Il formaggio di fossa è tanto antico quanto particolare, prodotto soprattutto in Romagna e nelle Marche dove ha conquistato il riconoscimento di Denominazione di origine protetta; gustoso, pieno, intenso, cela una storia affascinante e una tecnica di stagionatura unica nel suo genere, proprio come i suoi aromi e i suoi sentori inconfondibili. Ecco come si realizza e come abbinarlo al meglio.
Chi ama i formaggi e i latticini in generale, non può non apprezzare la particolare e molto caratteristica bontà del formaggio di fossa, vera leccornia casearia tipica di alcune regioni dell'Italia Centrale, specialmente della Romagna e delle Marche, ma anche dell'Umbria e della Toscana.
Friabile, gustoso, dal profumo intenso e inconfondibile, si tratta di un prodotto derivato spesso da un mix di latte di pecora e vaccino, la cui stagionatura cela origini antiche e affascinanti. Siete curiosi di sapere tutto su questa eccellenza sopraffina, la sua storia, le peculiarità organolettiche, le tipologie e gli usi in cucina? Scopritelo nelle prossime righe.
Com'è facilmente intuibile dal nome, il formaggio di fossa (che prende la dicitura di "pecorino di fossa" se realizzato unicamente con latte di pecora), è un formaggio grasso stagionato per 90 giorni in tipiche fosse di forma ovale scavate nella roccia o nel tufo, poi avvolto in sacchi di tela naturale. È proprio attraverso questa tecnica tramandata nei secoli che il formaggio di fossa acquisisce la sua sfaccettata aromaticità, acquistando sentori e profumi di sottobosco, fungo e tartufo; ma anche il suo complesso sapore, che rapisce e che passa dal dolce al piacevolmente piccante con qualche piccola venatura amarognola; risulta inoltre molto digeribile e, per questo, è indicato per gli intolleranti al lattosio che non intendono rinunciare a una squisitezza tanto sorprendente.
Sebbene alcune produzioni si riscontrino in Umbria e in Toscana, la zona più celebre – che ha fatto del formaggio di fossa un'eccellenza famosa in tutta Italia e non solo – si concentra lungo l'Appennino romagnolo-marchigiano, tra le tre province di Forlì-Cesena, Rimini e Pesaro-Urbino. Qui – e in particolar modo a Talamello (RN), Sant'Agata Feltria (RN) e Sogliano a Rubicone (FC) – dove si svolgono le tre feste principali ad esso dedicate – viene prodotto il formaggio di fossa di Sogliano Dop, l'unico ad aver avuto la denominazione a livello europeo a partire dal 2009.
Ripercorrere la storia e le origini del formaggio di fossa di Sogliano significa andare a ritroso nel tempo, fino all'epoca medievale quando – leggenda vuole – i contadini soglianesi nascondevano i formaggi sotto terra alla fine di agosto non solo per proteggerli dalle razzie di ladri e milizie, ma anche per conservarli in attesa del rigido inverno. Una volta recuperato (tradizionalmente il 25 novembre, giorno di Santa Caterina) il formaggio appariva diverso, incredibilmente più buono: fu così che la pratica di infossatura divenne più sistematica e organizzata, finché non furono costruite apposite fosse di maturazione a forma di fiasco di circa 4-7 metri di profondità e 2 di diametro.
La tecnica di produzione è complessa e articolata, ora come allora e si compone di 4 fasi ben distinte: preparazione, infossatura, stagionatura e sfossatura. Il primo step è, appunto, quello della preparazione delle fosse che vengono sterilizzate e deumidificate bruciandovi all'interno della paglia che – successivamente – va a rivestirne le pareti per isolare il tufo; a questo punto si passa all'infossatura del formaggio, chiuso in sacchetti di panno e sigillato con un coperchio di legno. Il terzo passaggio, quello più importante, dà inizio alla stagionatura che durerà per i successivi 90 giorni e donerà al formaggio di fossa un gusto intenso e deciso, una maggiore digeribilità e le migliori caratteristiche nutritive; si passa infine al momento della sfossatura, ossia la rimozione dei materiali posti a copertura della fossa per prelevare, dall'interno, i sacchetti di formaggio.
Prima di passare ai vari abbinamenti e alle dritte su come valorizzare al meglio questo prodotto straordinario, il nostro primo e più accorato consiglio è quello di tagliarne una fetta e goderne in purezza o accompagnato a un po' di miele o a un particolare tipo di composta chiamata "savor" (preparazione a base di mosto di uva cotto con vari tipi di frutta, sia fresca che secca), abbandonandovi alla sua complessità aromatica fatta di molteplici sfumature che vanno dal legno all'erbaceo.
Ma il formaggio di fossa, come dicevamo, è un ingrediente capace di rendere unica ogni pietanza: potete per esempio grattugiarlo su un bel piatto di passatelli o tortellini così come su risotti, gnocchi e ravioli oppure insaporire un secondo di carne, dal carpaccio alla costata di manzo. E il vino? Prediligete i rossi pregiati: un Sangiovese, un Valpolicella o un Bardolino ne accentuano la corposità, allo stesso modo di un vino passito che invece ne esalta la dolcezza.