La viticoltura integrata è la via di mezzo tra la viticoltura convenzionale e quella biologica. Tende alla biologica, ma usa prodotti chimici quando strettamente necessario. Ecco qual è la filosofia e le caratteristiche della viticoltura integrata e perché può diventare l'approccio migliore in futuro.
La viticoltura integrata è un approccio moderno e sostenibile alla coltivazione della vite, pensato per bilanciare la redditività economica con la tutela dell'ambiente e la salute delle persone. Questo sistema si pone come obiettivo primario la prevenzione delle infestazioni di malattie e parassiti della vite grazie all'adozione di misure mirate che privilegiano metodi biologici, biotecnici, di allevamento e tecniche di coltivazione. In questo contesto l'uso di prodotti chimici viene evitato per quanto possibile, ricorrendo a essi solo quando strettamente necessario. Possiamo considerarla una tappa intermedia verso la viticoltura biologica, rappresentando un percorso di progressiva riduzione dell'impatto ambientale delle pratiche agricole. In realtà questo metodo è stato sempre usato nei secoli scorsi ma in maniera empirica, senza fossilizzarsi troppo sulla replicabilità. I nostri antenati lo seguivano semplicemente perché funzionava, poi lo abbiamo dimenticato e ora lo stiamo riscoprendo.
La viticoltura integrata trae ispirazione dalle tecniche tradizionali di coltivazione della vite ma le arricchisce con le conoscenze scientifiche e le tecnologie moderne per ottimizzare i risultati in termini di qualità e sostenibilità. L'attenzione è focalizzata sulla preservazione delle risorse naturali per le generazioni future e sulla minimizzazione dell'impatto ambientale complessivo della produzione vinicola.
In Italia il termine ufficialmente riconosciuto per questo sistema di produzione agro-alimentare è "produzione integrata", che viene definita come un insieme di metodi e mezzi produttivi e di difesa dalle avversità delle produzioni agricole, volti a ridurre l'uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici. Le regioni italiane definiscono specifici disciplinari di produzione integrata che costituiscono il riferimento per gli agricoltori. Questi disciplinari forniscono indicazioni dettagliate sulle pratiche agronomiche e sulla difesa fitosanitaria a basso impatto ambientale, adattandosi alle specificità dei diversi territori e delle diverse colture, inclusa la vite.
Il principio cardine della viticoltura integrata è l'adozione di una visione olistica dell'ecosistema del vigneto. Questo significa considerare il vigneto non come un monocoltura isolata, ma come un sistema complesso e interconnesso in cui la vite interagisce con il suolo, l'acqua, l'aria e la biodiversità circostante. Ogni elemento svolge un ruolo importante nell'equilibrio e nella salute del vigneto e la viticoltura integrata mira a gestire queste interazioni in modo sinergico per favorire la crescita sana della vite e la produzione di uve di qualità.
Un altro principio fondamentale è la riduzione dell'uso di prodotti chimici. Questo approccio riconosce i potenziali impatti negativi che pesticidi e fertilizzanti chimici possono avere sull'ambiente, sulla salute umana e sulla biodiversità. Proprio questo messaggio è fondamentale perché un ecosistema viticolo diversificato è in grado di autoregolarsi. La presenza di una varietà di specie vegetali e animali, inclusi insetti utili, predatori naturali di parassiti e microrganismi benefici nel suolo, contribuisce a mantenere l'equilibrio ecologico e a ridurre la necessità di interventi esterni.
La viticoltura integrata si basa anche sul rispetto dei cicli naturali. Questo implica lavorare in armonia con i processi naturali che regolano la fertilità del suolo, la disponibilità di acqua e la salute delle piante, anziché cercare di forzarli con interventi artificiali. Pratiche come la rotazione delle colture (dove applicabile), l'uso di sovescio – una pratica agronomica che consiste nell'interramento di materiale vegetale con lo scopo di mantenere o aumentare la fertilità del terreno – e la gestione oculata dell'irrigazione sono esempi di come questo principio viene messo in pratica.
I viticoltori che seguono i principi della viticoltura integrata effettuano controlli regolari nel vigneto per valutare lo stato di salute delle viti, la presenza di parassiti e malattie e le condizioni ambientali. Queste informazioni sono fondamentali per decidere se e come intervenire, scegliendo le strategie più appropriate e meno impattanti.
Infine, la viticoltura integrata pone una forte enfasi sulla prevenzione: adottare misure preventive, come la scelta di varietà di vite resistenti alle malattie, l'implementazione di buone pratiche agronomiche che favoriscono la salute delle piante e la creazione di un ambiente sfavorevole allo sviluppo di parassiti e malattie, è considerato più efficace e sostenibile a lungo termine rispetto al dover affrontare le emergenze con interventi curativi.
Quando l'intervento chimico si rende necessario, la viticoltura integrata prevede l'utilizzo di prodotti fitosanitari a basso impatto ambientale, caratterizzati da una minore tossicità per l'uomo e per la fauna non bersaglio, da una più rapida degradabilità nell'ambiente e da una maggiore selettività nei confronti dell'organismo dannoso. L'obiettivo è ridurre al minimo i rischi per la salute degli operatori, dei consumatori e dell'ambiente, preservando al contempo l'efficacia della difesa. L'utilizzo di varietà di viti resistenti alle malattie funginee (note come varietà PiWi) rappresenta un'ulteriore strategia chiave per ridurre la necessità di trattamenti fitosanitari. La concimazione viene gestita in modo mirato, tenendo conto delle specifiche esigenze nutrizionali della vite nelle diverse fasi del suo ciclo di sviluppo e delle caratteristiche del suolo.
La viticoltura integrata si distingue sia dalla viticoltura convenzionale sia da quella biologica per il suo approccio e per le tecniche utilizzate: