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20 Luglio 2024 15:00

Differenze tra grano tenero e grano duro: caratteristiche, proprietà e utilizzi

Si tratta di due piante di frumento diverse: il grano tenero ha chicchi fragili, finemente macinabili, da cui si ricavano le classiche farine, mentre il grano duro dà origine alla semola, dai grani grossolani e più ricca di nutrienti.

A cura di Federica Palladini
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Alla base di molte preparazioni della cucina italiana ci sono loro: il grano tenero e il grano duro, dai quali derivano le farine e le semole con cui si realizzano lievitati dolci e salati, pasta secca e fresca, pizza e i più disparati prodotti da forno. Queste due tipologie di frumento, però, non sono uguali: hanno aspetto e proprietà diversi. Non sono neppure la stessa pianta: il grano tenero, infatti, si chiama Triticum aestivum, è uno dei più coltivati al mondo e visto che predilige terreni umidi in Italia è diffuso in particolare nella zona della Pianura Padana. Il grano duro, il cui nome scientifico è Triticum durum, invece si adatta meglio al clima caldo e secco: perciò lo si trova in tutta l’area del bacino del Mediterraneo e nel nostro paese le produzioni si concentrano nel Sud. Vediamo quali sono le altre caratteristiche che li differenziano, compresi gli utilizzi in cucina.

Grano tenero: caratteristiche, proprietà e usi in cucina

Il grano tenero è una delle principali colture cerealicole a livello mondiale, tra Europa, Nord America, Cina, India, Ucraina e Russia, con l’Italia che all’interno della UE è uno dei maggiori produttori. La spiga è compatta, presenta poche reste (la parte filamentosa) e il suo chicco ha una forma ovale che tende a essere tondeggiante e dalla consistenza fragile, facilmente frantumabile. Si compone di circa il 70-75% di carboidrati e contiene tra il 10 e il 15% di proteine, con un'abbondante presenza di glutine. Dal grano tenero si ricavano quelle che comunemente vengono definite farine: hanno un alto indice glicemico e una granulometria fine. A seconda del grado di raffinazione si classificano in farina 00, 0, 1, 2 e integrale.

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Queste varietà di farine, quindi, hanno caratteristiche diverse, che le portano a impieghi differenti in cucina: la 00 è la più raffinata, quella bianca dalla consistenza quasi impalpabile, facile da lavorare e per questo molto versatile, tanto che si può utilizzare per fare la pasta fresca all’uovo così come in versione addensante in creme e salse, per via degli amidi presenti nell’endosperma, la parte del chicco più usata per produrla. Anche la 0 è molto simile e si presta ugualmente per fare pane e pizze. Con le farine 1 e 2, invece, entriamo nel campo delle semintegrali, con valori nutrizionali più alti e una granulometria più grossolana, ideale per pani rustici. La farina integrale, infine, include anche crusca e germe (dove sono custoditi fibre, vitamine e sali minerali): ha un sapore più rustico ed è indicata per pane e biscotti, passando per torte da credenza.

Grano duro: caratteristiche, proprietà e usi in cucina

Il Triticum durum ha un aspetto diverso se confrontato con il precedente: la spiga ha lunghe reste, il chicco è allungato, di colore ambrato per via della presenza di carotenoidi e si distingue inoltre per essere effettivamente più duro del grano tenero. Questo significa che dalla sua macinazione si ottengono degli sfarinati più grossolani che non rientrano nella categoria delle farine, ma delle semole. In Italia, Puglia, Basilicata e Sicilia sono le terre d’elezione per la coltivazione di questo frumento, tanto che diversi prodotti piuttosto iconici arrivano proprio da queste regioni: basti pensare al pane di Altamura e a quello di Matera, oppure al cous cous.

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Per quanto riguarda le proprietà nutrizionali, il grano duro è più ricco in proteine, fibre e sostanze antiossidanti. La sua composizione lo rende ideale per preparare la pasta secca (tipo quella di Gragnano) e in panificazione, in quanto ha un’elevata tenacità e una grande capacità di assorbire l’acqua. Dalla sua frantumazione si ricavano: semola, semolato e semola rimacinata, dai grani più grossi e con tonalità che vanno dal giallo intenso al marroncino, in base al grado di abburattamento. Generalmente, la semola ha un indice glicemico più basso rispetto alla farina bianca, una maggiore conservabilità nel tempo e si associa a prodotti caserecci e rustici.

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