Tempo di vino novello. Il mese di novembre, e San Martino in particolare, è dedicato a questo particolare vino e a questi calici di rosso che accompagnano le castagne. Attenzione però a non confondere il novello con il vino nuovo. E anche con il "cugino" francese Beaujolais ci sono importanti differenze. Ecco come nasce, il metodo di produzione e in cosa si distingue il vino novello dal prodotto francese.
Il vino novello è il primo dell’anno, esce a Novembre e non a caso in molte feste e sagre si abbina alle caldarroste. Sono trascorsi appena due mesi – in alcuni casi anche meno – dalla vendemmia e il novello risulta essere, diciamo, il succo in anteprima dell’ultima annata.
Ritenuto a lungo un sottoprodotto del vino etichettato, il vino novello sta riguadagnando terreno negli ultimi anni grazie alla ricerca di vini più leggeri e facile da consumare in tavola, con un occhio ai gradi alcolici e l’altro al portafoglio. I suoi inizi parlano francese però. Sono i produttori della zona del Beaujolais che, cercando un modo per valorizzare e rilanciare il proprio vino, prodotto da uve Gamay e considerato meno pregiato della vicina e nota Borgogna, lanciando il Beaujolais nouveau, da cui prende ispirazione il nostro novello.
Il vino novello nasce con la cosiddetta macerazione carbonica che si effettua riempendo di grappoli d’uva vasche d’acciaio chiuse ermeticamente e sature di anidride carbonica. L’uva rimane all’interno per circa 5-10 giorni ad una temperatura di 30 gradi. Questo tipo di vinificazione permette di agevolare la produzione di sostanze profumate e di glicerina – che dona morbidezza al vino – mentre nell’uva, ancora intera, avviene il processo della fermentazione intracellulare senza l’introduzione di lieviti, che vengono invece aggiunti in un secondo momento.
Al termine di questo procedimento il mosto viene pigiato e trasferito nei tini di fermentazione dove, nel giro di qualche giorno, gli zuccheri finiscono di trasformarsi in alcol. Il vino che se ne ottiene ha un titolo alcolometrico intorno all’11%, ha aromi primari intensi e freschi di viola, di rosa e frutta rossa, andrebbe consumato entro i sei mesi dalla messa in bottiglia perché non è un vino adatto all’invecchiamento.
Solitamente i novelli ben si abbinano ai dolci ma sono anche utilizzati per aperitivi a base di salato dove il contrasto fra i due gusti, se ben associato, può esaltare sia il vino che il cibo. Le bottiglie di novello si allontanano da quelle dei cugini francesi per alcuni motivi. Innanzitutto in Italia può essere utilizzato qualsiasi vitigno – quindi non solo Gamay come in Francia – e la macerazione carbonica può riguardare anche solo il 40% delle uve. Inoltre dal 2012 il novello può essere immesso sul mercato già dalle 00.01 del 30 ottobre – e dunque anticipa quello francese.
Partiamo dalla AOC, ovvero l’appellation d'origine contrôlée, analoga all'italiana Doc, che si trova nei pressi di Lione. Distinzione importante da fare subito è tra Beaujolais e Beaujolais nouveau.
Il primo, di gran lunga più famoso, può vantare ben 10 crus – appezzamenti vitati di pregio – prodotti a nord, sulle colline granitiche dell’Haut Beaujolais (Brouilly, Chénas, Chiroubles, Côte-de-Brouilly, Fleurie, Juliénas, Morgon, Moulin à Vent, Régnié e Saint-Amour); il secondo, se pur prodotto con la stessa uva della zona, ovvero con il Gamay (per estensione, Gamay noir à jus blanc, un incrocio tra l’antico Gouais Blanc e il Pinot Noir), non vede una goccia del vino prodotto con i crus. La moda del Beaujolais nouveau, alimentata da imponenti campagne di marketing partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, ha però da tempo oltrepassato i confini francesi.
A partire dalla mezzanotte del terzo giovedì di novembre di ogni anno, il Beaujolais nouveau viene spedito in tutto il mondo e sono oltre un centinaio i festival nella zona di produzione legati alla sua popolarità. Il più famoso fra i festival – Les Sarmentelles – si tiene nella città di Beaujeu: prende il via in prima serata il giorno precedente al Beaujolais nouveau, dura cinque giorni e prevede degustazione di vini, musica dal vivo e balli.
C'è anche un concorso di degustazione con tutti i dodici denominazioni di Beaujolais, in cui il vincitore guadagna il proprio peso in Beaujolais-Villages. Lo slogan tradizionale usato nelle campagne pubblicitarie e materiale di marketing, Le Beaujolais nouveau est arrivé (che si traduce in "Il nuovo Beaujolais è arrivato"), è stato cambiato nel 2005 per "il momento Beaujolais Nouveau". L’alta ristorazione inoltre può vantare grandi nomi da queste parti: ci sono i ristoranti Paule Bocuse e Georges Blanc’s ed entrambi hanno questi vini in carta.
Nonostante il vino nuovo fosse conosciuto fin dall’antichità, il mercato del novello si è sviluppato solo negli ultimi anni: nell’antichità e nel Medioevo il consumo era prevalentemente rivolto verso vini destinati all’invecchiamento. Tuttavia, una parte consistente del vino prodotto ogni anno veniva messo subito in commercio, soprattutto per questioni logistiche, dato che i produttori raramente avevano la possibilità di conservare a lungo il vino. Il vino nuovo, dunque, è sempre esistito, ma non è il novello di oggi.
La dicitura "vino novello" è normata dal D.M. 13 luglio 1999, modificato in seguito dal D.M. 13 agosto 2012. La normativa stabilisce che i vini novelli prodotti in Italia devono avere designazione Dop e Igp e vengono prodotti con il metodo della macerazione carbonica per un quantitativo minimo del 40% della massa.
Poco più di dieci anni fa il novello registrò lungo la Penisola un bel successo, mettendo in commercio fino a 18 milioni di bottiglie; oggi i numeri parlano di circa due milioni. All’origine del calo di produzione – e dunque di successo – c’è una serie di fattori: la limitata conservabilità, la tecnica di produzione più cara di quella tradizionale, l’utilizzo delle uve destinate in passato al novello a vini altrettanto giovani e freschi. In fatto di date il vino novello italiano è ufficialmente "nato" nel 1975, ad opera di Angelo Gaja con il "Vinot" e dei Marchesi Antinori con il "San Giocondo". Ma già nel 1973 in Valtellina la Nino Negri produsse un novello con il nome di Primizia. Ha anche una sorta di santo patrono, San Martino. Il suo consumo festaiolo infatti è l’11 novembre, il giorno dell’estate di San Martino, in cui si spilla il vino nuovo e si inizia il riposo dalle fatiche della campagna.