Lavorare in cucina come tutti gli altri, ma non riuscire mai a raggiungere posizioni di comando: è questo il destino di buona parte delle donne nella ristorazione in Italia. Ecco quante sono le donne chef e bartender in Italia e quali sono i principali ostacoli alla loro affermazione.
Le donne sono le regine della cucina: sì, ma solo di quella casalinga, perché ancora oggi i veri detentori del potere nelle cucine professionali sono gli uomini. Dati delle associazioni di settore e premi delle guide alla mano, si può dire che nel 2024 le donne fatichino, nella ristorazione come altrove, ad arrivare a posizioni di potere, che si tratti di quelle in cucina o della proprietà del locale.
Il Rapporto ristorazione curato da Fipe-Confcommercio riguardante il 2023 ci dice che le attività a titolarità femminile sono risultate 110.806, ovvero il 28,2% del totale: un dato che aumenta di anno in anno ma con un incremento molto basso. Non esiste un dato preciso sul numero di donne cuoche in Italia, ma le stime variano a seconda delle fonti e delle definizioni utilizzate. Secondo la sintesi di analisi condotte da Fipe e dalle associazioni di settore le donne sono circa il 52% del totale degli addetti alla ristorazione in Italia: oltre un milione di donne che lavorano come cuoche, aiuto cuoche, pasticcere, pizzaiole, bariste e così via. Sul totale degli chef, le donne che hanno questo ruolo dovrebbero essere circa il 20%, anche se il dato non è certo.
Possiamo però rifarci a dati più certi quando parliamo delle donne premiate con il più prestigioso riconoscimento del settore: la Stella Michelin. Nell'ultima edizione italiana della Rossa, su un totale di 385 cuochi solo 3 donne chef hanno ricevuto la Stella: in totale, parliamo 43 donne chef che vantano un totale di 48 stelle Michelin. L'Italia, fra l'altro, è il Paese con il maggior numero di donne chef stellate al mondo.
I motivi della sotto rappresentanza delle donne in ruolo di potere all'interno del mondo della ristorazione sono di tipo storico – culturali, ma anche prettamente economici. Per primo la disparità salariale: si stima che le donne guadagnino in media il 20% in meno dei colleghi uomini; un minore accesso a posizioni di comando: spesso troviamo donne che lavorano ai gradini più bassi del team, in posizioni che non le valorizzano e nelle quali non possono prendere decisioni fondamentali; fenomeni di discriminazione basati sulla presunta prestanza fisica degli uomini rispetto a quella delle donne o sulla loro capacità di resistenza, episodi di sessismo veri e propri in un mondo altamente gerarchizzato come quello delle cucine professionali.
Se all'interno dei ristoranti lo chef ha la posizione di rilievo maggiore, al netto delle proprietà, nel bar è il bartender a dettare legge. Quello dei locali notturni, se possibile, è un settore ancora più sottoposto a logiche maschili rispetto a quello dei locali diurni, per una serie di motivi congeniti e storici.
Anche in questo caso non abbiamo dati certi sul numero di donne che lavorano nei cocktail bar a livello globale. Per quanto riguarda l'Italia, secondo l'Associazione Italiana Barman (AIBES) nel 2023 circa il 30% dei bartender degli iscritti erano donne. Anche in questo caso, le donne pagano lo scotto dei problemi già citati, comuni a più settori, con l'aggiunta della cultura lavorativa fortemente maschilista, a dir poco ostile per le donne, che si ritrova spesso in questi ambienti.
I motivi per cui la cultura del lavoro in Italia è così fortemente ancorata a un immaginario maschile, e in particolare in alcuni settori come quello della ristorazione, sono molto complessi. Lungi dal voler semplificare eccessivamente, si potrebbero riassumere sotto diversi ordini di motivazioni: ragioni che si auto alimentano e non permettono alle donne di crescere in maniera veloce e stabile, soprattutto in ruoli apicali.
Lo stereotipo del sesso "debole" è una degli ostacoli che dovremmo combattere prima. Le donne sono considerate deboli non solo emotivamente, ma anche fisicamente: spesso lo stereotipo di genere vuole che le donne non siano adatte a lavori che richiedono caratteristiche come quelle della forza fisica e della resistenza. Quello delle culture maschiliste è quasi la conseguenza dell'affermazione precedente: le donne vengono relegate a ruoli marginali a causa di una loro presunta debolezza. Questo le mette on una posizione di naturale subalternità ai colleghi uomini, con la creazione di un clima a dir poco ostile se non addirittura molesto.
Ci sono poi motivi più legati a fattori economici, ma che si intrecciano con quelli culturali: la disparità di remunerazione su tutti. Secondo l‘Eurostat nel 2021 il divario retributivo fra uomini e donne era ancora in media del 12,7%: ciò significa che a parità di sforzo e dedizione una donna ha sempre meno soddisfazioni economiche di un collega. A questo si intreccia la mancanza di mobilità e di opportunità di fare carriera, cosa che spinge molte donne a dedicarsi ad altri settori in cui vedono maggiori possibilità di avanzamento.
È importante poi non dimenticare la difficoltà a conciliare vita professionale e privata. Un settore come quello della ristorazione per costituzione lascia poco spazio da dedicare alla vita familiare: è un tema su cui si sta dibattendo molto negli ultimi anni, con intere schiere di giovani lavoratori pronti a riprendersi in mano parte dei momenti privati. L'argomento diventa ancora più scottante per le donne a cui, nelle nostre società, è affidato quasi automaticamente il ruolo di cura dei figli o dei parenti fragili. In un contesto sociale in cui le donne faticano a conciliare lavoro e vita privata in moltissimi settori, la fuga da quelli più problematici è quasi automatica.
Infine, ma non per importanza, la mancanza di figure di riferimento è un deterrente da non sottovalutare. Come un cane che si morde la coda, vedere poche donne al comando di cucine, bar, hotel o caffetterie rischia di limitare l'immaginario collettivo, soprattutto quello infantile. Non avere molte figure femminili di riferimento nel mondo della ristorazione può scoraggiare le bambine di oggi dall'intraprendere questa carriera.