A volte basta il profumo del pane caldo per farci tornare il buon umore. Ma cosa succede nel nostro cervello quando sentiamo un buon odore? Ce lo spiega la neurogastronomia.
Che il cibo ci renda felici è ormai un dato di fatto: studi e ricerche hanno ormai abbondantemente dimostrato come alcuni cibi contengono specifiche sostanze capaci di attivare determinati recettori del nostro cervello (come la cioccolata che aiuta la produzione di serotonina e dopamina). Ciò di cui vogliamo parlare qui è quella capacità del cibo di suscitare emozioni e sensazioni che non hanno nulla a che vedere con la loro composizione. Vogliamo parlare di quello che erano le madeleine per Proust o di quello che la ratatouille rappresenta per il critico Anton Ego nel film Disney Ratatouille. Vogliamo parlarti di memoria, di ricordi e di come il cibo riesca, sempre, a emozionarci.
Se ti chiedessero di pensare all’odore di casa, a quale penseresti? Probabilmente a quello del caffè. Che sia nel latte o assoluto, è la bevanda preferita ogni volta che hai bisogno di energia. E se abbiamo detto che il caffè sa di casa, è facile capire perché anche solo l’odore ci risolleva il morale immediatamente. Ma, oltre all’amore per quello che è il nostro nido, c’è un motivo ben preciso per cui il profumo di caffè ci rende felici. Il suo aroma riesce infatti a connettere due aree del cervello molto diverse: secondo uno studio infatti, riesce a unire la corteccia cerebrale, ossia quella in grado di controllare i movimenti, e il sistema limbico, la parte più emotiva del nostro cervello. Ecco perché il caffè, anche solo annusandolo, ci mette subito di buon umore.
Probabilmente siamo tutti d’accordo che non c’è odore più bello del pane appena sfornato. Quel profumo che sa di tradizione, di condivisione e di momenti passati in famiglia. Un profumo che accompagna le nostre cene perché, diciamolo, il pane sulle nostre tavole non manca mai. Così come per il caffè, anche il profumo del pane ci porta in una dimensione a noi calda e familiare. Ma non solo.
È stato dimostrato, attraverso uno studio pubblicato sul Journal of Social Psychology e condotto dall’Università della Bretagna del Sud, in Francia, come questo tipico odore agisca sulle emozioni e sulla gentilezza nei confronti degli altri. L’esperimento si è svolto in questo modo: è stato chiesto a un gruppo di volontari di far cadere un fazzoletto di carta o un guanto nei pressi di due negozi, un panificio e un negozio di abbigliamento. A essere coinvolte in questo studio furono 400 persone ignare e i risultati furono davvero sorprendenti: davanti alla panetteria il 77% delle persone restituì l’oggetto, mentre davanti al negozio di abbigliamento la percentuale si fermò al 52%. Lo studio dimostrò come un buon odore riuscisse a modificare – positivamente – l’atteggiamento delle persone nei confronti degli altri. Quindi se passi davanti a una panetteria e ti senti più gentile, sappi che la scienza è dalla tua parte.
Le luci, i mercatini, le case addobbate e un profumo sopra tutti: la cannella. Perché sì, se il Natale avesse un odore sarebbe esattamente quello. Nel momento esatto in cui il nostro olfatto viene inondato da questo caratteristico profumo, la nostra mente ci riporta a piacevoli sensazioni, ai momenti festivi e alla gioia che questo periodo porta con sé.
A riguardo è stato condotto uno studio da Seo et al. nel 2009 in cui i soggetti hanno associato l’odore della cannella proprio al periodo natalizio. Uno step successivo poi dimostrava anche come il periodo dell’anno incide sulla percezione da parte dei soggetti: infatti la maggior parte di loro hanno dato valutazioni positive quando hanno annusato la cannella durante il periodo natalizio rispetto all’estate, in cui hanno trovato l’odore più sgradevole, rafforzando ancora di più la stretta connessione tra il natale e la cannella. E quindi come può un bel cinnamon rolls non renderci felici?!
Non possiamo non citare l’esempio probabilmente più famoso in questo ambito: quello di Proust e delle sue madeleine. L’autore francese, nel primo volume del suo romanzo Alla ricerca del tempo perduto, descrive le sensazioni e le emozioni che ha provato nell’esatto momento in cui ha mangiato una madeleine intinta nel tè, proprio come faceva sua zia Léonie. Un semplice gesto che ha risvegliato in lui dei ricordi che pensava di aver dimenticato, un sapore che è riuscito a far riemergere ciò che la mente aveva archiviato.
Ma come è possibile? Grazie alla memoria involontaria, che ha la capacità di far riaffiorare i ricordi in modo spontaneo e inaspettato, spesso innescati da stimoli sensoriali come odori, sapori, suoni o immagini. Nel caso di Proust, possiamo spiegare perché ciò accada grazie alla neurogastronomia.
Risale circa ai primi anni 2000 la nascita di questa branca delle neuroscienze, la neurogastronomia, che si occupa di studiare in che modo il nostro cervello dà vita ai sapori. Gordon Shepherd, padre di questa scienza, si è occupato di capire come la percezione del sapore agisca sulla memoria e sulla mente umana. Perché a volte un odore ci rimane impresso nella testa? Perché il sapore non è dato dalla bocca, ma dal cosiddetto olfatto retronasale: quando mangiamo qualcosa, il suo odore sale fino alle cavità nasali che trasmettono poi le informazioni al cervello. Ecco perché Proust non ha dimenticato le madeleine o perché la cannella ci fa venire voglia del Natale.
E se parliamo di ricordo, la neurogastronomia dimostra come anche questo aspetto è particolarmente importante nella nostra esperienza gustativa. Pensa a quante volte ti è capitato di desiderare un piatto e avere già l’acquolina in bocca. Già solo a pensarci infatti si attivano delle aree che coinvolgono la memoria, le aspettative e le emozioni e si mettono in moto tutti quei meccanismi che contribuiscono alla sensazione del sapore. Legare il gusto di un alimento a un particolare momento della nostra vita, rende la nostra esperienza gustativa ancora più forte. Questo è il motivo per cui tendiamo a ricercare sempre i nostri cibi preferiti: perché, se da un lato sono quelli che ovviamente ci piacciono di più, dall’altro molto probabilmente riescono a evocare delle emozioni che non vorremmo mai smettere di provare.