Dalla carbonara alla mortadella: la cucina italiana entra nel mondo del cocktail bar facendo una trasfigurazione e trasformando i piatti storici in deliziosi cocktail alcolici da bere.
Dagli anni '90 in poi la connessione tra la cucina e il cocktail bar è diventata sempre più presente, questo ha portato a dei passi in avanti giganteschi nella mixology. Le tecniche prese in prestito dall'alta cucina hanno creato un movimento in rapidissima ascesa: partendo da Londra è arrivato negli Stati Uniti, è tornato in Europa e ora sta facendo la fortuna dei cocktail bar in Asia, nuova El Dorado della mixology.
Soprattutto negli ultimi anni però i bartender non si sono limitati a prendere in prestito le tecniche di cucina ma provano a ricreare i piatti che mangiamo tutti i giorni. Vediamo le ricette più interessanti d'Italia perché sono un continuo omaggio alla nostra immensa tradizione culinaria.
Probabilmente il capostipite di questo filone è stato Ryan Chetiyawardana, uno dei bartender più creativi e famosi al mondo e titolare del Dandelyan di Londra, miglior bar al mondo nel 2018 per la World's 50 Best. Il suo drink più famoso è senza dubbio il Bone Dry Martini, un twist del celebre classico con ossa di pollo arrosto disciolte in acido fosforico. La sostanza che ne viene fuori è aggiunta a un distillato di limoni, il tutto miscelato con la vodka fatta in casa da Chetiyawardana. Il suo sapore ricorda molto il koththu roti, il pollo al curry tipico dello Sri Lanka, terra d'origine della famiglia del bartender.
Un grande aiuto lo ha dato anche Faye Chen, bartender del Double Chicken Please di New York (1° bar del Nord America per The World’s 50 Best Bars nel 2023): ha inventato il Cold Pizza Margarita, un twist sul Margarita a base di tequila al formaggio e al toast bruciato, cordiale di lime e basilico, tè oolong, acqua di pomodoro e albume d’uovo. Ovviamente il nome gioca sull'assonanza con la famosa pizza e, anche grazie all'instagrammabilità, è diventato uno dei drink più "visualizzati" al mondo. Lodevole anche lo Zaru Soba di Nico De Soto, del bar Danico di Parigi: ispirazione alla soba giapponese con infusi e ridistillazioni di tutti gli ingredienti tipici del ramen. Di esempi ce ne sono diversi, lo stesso Double Chicken Please ha in carta molti cocktail ispirati ai piatti della cucina mondiale, ma in Italia non siamo da meno tra pizze, carbonare e pastiere.
Ideato nel 2018 da Alex Fantini, è stato presentato per un concorso del Consorzio della Mortadella a Fico Eataly. Il Mortadella Sour, questo il suo nome, è omaggio alla Città Grassa fatto con liquore homemade alla Mortadella Bologna Igp ottenuto per sferificazione e un tocco di vodka; sul bordo del bicchiere una crema di pistacchi. Il sapore ricorda tantissimo quello del salume tipico dell'Emilia-Romagna.
Si chiama Pesto Martini ed è ovviamente un omaggio al piatto tipico di Genova, anche se siamo a Milano. Il drink si prepara con una vodka infusa al pesto, vermouth dry, vermouth bianco, soluzione salina e aceto balsamico. Il sapore non centra perfettamente il piatto ma è senza dubbio un buon cocktail, con sentori decisi di basilico che smorzano le note graffianti di un classico Vodka Martini. Possiamo vederlo però come un omaggio ben riuscito alla grande salsa ligure.
