Cosa succede al cibo quando viene cotto eccessivamente o a temperature troppo alte? Perché può essere pericoloso per la nostra salute? Facciamo chiarezza.
Quante volte, durante il pranzo della domenica, abbiamo litigato per accaparrarci l'angolo più abbrustolito della pasta al forno? A chi non è mai successo di lasciare per troppo le patatine fritte nell'olio bollente e servirle ben bruciacchiate? E quelle costolette annerite lasciate sul barbecue, allora? Per alcuni, semplicemente deliziose ma, a bene vedere, decisamente poco salutari.
Quando parliamo di cibo sappiamo bene che è importante fare attenzione alla qualità e alla provenienza degli alimenti ma, oltre a questi, è necessario guardare anche al metodo di cottura che, una volta ai fornelli, può modificare sensibilmente i valori nutrizionali oltre che la consistenza degli ingredienti.
Una delle regole principali in cucina è che, per assorbire la maggior parte delle sostanze nutritive, è opportuno prediligere cotture leggere e poco invasive: cuocere per troppo tempo e a temperature troppo alte infatti non solo riduce il quantitativo di nutrienti ma, in alcuni casi, può risultare nocivo per la nostra salute.
Questo discorso vale tanto per i toast bruciacchiati o per il pane troppo abbrustolito, quanto come per i cornicioni della pizza carbonizzati: perché tutto questo fa male alla nostra salute. Oggi ti spieghiamo perché le alte temperature e la cottura prolungata dei cibi possono essere pericolose per il nostro organismo.
Cosa succede se cuociamo troppo o per troppo tempo il cibo? Indipendentemente dal tipo di ingrediente, possiamo notare delle reazioni molto simili. A livello estetico, il campanello di allarme è tutto nel colore: un cibo troppo cotto diventa scuro, si annerisce o, più semplicemente, si brucia e si carbonizza. All'interno, il cibo troppo cotto viene quasi del tutto denaturato della componente nutritiva e, contemporaneamente, si sviluppano sostanze tossiche e potenzialmente pericolose per il nostro organismo.
In particolare, negli alimenti ricchi di carboidrati, si formano acrilammide, dai lipidi si sviluppano i perossidi e nella carne le alte temperature producono ammine eterocicliche, tutte sostanze che, a lungo andare, possono avere effetti nocivi per la nostra salute: secondo alcuni studi infatti, avrebbero un effetto cancerogeno e causerebbero danni al nostro patrimonio genetico. Il più conosciuto e forse anche il più temuto è l'acrilammide, un composto chimico che può svilupparsi negli alimenti fritti, cotti arrosto o in padella ad alte temperature: la sua comparsa è legata, nello specifico, alla presenza in contemporanea di grassi, zuccheri e carboidrati e dalla loro interazione ad alte temperature. L'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato l'acrilammide come "probabilmente cancerogeno per l'uomo" (Gruppo 2A). Ciò significa che ci sono prove sufficienti negli animali da laboratorio che l'acrilammide può causare il cancro, e alcune evidenze limitate nell'uomo. L'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA), pur dichiarando che il rischio è molto basso, invita a limitarne il consumo.
Per evitare che si sviluppino sostanze potenzialmente tossiche, ci basterà cuocere i cibi a una temperatura non superiore ai 180 °C o prediligere cotture più "dolci": lessando o cuocendo al vapore, per esempio, non si sviluppa alcuna quantità di acrillamide o di perossidi e gli alimenti mantengono (quasi totalmente) intatte le proprietà nutritive.
In conclusione possiamo affermare che qualunque alimento bruciato, o evidentemente troppo cotto, avrà sviluppato al suo interno una quantità più o meno rilevante di sostanze potenzialmente tossiche; per questo motivo le parti annerite o abbrustolite andrebbero quindi scartate e non ingerite.
Come sempre, può capitare di mangiare una bistecca troppo cotta o delle patatine "troppo" fritte: il consumo sporadico non comporta alcun rischio per la nostra salute ma è importante fare attenzione alla propria alimentazione evitando di bruciare o cuocere troppo il cibo che portiamo in tavola.