Un fritto quasi dimenticato fino a poco tempo fa ma di cui Pellegrino Artusi parlava già tra fine 1800 e inizio 1900. Che cos'è lo stecco alla petroniana? Come è fatto questo goloso spiedino di mortadella e formaggio dolce?
Uno spiedino a base di dadi di mortadella e formaggio, solitamente dolce e non troppo spinto di sapore, impanati e fritti. Che cos'è lo spiedo alla petroniana, o spiedo alla bolognese, che ormai in pochi propongono tra le vie della Dotta?
Di prelibatezze gastronomiche la città di Bologna ne ha in abbondanza. In quanto a specialità culinarie non ha certo nulla da invidiare a nessuno. Tra tutti i tortellini, ma anche la grande varietà di pasta fresca, passando poi per la mortadella, il ragù e molto altro ancora, i bolognesi sono davvero fortunati se parliamo di cucina. Qualche tempo fa avevamo raccontato la storia dello scrigno di Venere, una preparazione divenuta celebre proprio nel capoluogo emiliano ma che oggi in pochi riescono a riproporre, anche per la complessità della ricetta.
Assieme a questo pasticciotto ripieno, tra le altre cose, proprio di tortellini, c'è un altro manicaretto bolognese oggi caduto un po' nel dimenticatoio ma che rappresenta un vero concentrato di gusto e sapore. Non sono più tanti i locali a proporre il cosiddetto stecco alla petroniana (un omaggio al Santo della città, Petronio), un goloso fritto a base di cubetti di mortadella (che, cuocendosi, va a esaltare i suoi sapori) assieme a formaggio dolce come emmental o gruviera.
Si tratta di una preparazione per certi versi storica del capoluogo bolognese, capace di conquistare anche quella buona forchetta di Pellegrino Artusi, autore tra fine 1800 e inizio 1900 di uno dei ricettari più famosi, sicuramente uno dei più longevi, della nostra cucina. Fatto sta, l'Artusi parla dello stecco alla petroniana chiamandolo, però, fritto negli stecchini e differenziandolo dal fritto misto alla bolognese, di cui in tanti credono faccia parte. Stando alle parole dell'autore de La scienza in cucina lo stecco fritto in epoche precedenti lo si sarebbe potuto trovare a base degli ingredienti più disparati: dai fegatini di pollo fino a lingua e gruviera, passando eventualmente per i tartufi nelle versioni più sofisticate. Pare come nelle ricette più antiche della tradizione le carni utilizzate fossero di vitello o maiale, con l'uso di animelle, lingua, fegatini e la sempre immancabile mortadella.
Al giorno d'oggi non sono così tanti i locali a proporre lo stecco fritto, e dove viene realizzato lo si fa in una versione semplificata rispetto, per esempio, a quelle di cui parla l'Artusi. Più semplice, però, non è sinonimo di meno gustoso: lo spiedino infilza mortadella (è presente anche il lombo di suino) e formaggio, sostanzialmente gli unici ingredienti di un ripieno che definire ghiotto è riduttivo. Gli sparring partner? Besciamella, uova e pan grattato per la panatura.
Oggi per lo più gli spiedini fritti vengono proposti negli aperitivi bolognesi, ma i più fortunati possono trovarli anche in quei ristoranti (non tantissimi, pare) che ancora li preparano, portando avanti una storia ultra secolare e una ricetta che è pura golosità.