Presentato a Identità Golose 2024 e poi mantenuto in menu, il bar della provincia di Salerno fondato da Natale Palmieri e Alfonso Califano dedica questo cocktail all'azienda Casa Marrazzo, non a caso lo chiama Casa Maria, un omaggio alla mamma di Gerardo e Teresa Marrazzo, titolari dell'omonima azienda conserviera. Il cocktail è un twist sul classico Bloody Mary ma si ispira alla famosa pizza Provola alla pizzaiola di Ciro Salvo. Abbiamo una vodka ridistillata con la provola affumicata, uno sciroppo con la conserva di San Marzano, acqua di pomodoro ottenuta con un ragù e poi chiarificato e due gocce di tabasco alla fine che rendono tutto più piccante (e simile all'originale drink classico).
Il talentuosissimo Luca Bruni propone un piatto molto sottovalutato della nostra tradizione, in versione alcolica: l'insalata di arance siciliana (da bere). È una reinterpretazione del Gimlet ed è un low alcol da manuale: gli ingredienti sono vodka, cordiale di finocchio e arancia, salamoia di olive, clorofilla e aceto di sidro di mele. Il drink è leggero e piacevole da bere, con delle note sapide e agrumate davvero interessanti.
Il classico dolce della Pasqua napoletana in versione alcolica. L'idea alla base di Mattia Giuseppe Esposito e di Giusy Martinez del Nana's Secret, questo il suo nome, è stata quella di creare un drink dolce che non fosse a base di frutta com'è consueto fare nei bar. Il locale partenopeo ha quindi scomposto il dolce, facendo un'infusione di whisky, grano e zucchero, succo d'arancia, ricotta e latte, questi ultimi trattati con la tecnica del fat washing. Al servizio viene aggiunta l'essenza di millefiori tipica della pastiera e una cialdina di frolla. L'ispirazione originaria è quella del Milk Punch, il primo drink che ha utilizzato la chiarificazione.
L'omaggio del bellissimo bar con vista Colosseo alla città che lo ospita: vodka e gin ridistillati con il pecorino romano, pepe nero vaporizzato sul bicchiere al momento del servizio e cialdina di pecorino romano realizzata nella cucina di Aroma, il ristorante stellato che condivide la struttura di Palazzo Manfredi. La cacio e pepe pensata da Matteo Zed va a sposarsi con il drink più iconico del mondo, il Martini, mixando però le due anime del cocktail, ovvero gin e vodka. Il risultato è un gusto molto semplice e unico, proprio come quello di un Dry Martini, ma al contempo complesso e godurioso come quello di una cacio e pepe.
Come visto con Misture, anche qui ritroviamo la tecnica del fat washing: Nico Sacco, titolare del bar viterbese, applica questo metodo al gin, con la colatura di alici e il burro per dare al distillato un gusto tutto nuovo. La nota di pane viene data dall'infusione sottovuoto di un vermut dry francese molto aromatico con il pane tostato. Il risultato è un drink molto corposo, arricchito dal bitter al prezzemolo che dona freschezza a tutta la bevuta.
Questa ricetta non è propriamente del Chorus: è di Massimo D'Addezio, uno dei più famosi bartender italiani ed è una sua ricetta storica, ideata molti anni fa e prima dell'approdo al bar nei pressi del Vaticano. La sua Carbonara Sour è un twist sul Vodka sour, molto fresco e leggero con pepe nero e agrumi, la vodka che subisce il processo del fat washing col guanciale. L'uovo della carbonara lo ritroviamo con il suo albume per l'effetto sour al drink. Il cocktail è tendenzialmente dolce e molto gustoso oltre ad essere un caposaldo dei cocktail gastronomici in Italia.
Torniamo in Campania con una versione alcolica degli spaghetti al pomodoro: ‘A Vicchiarella è a base di vodka, olio d’oliva, basilico, acqua di pomodoro e CO₂. Frizzante, beverino, molto fresco, è uno dei cocktail storici del trittico formato da Vincenzo Pagliara, Francesco Manna e Vincenzo Monda in provincia di Napoli. Un drink che ha molte sfumature: a qualcuno ricorda una marinara, a qualcun altro una fresella, molto dipende dal mood con cui lo si beve e dai ricordi che si hanno ma la connessione con la cucina è molto forte in questa creazione.