Fisico, creatività e un gran cuore: il successo televisivo di Gabriele Rubini ci insegna che crescere in ogni parte dell’essere fa bene a noi e agli altri.
Tanti posti e diversi mestieri raccontano di Gabriele Rubini, noto ai più con il soprannome “Chef Rubio”, la capacità di sapersi reinventare e di sapere nutrire nuovi stimoli. Nato nell’83 a Frascati, in provincia di Roma, Rubio è conosciuto dal grande pubblico soprattutto per i programmi tv in cui lo chef appare “unto”, “sporco” e sempre genuino. Fenomeno televisivo a parte, però, Rubini “funziona” anche perché il suo talento comunica l’insensatezza di certi stereotipi per cui se sei sportivo, non sai far altro che correre e se sei famoso, non sai far altro che arricchirti. Ecco, il successo di Rubio incoraggia a essere persone complete, dotate di fisico, intelligenza creativa e cuore.
Gabriele Rubini ha cominciato la propria carriera di rugbista a Parma, nel 2002. Con la Roma Rugby ha totalizzato 15 presenze in Serie A nel 2005, dopodiché si è trasferito in Nuova Zelanda. Qui Rubio non ha uno stipendio fisso come giocatore del Poneke RFC, per cui è costretto a mantenersi lavorando anche in un ristorante.
Rientrato in Italia nel 2007 gioca prima a Rovigo e poi nella Lazio in massima serie. Qui nel 2011 un infortunio al legamento crociato mette fine alla carriera da rugbista di Rubini. Un amore per questo sport che il giocatore continuerà a nutrire fino alla conduzione, diversi anni dopo, di Il cacciatore di tifosi, format televisivo in cui Rubio ha il compito di appassionare i neofiti a questo sport.
Come visto, durante la sua carriera sportiva, Rubini ha lavorato anche in un ristorante in Nuova Zelanda. La passione per la cucina continua anche al suo rientro in Italia, dove segue il corso internazionale di cucina italiana all'ALMA, diplomandovisi nel 2010 (un anno prima dell’infortunio al legamento).
Chiusa la carriera sportiva, Rubini si trasferisce in Canada con l’obiettivo di ampliare le sue conoscenze culinarie e impegnarsi in nuove avventure lavorative. Tornato in Italia diventa nel giro di pochi anni un personaggio televisivo.
Nel 2013 comincia la collaborazione di Chef Rubio con Dmax, per la quale conduce Unti e Bisunti. Va avanti con questo programma per tre stagioni, da cui “tira fuori” anche una collana di ricette e due libri. La sua carriera televisiva è solo agli inizi, poiché si aggiunge la conduzione – come detto – di “Il cacciatore di talenti” (tornando quindi al rugby), la partecipazione come giudice a “I re della griglia”. Nell’ultima puntata della terza edizione di Pechino Express spiega ai finalisti come preparare un supplì e, sempre con Constantino della Gherardesca, è protagonista del docu-film “Il ricco e il povero”. Da maggio 2017 sveste il grembiule da cuoco e indossa i panni di operai e non solo in “È uno sporco lavoro”.
L’impegno sociale dello Chef Rubio va dal sostegno a chi è vittima di disturbi del comportamento alimentare, alla trasposizione in LIS (Lingua Italiana dei Segni) delle ricette, passando per diverse campagne a sostegno dei popoli in via di sviluppo.
Con l’organizzazione indipendente ActionAid Chef Rubio ha partecipato prima nel 2015 alla campagna “Se fossi nato in…”, che ha permesso al grande pubblico di conoscere le condizioni di vita dei bambini in Kenya e poi a “#fuoriclasse”, format in cui il frascatano affronta il problema del (mancato) diritto allo studio dell’infanzia in Zimbabwe e in Cambogia. Il progetto, condotto in compagnia di Danilo Da Fiumicino di “Chiamate Roma Triuno Triuno”, è stato lanciato a novembre di quest’anno attraverso una maratona in diretta dallo stato africano sui profili Facebook di ActionAid, dello Chef Rubio di Radio Deejay. L’obiettivo della campagna, in linea con la mission dell’organizzazione, è sensibilizzare alle condizioni di vita di chi è nato in paesi vessati da problemi economici e di stabilità politica (recente la notizia di un colpo di stato in Zimbabwe), incoraggiando gli spettatori ad adottare a distanza e permettere a tutti un’infanzia serena.