Bowerman cambia nel 2010, perché seppur ignorata dai romani, gli ispettori della Michelin sono stati conquistati dall'audace cucina di Cristina e la premiano con l'agognata Stella. Il lavoro di Cristina Bowerman non si ferma in cucina: la chef è la presidentessa dell'Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto che tanto sta facendo in tempo di pandemia.
Il Covid-19 ha necessariamente sparigliato le carte in tavola, tra chiusure e nuove aperture e su questo speriamo stiano lavorando i tavoli tecnici e le associazioni di categoria. Tante donne chef non si sono date per vinte: tra queste Rosanna Marziale che ha addirittura raddoppiato la sua proposta finché gliel'hanno fatto fare i colori delle regioni e i vari Dpcm. In estate il suo ristorante stellato, le Colonne a Caserta, si è trasferito alla Tenuta San Bartolomeo, una splendida location di proprietà della sua famiglia.
La cuoca è attivissima nel fare luce sul ruolo delle donne in cucina e ha prestato il suo volto per un'occasione molto speciale: Barbie Chef è infatti "impersonata" da Rosanna Marziale. Per il cinquantesimo compleanno della celebre bambola, l'azienda ha deciso di coinvolgere delle eroine realizzate professionalmente, non più delle principesse belle senza cervello come spesso viene rappresentata una Barbie.
Lo stereotipo della bella ragazza bionda lo combatte tutti i giorni anche Isabella Potì, chef stellata di Bros' a Lecce. Salentina di origini polacche, la Potì ha preso in mano il timone del ristorante riconfermando la Stella ottenuta da Floriano Pellegrino. Ormai volto televisivo affermato, è a capo di uno dei ristoranti più avanguardisti d'Italia, riuscendo a creare una vera e propria "mentalità Bros", che raggruppa i giovani appassionati di gastronomia attorno a un intero brand, andando oltre il mero piatto a tavola. Ci sono felpe, t-shirt, sciarpe con il logo del ristorante, c'è addirittura una squadra di rugby gestita dalla coppia alla guida di Bros'. Un esempio di mentalità vincente, contro ogni stereotipo. Oltre all'aspetto ludico, c'è comunque una cucina solidissima: Isabella Potì ha sempre un occhio di riguardo per i dolci (del resto nasce come pastry chef), ma è tutta la proposta a fare grande la sua cucina.
Sempre in Salento troviamo Solaika Marrocco che con Stella Shi è stata ospite dell'ultima edizione di Masterchef. Entrambe sono due giovani cuoche non ancora stellate, ma che stanno incidento sulla cucina contemporanea italiana. La prima contribuendo ad accendere una luce sulla Puglia, una delle nuove mete gastronomiche italiane, la seconda rappresentando quegli italiani di seconda generazione nati e cresciuti in Italia. Un arricchimento della proposta tradizionale del Bel Paese, una mescolanza di culture che ha sempre fatto grande la cucina, fin dai tempi di Caterina de' Medici. I più tradizionalisti spesso lo dimenticano, ma di fatto la "cucina tradizionale" non esiste. La gastronomia è per definizione una mescolanza di culture e sapori.
Altra nuova meta gastronomica con una donna protagonista è la Calabria, parliamo di Caterina Ceraudo, chef stellata di Dattilo a Strongoli, in provincia di Crotone. Laureata in enologia all'Università di Pisa, prosegue il suo percorso all'Accademia Niko Romito. Tanta cultura e tecnica nella cucina calabrese moderna della Ceraudo, condensata in un menu elegante, divertente, incredibilmente buono, lontano dall'idea stereotipata della Calabria, ma senza tradire i sapori della propria regione. Caterina è stata anche la prima cuoca a ricevere il Premio Michelin Donna, il trofeo che premia le migliori chef d'Italia.
Quest'anno l'onorificenza è andata a Marianna Vitale, chef stellata di Sud a Quarto, in provincia di Napoli. La Vitale è una di quelle donne che rappresenta al meglio la stupidità degli stereotipi di genere: quando è stata ospite a Masterchef qualche anno fa ha sfoggiato un pancione bellissimo, con uno sguardo fiero e il piglio da generale, caratteristiche che non sono passate inosservate ai concorrenti del talent show. La cuoca non si limita alla cucina, anzi: lo scorso anno insieme a tanti colleghi ha organizzato una serie di cene nelle carceri di tutta Italia. Per il suo ultimo compleanno Marianna Vitale ha deciso di aprire una scuola di formazione culinaria per i ragazzi che escono dal carcere di Nisida, per quelli che scappano dalla guerra, per quelli che non hanno una casa e per tutti coloro che hanno voglia d'imparare, di formarsi, di migliorare professionalmente. Un lavoro per valorizzare le persone, prima che il territorio dei Campi Flegrei, a dir poco magnifico.
Prima di Marianna Vitale il premio di Miglior Chef Donna della Michelin è andato a Martina Caruso, chef stellata dell'Hotel Signum, sulla meravigliosa isola di Salina, in Sicilia. Martina Caruso è la più giovane cuoca stellata d’Italia. Il suo ristorante è all'interno dell’albergo che ha ospitato Redford e Troisi per Il Postino: una perla in mezzo al Mar Mediterraneo che esalta le ricette di mare. La cucina della Caruso ha il gusto della macchia mediterranea. È giocosa, creativa, con tanti contrasti di sapori e consistenze. È leggera ma d'impatto, è un invito ad abbracciare tutta la Sicilia, ad amarla per i prodotti che riesce ad offrire.
Altra chef che ha il mare fin dentro casa è Chiara Pavan, cuoca stellata al Venissa, un ristorante che ha lanciato anche Antonia Klugmann e Paola Budel, altra cuoca che ha fatto la storia della gastronomia italiana contemporanea. "La cuoca che legge Montaigne", come è stata soprannominata, per i suoi studi in filosofia, lo scorso anno ci ha raccontato proprio la sua visione del rapporto tra le donne e la cucina: "Le donne lavorano ancora molto meno degli uomini, sono dati ufficiali, non lo dico io. Stiamo uscendo ora da una società in cui la donna è sempre stata vista come la madre che sta in casa. Stiamo facendo dei passi da gigante, ci stiamo evolvendo, grazie al cielo. La cucina è un luogo già duro, ci sono dinamiche particolari anche a livello di leggi statali. Se rimani incinta sono assolutamente fatti tuoi per esempio, è come se non lavorassi. Non sono cose da sottovalutare, non hai alcun tipo di tutela. Puoi anche fare dei sogni ma è la realtà, ci sono degli impedimenti reali. Poi storicamente la ristorazione è legata alla figura del cuoco maschile, così come in tanti altri lavori. Rimane un grosso scoglio come quello del welfare di uno Stato che penalizza tanti lavori e lavoratori".