Pesca illegale di datteri di mare in Penisola sorrentina: chiesti dal pm 12 anni di reclusione nei confronti di un pescatore, accusato di disastro ambientale. Ecco cosa sono i datteri di mare, perché sono illegali e cosa rischia non solo chi li pesca, ma anche chi li vende o li mangia.
È di qualche giorno fa la notizia di una maxi condanna chiesta nei confronti di un pescatore di datteri di mare, accusato di aver distrutto i fondali di Punta Campanella, l'estrema propaggine della Penisola sorrentina, una zona naturale protetta. Durante la requisitoria nel processo ai pescatori di frodo in corso al Tribunale di Napoli, il pubblico ministero Giulio Vanacore ha sostenuto nei confronti di Catello Avella l’accusa di disastro ambientale e chiesto 12 anni di carcere per il pescatore, più 12 mila euro di multa, oltre alla confisca dei mezzi e degli strumenti usati per la pesca illegale. Ma perché i datteri di mare sono proibiti? E perché questa richiesta così pesante nei confronti del pescatore?
I datteri di mare (Lithophaga lithophaga) sono molluschi bivalve di colore marrone-rossiccio appartenenti alla famiglia del Mytilidae, che vivono all'interno di rocce calcaree e crescono nel Mar Mediterraneo, nel Mar Adriatico (in particolare in Croazia e Montenegro), nel Mar Rosso e nell'Oceano Atlantico: il loro sapore ricorda un mix fra quello delle ostriche e quello delle cozze. La particolarità del dattero, chiamato così per la sua forma, sta nel fatto che ha una crescita molto lenta: per raggiungere la lunghezza di 5 cm, sono necessari dai 15 ai 35 anni. Non solo: il dattero vive praticamente incastonato nella sua roccia, diventando quasi un tutt'uno. Non si tratta di una specie a rischio ma, per queste due caratteristiche, la sua pesca è illegale: pescarlo significa dimezzare, o anche di più, la sua presenza in mare e, inoltre, vuol dire anche recare un grande danno all'habitat marino.
La pesca del dattero di mare è una pratica illegale fino al 1998 quando è stata proibita, con il DM 16 ottobre 1998: in questo modo l’Italia è stata una sorta di pioniera, perché per altri Paesi europei si è dovuto attendere addirittura fino al 2006 (Regolamento CE 1967/2006). La pesca del dattero, infatti, non è una vera e propria pesca: si tratta più di "strappare" il dattero alla roccia con un danno quasi incalcolabile. Inoltre, i metodi per praticare questa pesca hanno quasi del surreale: martelli pneumatici, incisori, pinze, fino a ordigni esplosivi.
Malgrado la legge parli chiaro, sono molti i casi – fra cui il più recente avvenuto in Penisola sorrentina – in cui le forze dell'ordine sono costretti a sequestrare datteri di mare illegali: questo vuol dire che la pesca di frodo è ancora molto attiva. Inoltre, molti consumatori, soprattutto nelle zone costiere, sono abituati a chiedere al ristoratore di fargli trovare i datteri: ma cosa rischiano questi consumatori?
Per il reato di pesca di frodo di datteri di mare è previsto il carcere da 2 mesi a 2 anni, più una multa che va dai 2 mila euro ai 12 mila euro, oltre al sequestro del pescato e di tutta l’attrezzatura. Nel caso dell'ultimo sequestro, vista la mole di pescato, il pm ha deciso di chiedere una pena decisamente superiore, che speriamo valga come monito per altri malintenzionati. Ma non solo chi pesca rischia sanzioni, anche il ristoratore che li vende o il consumatore che li mangia è a rischio: le sanzioni, infatti, sono estendibili per legge anche a questi due soggetti.