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19 Febbraio 2025 13:19

Dark kitchen, ghost o cloud kitchen: vantaggi e rischi delle cucine destinate al delivery

Al centro di diverse inchieste, le dark kitchen sono un format che si è diffuso molto negli ultimi anni, con luci e ombre: ecco cosa sono, quali sono i vantaggi che questo modello comporta e quali i rischi.

A cura di Francesca Fiore
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Il cliente ordina da uno specifico locale, ma non è in quel locale che si prepara il cibo: parliamo di dark kitchen, un format salito alla ribalta durante gli anni della pandemia, ma che già esisteva, e che ha saputo cogliere le nuove esigenze e i nuovi modelli di consumo trasformandoli in una opportunità di business. Ma, come sempre nel mondo delle imprese, c'è chi lavora bene e chi lavora male: ecco perché negli ultimi anni più di una inchiesta televisiva ha messo sotto i riflettori questo modello, compresa la più recente di Striscia la Notizia. Ma, andiamo con ordine: ecco cosa sono le dark kitchen, chiamate anche ghost o cloud kitchen e come funzionano.

Cosa sono le dark kitchen e come funzionano

Le dark kitchen, note anche come ghost kitchen o cloud kitchen, sono cucine commerciali pensate esclusivamente per preparare cibo destinato al food delivery, senza la presenza di un ristorante fisico aperto al pubblico. Si tratta insomma di cucine che non dispongono di una sala o di uno spazio per i clienti, né di personale che lavora appunto in sala, ma soprattutto si tratta di cucine che tendenzialmente lavorano per altri marchi. In sostanza tu ordini da uno specifico locale, ma quel locale non ha le forze di cucinare anche il tuo ordine, per cui delega il servizio a un'altra cucina che non ha nessun marchio.  Alcune dark kitchen offrono anche la possibilità di ritiro del cibo da parte dei clienti, configurandosi come un modello ibrido tra dark kitchen e ristorante tradizionale, ma tendenzialmente si lavora b2b, ovvero direttamente per altre imprese. Si tratta di locali che hanno un basso rischio di impresa: in queste cucine si tagliano molti costi, si ottimizza la logistica, non si vede mail il cliente e si cucina per più brand. Ed è proprio qui che si apre un problema.

Il fatto che molte dark kitchen lavorino per più marchi può rappresentare sia un'opportunità sia un problema, a seconda delle prospettive e delle circostanze. Naturalmente i vantaggi sono evidenti: gestire più marchi in una singola cucina consente di ottimizzare i costi operativi e di sfruttare al meglio le risorse disponibili, come il personale e le attrezzature. In un contesto in cui il food delivery sta crescendo, avere più marchi permette di adattarsi rapidamente alle tendenze del mercato e alle richieste dei consumatori.

Quali sono i rischi: scarsa qualità e contaminazione

Ma quali sono i potenziali problemi? Gestire più marchi significa avere menu diversi, ingredienti diversi e procedure di preparazione diverse, aumentando la complessità operativa e il rischio di errori: alcuni operatori potrebbero sacrificare la qualità degli ingredienti o dei processi per aumentare la quantità e ridurre i costi, soprattutto se si gestiscono molti marchi contemporaneamente. Il secondo tipo di rischio è quello di usare ingredienti comuni per diversi marchi, abbassando la qualità percepita:come evidenziato da Alida Gotta sul Gambero Rosso, il rischio è di usare lo stesso riso e lo stesso pesce per fare il sushi, il sushi burrito, il chirashi e il poke. Oppure, per fare un altro esempio, di utilizzare ingredienti di origine animale per piatti vegan o, ancora, di utilizzare attrezzature per diversi ingredienti, mescolandone i sapori (per esempio carne e pesce).

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La gestione contemporanea di più marchi aumenta la difficoltà nello stabilire a chi spetti la responsabilità del rispetto delle normative HACCP e dell'assicurazione contro i rischi legati all'attività produttiva. Diventa difficile eseguire l'autovalutazione per l'HACCP se non si ha certezza di chi occupa la cucina. Allo stesso tempo, aumenta il rischio di contaminazione crociata tra diversi tipi di alimenti, soprattutto se si preparano piatti con allergeni diversi nella stessa cucina. Infine, la gestione di un inventario diversificato può rendere più difficile garantire la freschezza degli ingredienti, aumentando il rischio di utilizzo di prodotti scaduti o deteriorati.

Tutto questo naturalmente dipende da chi gestisce il servizio ma, a differenza di un locale normale, il controllo e la "sorveglianza" su alcune norme è a completo appannaggio del personale, non avendo nessuna relazione con il cliente né altri tipi di interlocutori. Insomma, se il pesce puzza dalla testa, in questo caso è solo e unicamente la testa a determinarlo.

Ovviamente basterebbe osservare alcune semplici procedure per scongiurare questi rischi: assicurarsi che il personale sia adeguatamente formato sulle procedure di preparazione, igiene e sicurezza alimentare per ciascun marchio gestito, implementare sistemi di controllo qualità per monitorare la freschezza degli ingredienti, la corretta preparazione dei piatti e il rispetto delle normative HACCP, mantenere una tracciabilità accurata degli ingredienti utilizzati per ciascun marchio, per facilitare la gestione degli allergeni e il richiamo dei prodotti in caso di problemi e cosi via. Anche se il format in sé lascia delle ampie zone d'ombra rispetto ad altri tipi di locali, tutto questo non può essere imputato a un modello di business, ma solo e unicamente alla singola gestione e alla eventuale mancanza di controlli.

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Quello che i piatti non dicono
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