Il ministro Lollobrigida ha proposto di abbassare l'IVA sulle ostriche, oggi al 22% come i beni di lusso: ma sapevi che le ostriche non sono sempre state considerate un alimento "pregiato"? Ecco perché e quando lo sono diventate.
"Le ostriche sono un bene di lusso perché sono care, non perché la natura le abbia fatte di lusso": a pronunciare queste parole è stato il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida durante la degustazione di ostriche al Senato promossa dal presidente del senatore di FdI Alberto Balboni. "In questo modo si salveranno i pescatori messi in ginocchio dal granchio blu". Malgrado le critiche giunte da varie parti, il ministro non ha tutti i torni: davvero le ostriche una volta non erano beni di lusso. Ti spieghiamo quando e perché le ostriche sono diventate beni di lusso, quindi con la relativa tassazione al 22%, nel caso dell'Italia.
Forse ti può sembrare strano, ma le ostriche non sono sempre state considerate un cibo pregiato. In passato, le ostriche erano un alimento comune, accessibile e facilmente reperibile, specialmente nelle zone costiere: già in epoca romana, ma soprattutto nel Medioevo, erano "trasversali", ovvero consumate da tutte le classi sociali, ed erano. Tuttavia, con l'avanzare del tempo, diversi fattori hanno contribuito a cambiare la loro percezione e disponibilità.
Si tratta soprattutto di una serie di fattori di natura economica e ambientale le hanno fatte diventare dei beni di lusso: a partire dal XIX secolo, il sovra sfruttamento delle risorse marine e l'inquinamento delle acque hanno ridotto drasticamente la disponibilità di ostriche selvatiche, aumentando il loro prezzo e rendendole più esclusive. Cioè ha spinto i pescatori da un lato a inoltrarsi in acque sempre più lontane e pericolose, dall'altro a diventare allevatori, mettendo su un sistema che però richiede tempi più lunghi e pratiche più complesse rispetto ad altri allevamenti, come per esempio quelli di cozze e vongole.
L'allevamento di ostriche, infatti, è un processo complesso che prevede condizioni ambientali precise e un controllo costante della qualità (e della temperatura) dell'acqua: si tratta di un procedimento costoso e delicato che può influenzare il prezzo finale del prodotto. Inoltre, la qualità e la provenienza delle ostriche allevate possono influenzare il loro status di lusso: alcune varietà, come le ostriche di Belon o di Gillardeau, sono particolarmente apprezzate per la loro qualità e sono quindi più costose. Considera che le ostriche si possono anche "aromatizzare", ovvero il loro sapore può essere influenzato da ingredienti introdotti nelle acque di allevamento, un po' come si fa con l'affinamento dei formaggi.
Naturalmente, l'accostamento delle ostriche alle tavole nobiliari non ha fatto che rinforzare l'idea che si tratti di prodotti pregiati e in parte questo è anche vero: ma la tassazione non ha nulla che vedere con il tipo di allevamento, piuttosto è legata al "peso" che il prodotto ha nelle vite dei cittadini. Un bene primario come il pane, non può avere una tassazione altra, proprio perché considerato un prodotto base dell'alimentazione.
La tassazione delle ostriche come beni di lusso è in parte una questione di tradizione e politica fiscale. In Italia, ad esempio, le ostriche sono state storicamente soggette a un'aliquota IVA più alta rispetto ad altri prodotti ittici, cosa che contribuisce a mantenere la loro immagine di lusso.
Le ostriche in Italia sono soggette a una tassazione del 22%, che è l'aliquota ordinaria per i beni non inclusi nelle categorie con aliquote ridotte, e non specificamente come "beni di lusso". Tuttavia, il fatto che siano tassate con un'aliquota più alta rispetto ad altri prodotti ittici, come cozze e vongole, che sono soggetti al 10%, ha portato a considerarle come un prodotto di nicchia o esclusivo.
La ragione principale per cui le ostriche sono state tassate con un'aliquota più alta è legata a un retaggio culturale e storico, piuttosto che a una classificazione formale come beni di lusso: pensa che in Francia e Spagna sono tassate al 10%, nei Paesi Bassi al 9% e in Irlanda al 13%. Naturalmente, in questi paesi le ostriche sono un prodotto alimentare più comune e per tradizione, una bassa tassazione favorisce il consumo locale e permette di sostenere l'economia rurale o costiera. In Italia il consumo di ostriche è da sempre più limitato, per questioni ambientali e di tradizione, anche se abbiamo diverse produzioni d'eccellenza: fra tutte quelle del Delta del Po, ma non solo. In Francia, ad esempio, benché si tratti sempre di un mollusco tendenzialmente più costoso di altri, e considerato quindi pregiato, sono ancora oggi più diffuse e quindi anche meno costose.