L'Italia scende in campo con la protesta dei trattori contro il Green Deal: le regole dell'UE per la transizione ecologica che penalizzano gli agricoltori.
Anche l'Italia scende in campo con le proteste dei trattori da parte degli agricoltori. Il motivo del malcontento è dato dal "Green Deal" imposto dall'Unione Europea: si tratta di una serie di misure per attuare la transizione ecologica rendendo più sostenibili e meno dannosi per l'ambiente la produzione di energia e cibo. La maggior parte delle regole è stata già approvata, senza dare conto agli agricoltori, e questo ha creato un vero e proprio tumulto soprattutto in Francia e Germania. La manifestazione italiana più importante l'abbiamo vista a Orte, in provincia di Viterbo: qui un centinaio di trattori ha occupato l'ingresso dell'autostrada A1 per un paio d'ore, sia in entrata sia in uscita. A Catanzaro la protesta, molto simile, ha avuto un risvolto tragico: un uomo è morto mentre era in fila in auto sulla strada statale 106, tra Botricello e Cropani Marina. Scattato l'allarme sul posto è giunto l'elisoccorso con un'equipe sanitaria che ha prestato i primi soccorsi che si sono, però, rivelati inutili. L'impressione è che nei prossimi mesi le proteste aumenteranno il proprio raggio d'azione e il proprio impatto.
Le proteste sono cominciate qualche settimana fa in tono minore ma, dopo alcuni giorni di iniziative spontanee e con poco seguito, durante lo scorso weekend ci sono state proteste più consistenti. Oltre a Viterbo e Catanzaro ci sono stati disguidi a Pescara, Enna, Campobasso, Venezia, Perugia e in diverse zone del Piemonte. I disagi sono stati minimi quasi ovunque ma è sintomo di un movimento che diventa giorno dopo giorno più consistente.
Ad aprire la "stagione dei trattori" sono stati gli altri Paesi europei: Spagna, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito e Serbia, oltre ai già citati Francia e Germania. Il Green Deal non piace a nessuno. Impone a tutti i membri dell'Unione Europea di ridurre del 55% entro il 2030 le emissioni nette e ad azzerarle entro il 2050. Per ottenere questo risultato (importante e fondamentale per il futuro della vita sulla Terra) sono richiesti enormi sacrifici agli agricoltori come la riduzione drastica dell'uso dei pesticidi e l'obbligo di riconversione di un quarto dei propri terreni in agricoltura biologica entro il 2030. Sembra una data lontana ma sei anni sono una miseria. Il punto non è neanche la transizione ecologica, sacrosanta, ma il fatto che queste decisioni siano state calate dall'alto a tutto il comparto, senza dare modo ai contadini di organizzarsi o poter dire la propria. Tutte le decisioni sono state lanciate senza dare un paracadute concreto ai lavoratori.
Per questo motivo in ogni Paese gli agricoltori stanno scendendo in piazza, accompagnando le proteste per il Green Deal a ragioni nazionali. Proprio su questo tema batte la "difesa" di Francesco Lollobrigida, ministro dell'Agricoltura: lui è dalla parte degli agricoltori e dice che la differenza tra le proteste italiane e quelle estere sta nel fatto che in Italia "non c'è un governo da convincere come sta avvenendo in altre nazioni".