Grado di cottura della pasta e stagionatura del pecorino, rivisitazioni famose e meno azzeccate, bocciatura del Nutriscore: quante sono le curiosità sulla cacio e pepe che ancora non conosci?
Ci vogliono solo 3 ingredienti – pasta, pecorino romano e pepe – per preparare una delle paste più buone della nostra tradizione, eppure fra le più difficili: parliamo di cacio e pepe, una ricetta nata dalla vita contadina e pastorale che poi è diventato uno dei simboli della cucina romana, formando la così detta "santissima trinità" insieme a carbonara e amatriciana.
Il nome del piatto è legato alla sua origine, che viene fatta risalire ai tempi della transumanza dei pastori nell'agro romano: anticamente il "cacio" era un tipo di formaggio di uso comune, abbinato a pepe e pasta per preparare una ricetta povera ma ricca di gusto. Con il tempo la ricetta della cacio e pepe è stata perfezionata: per preparare degli spaghetti cacio e pepe a regola d'arte oggi va usato rigorosamente Pecorino romano Dop, preferibilmente di media stagionatura, abbondante pepe in grani macinato al momento e una pasta di ottima qualità, meglio se trafilata al bronzo. Ma c'è stato un periodo, fra gli anni '60 e '70, in cui gli osti romani la usavano per "allappare", cioè la preparavano in versione particolarmente secca per asciugare la bocca dei clienti che, in questo modo, sarebbero stati spinti a ordinare altro vino. Per fortuna questa cattiva usanza è caduta in disuso da tempo e oggi nella Capitale si possono trovare cacio e pepe di alto livello, sia in versione classica ma anche arricchite con ingredienti più creativi come il miele o le tartare di pesce.
Bando a panna e simili, la cacio e pepe è stata rivisitata diverse volte negli anni, con chef che hanno proposto varianti originali e invitanti, sia in versione "rustica", da trattoria, sia in versione fine dining. Fra le più apprezzate c'è la cacio e pepe con le cozze dello chef Simone Curti, quella con i gamberi in tartare del tristellato Heinz Beck, la "cacio, pepe e spezie" dello chef Francesco Apreda, le cacio, pepe e ricci di mare, create in due versioni diverse da due chef, Oliver Glowig e Roberto Conti. Fra le più originali c'è sicuramente la cacio e pepe in vescica di Roberto Camanini, piatto che ha fatto incetta di premi e si è guadagnato un posto nell'alta cucina internazionale, ma anche il riso cacio e pepe, storico piatto di Massimo Bottura.
Non tutti sanno che il vero segreto della pasta cacio e pepe sta proprio nel cacio, ovvero nel Pecorino romano Dop da usare. Per la precisione sta nel suo grado di stagionatura, che deve essere medio: se troppo stagionato, infatti, avrebbe bisogno di temperature eccessive per sciogliersi (oltre a doverne mettere una quantità maggiore a causa dell'evaporazione dei liquidi durante la stagionatura). Al bando anche il pecorino troppo fresco, per evitare l'effetto filante. Usando il pecorino con il giusto grado di stagionatura insieme all'acqua di cottura della pasta e mantecando lontano dai fornelli non avrai bisogno di nessun altro trucco e otterrai una pasta cremosa e davvero invitante.
Abbiamo già parlato del Nutriscore il controverso sistema di “etichettatura” proposto dalla Francia che penalizza alcuni piatti, prodotti e perfino tradizioni italiane a causa della sua rigidità: ebbene, nel calderone è finita anche l'amata cacio e pepe, che contiene appunto formaggio. Dopo il bollino nero sul vino, cosa che aveva già scatenato molte polemiche, anche il pecorino romano è finito nel mirino della scala ed è stato bollato come prodotto dannoso.
Ha fatto grande scalpore di recente un articolo apparso sul New York Times che sostiene che la pasta per la cacio e pepe andrebbe scotta: anzi, dichiara che a sostenerlo sia la ricetta di Roscioli, una delle gastronomie con cucina romane più celebri. Peccato che sul sito della famiglia Roscioli le indicazioni siano però corrette, smentendo la tesi sostenuta dal giornale americano: "In una pentola di acqua bollente salata (non troppo salata, perché il pecorino e il parmigiano sono già salati), cuocere la pasta al dente", questo il passaggio numero 1 della ricetta della cacio e pepe di Roscioli.