Una tipologia di cottura lunga e delicata, che esalta tutta la tenerezza della carne, dal manzo al coniglio: le pietanze diventano saporite e succulenti grazie all'aggiunta di vino, brodo, birra o sugo di pomodoro.
Sia in Italia che all’estero ci sono ricette che hanno come caratteristica una carne tenera e succulenta, dal sapore intenso, lasciata cuocere a lungo e in modo dolce. Stiamo parlando di quei piatti come peposo, Irish stew, gulash che vedono come protagonista la cottura in umido, una tecnica tra le più antiche dove gli alimenti cuociono all’interno di un liquido lentamente e a basse temperature per un periodo prolungato di tempo. Una modalità di preparazione che si può impiegare per carni rosse e bianche, ma anche per realizzare pesce e verdure. Vediamo in questa guida come fare al meglio la cottura in umido, quali tagli scegliere, qualche consiglio e le ricette per passare subito dalla teoria alla pratica.
Si parla generalmente di cottura in umido quando un alimento cuoce grazie all’azione di un liquido, come acqua, brodo, sugo di pomodoro, vino, birra. Un’operazione che il più delle volte avviene in due tempi: prima il cibo scelto rosola in un grasso (olio o burro), cosicché rilasci i suoi aromi e contemporaneamente siano sigillati al suo interno i succhi. In seconda battuta si immerge completamente o in parte nel liquido, che andrà a sobbollire anche per molte ore.
Spesso la cottura in umido viene associata alla carne, grazie evergreen come lo spezzatino. Per ottenere il risultato fondamentale, che è quello di una carne morbida e non secca e stopposa, bisogna partire dallo scegliere il taglio che più si presta a essere cotto per lungo tempo. Del pollo si prediligono le cosce e le sovracosce, così come il coniglio o la selvaggina sono tipologie di carni dure e resistenti, perfette quindi per essere ammorbidite negli intingoli. Per quanto riguarda il vitello o il manzo, sono da scegliere quei tagli ricchi di tessuto connettivo, come la guancia, il reale, il girello, lo stinco o il cappello del prete, dove agisce una proteina fondamentale per garantire la tenerezza: il collagene.
Il collagene è il componente principale del tessuto connettivo, che tiene insieme i fasci di muscoli: a una temperatura tra i 60 °C e 75 °C inizia a diluirsi, con il vantaggio di rilasciare i succhi contenuti nella carne che trovano un liquido ad accoglierli: in questo modo l’alimento si cuocerà nei suoi stessi succhi. Il collagene, infatti, ha un effetto emulsionante sui grassi e sulla parte acquosa, che quindi non si separano. In più, gelifica, dando all’assaggio la tipica sensazione di “sciogliersi in bocca”. Questo processo richiede un certo periodo di tempo, che può arrivare anche a 8-10 ore ore a seconda della tipologia di carne e della sua dimensione.
Proprio per il ruolo chiave che il collagene svolge sul tessuto connettivo (è presente anche negli esseri umani in ossa e cartilagini), viene spesso proposto in integratori alimentari o compare in articoli che consigliano quali cibi mangiare per avere una pelle più giovane, soda ed elastica. Non è il caso delle cotture in umido, dato che non sono il modo più indicato per un’eventuale assunzione di questa proteina in termini salutistici.
La cottura in umido è una cottura antica, che si effettua in modo lento e graduale. Le casseruole devono quindi garantire una buona conduzione del calore e avere la capacità di trattenerlo anche a fornello spento, assicurando così che la pietanza resti bagnata. Sono perfetti i tegami in terracotta (i cocci e le tecie), che mantengono all’interno l’umidità, i supporti in ghisa, che si possono anche mettere in forno o in rame. Tra le pentole più comuni, sono consigliabili quelle con fondo spesso in acciaio, un materiale che ben si presta per la propagazione del calore attraverso un liquido, tipo quelle che si usano per fare la pasta.
Ci sono dei piatti che già dal nome riportano a questo tipo di cottura, basti pensare al pollo in umido, al polpo in umido, alle lenticchie in umido, che in diverse varianti fanno parte della nostra ricchezza gastronomica regionale. Vengono, però, soprattutto identificate quattro preparazioni iconiche: