In tutte le altre lingue e cucine si chiamano “palline di carne”, in italiano invece le conosciamo come “polpette”. Da dove viene questo nome così particolare? L’origine è misteriosa ma le teorie sono due: una afferma che sia un’evoluzione del termine “piccola polpa”, l’altra lega l’etimologia alla parola francese “palpebra” (paupière).
Comfort food irrinunciabile, piatto delle nonne per eccellenza, vanto della tradizione italiana declinato in decine di varianti diverse: le polpette non sono una semplice ricetta, ma una vera e propria filosofia culinaria. Le più diffuse sono le polpette di carne, ma nel tempo la ricetta base si è arricchita di tantissime alternative e oggi ne trovi praticamente di goni tipo e per ogni palato, da quelle di pesce a quelle di verdure, cotte al forno o fritte, condite col sugo o servite in brodo.
Ma ti sei mai chiesto da dove arriva questo nome così particolare, “polpette”? Se ci pensi siamo gli unici a chiamarle così. In francese si dice boulette de viande, in tedesco fleischklößchen, in polacco pulpet mięsny, in svedese köttbulle (le famose polpette servite da Ikea, facilissime da preparare anche in casa), tutte parole che vogliono dire un po’ sempre la stessa cosa: palline di carne. E infatti la definizione stessa di polpetta, secondo l’enciclopedia, è di una vivanda di carne tritata e impastata a forma di pallottola schiacciata.
Allora da dove arriva la parola polpetta, chi lo ha inventato e che storia si nasconde dietro il suo utilizzo? Cerchiamo di vederci chiaro, tra leggende e falsi miti.
Facciamo subito chiarezza: l’origine della parola “polpetta” è poco chiara e, tutt’oggi, rimane un mistero. Partendo però dallo studio della lingua e della storia sono state avanzate diverse ipotesi e tra tutte le più accreditate sono due. La prima è legata alla figura del cuoco Maestro Martino, figura del Quattrocento che, nel suo "De arte coquinaria", nomina per la prima volta la parola "polpetta" in riferimento a una ricetta a base di fettine di vitello.
Dove sta il collegamento? La ricetta di cui parla Maestro Martino dovrebbe collegare la parola "polpette" a "piccola polpa" intendendo la tenera carne di vitello con cui venivano preparate (che, in quest'epoca, ancora non veniva tritata): ed è a questo punto che entra in scena il koofteh, una ricetta di origine persiana a base di carne macinata, diffusasi in tutto il Medio Oriente dopo la conquista araba, arrivando in Spagna (dove si chiamano ancora albondigas, un termine che deriva dall’arabo “al-bonâdiq”) per poi diffondersi in tutta Europa.
Nel Seicento, quando la carne si comincia a tritare, le polpette di Maestro Martino assumono la forma che conosciamo oggi, mantenendo il nome dato in origine dal cuoco fino ai giorni nostri; è proprio in questo periodo che la ricetta diventa piatto amato da tutti, anche perché era economico e si potevano fare con qualsiasi tipo di avanzo, dal pane alla carne. E infatti come accennato, ancora oggi, di polpette ne esistono decine di varianti a base degli ingredienti più vari.
La seconda ipotesi lega la parola “polpette” all’espressione francese paupière, che significa “palpebra”. Cosa c’entra con le palline di carne che tanto amiamo? Secondo i sostenitori di questa teoria il collegamento è nel movimento delle mani richiesto dalla preparazione delle polpette, che secondo questa teoria ricorderebbe quello delle palpebre quando si chiudono. In realtà questa teoria è considerata poco credibile soprattutto alla luce di quanto afferma Maestro Martino, ovvero che le polpette in origine non erano di carne macinata, e quindi non c'era una vera e propria manualità da collegare alla parla francese.
In generale la teoria legata a Maestro Martino è considerata più convincente e quindi l'etimo dei "polpetta" sarebbe da individuare nel tipo di carne anticamente privilegiata per questa pietanza: il taglio più tenero del vitello o del cervo, cioè la polpa. Seguendo questa ipotesi il termine italiano sarebbe dunque un diminutivo in -etta dalla parola latina "pulpa, ae" che indica propriamente la carne senz'osso.