Il rognone è una frattaglia della cucina povera che si presta per diventare protagonista di ricette raffinate, soprattutto quello di vitello. Per prepararlo ci vogliono molte attenzioni: necessita di essere spurgato per eliminare impurità e per ingentilire odore e sapore.
Il rognone è un organo che appartiene al cosiddetto quinto quarto, parti meno pregiate dell’animale che storicamente, però, sono state protagoniste della cucina povera e contadina. Le frattaglie possono essere considerate come un ingrediente antispreco che ha radici antiche: insieme al cervello, al cuore o alla trippa, il rognone era un avanzo della macellazione che i contadini o i lavoratori dei mattatoi portavano a casa e preparavano in modo semplice, dando vita a diverse ricette della tradizione che negli ultimi anni sono sempre più rivalutate, grazie alla riscoperta di materie prime autentiche e una maggiore attenzione alla sostenibilità.
Anatomicamente, in questo caso ci si riferisce al rene di animali come il bovino (vitello e manzo), il suino o l’agnello, che si rifà al termine francese rognon, a sua volta di derivazione latina “ren, renis”. A seconda dell’origine le caratteristiche organolettiche cambiano, con i rognoni degli esemplari giovani che sono generalmente più delicati e teneri e quelli degli adulti più forti di gusto e compatti. Per esempio, il rognone di manzo ha un sapore più deciso di quello di vitello, mentre quello di maiale è intenso, con texture leggermente più granulosa e quello di agnello si distingue per una nota dolciastra. Anche la forma è diversa: nei suini e negli ovini è quella tipica a fagiolo, mentre nei bovini si presenta con una superficie lobata. Il colore è per tutti rossastro e all’esterno il rene è coperto di grasso. Dal punto di vista nutrizionale, è una frattaglia composta in prevalenza da proteine e povera di lipidi, con un apporto calorico che va dalle 100 alle 120 kcal per 100 grammi a seconda della provenienza. È una fonte importante di vitamine del gruppo B e contiene minerali come ferro, zinco e selenio. Tuttavia, è anche relativamente alto il suo livello di colesterolo, facendone un alimento da consumare con molta moderazione. Nonostante il suo aspetto non sia tra i più incoraggianti, il rognone quando preparato correttamente si rivela una vera e propria specialità, molto raffinata.
Per preparare una ricetta con il rognone, questo deve assolutamente essere freschissimo, da consumare appena comprato o tenuto in frigorifero per un massimo di 24 ore. Come riconoscerlo? La consistenza sarà turgida, liscia, senza pieghe, il colore chiaro, non opaco: niente macchie scure o segni di ossidazione. L’odore, invece, non sarà sgradevole: di solito è lieve, ciò che conta è che non presenti sentori di ammoniaca o sia troppo accentuato. Il grasso deve essere bianco brillante, e sodo. Il consiglio è quello di acquistarlo da un macellaio di fiducia, che possa così garantire la qualità del prodotto.
Prima di cucinarlo, il rognone deve essere trattato con cura, proprio come si richiede in genere a tutte le frattaglie, specie quelle che hanno a che fare con organi che entrano in contatto con l'apparato digerente (tipo la pajata) e urinario. La pulizia inizia con una sciacquatura sotto l’acqua corrente e la rimozione della membrana esterna che avvolge il rene e della concentrazione di grasso nella parte centrale, dove si trovano anche residui di sangue e i dotti che trasportano l’urina, responsabili di un odore davvero poco piacevole se non eliminati con cura. Il rognone, per questo, deve essere inoltre spurgato: dopo questa fase lo si può immergere in acqua fredda con succo di limone e aceto, dall’una alle tre ore, a seconda che si tratti di un animale giovane o meno, cambiando l’acqua una volta. Alla fine si passa sotto l’acqua corrente e si asciuga.
Altrimenti lo si può tagliare a pezzetti e metterlo in ammollo nel latte per circa 2-3 ore. Questi procedimenti non solo aiutano a eliminare eventuali impurità, ma contribuiscono anche a rendere il gusto del rognone più delicato e gradevole. Nel caso sia di manzo, è possibile anche compiere una precottura, saltandolo in padella per pochi istanti una volta tagliato, per poi impiegarlo nella ricetta scelta.
Il rognone non deve subire lunghe cotture, pena una consistenza stopposa: il più versatile è quello di vitello, grazie a un buon equilibrio tra morbidezza e sapidità. Via libera alle diverse declinazioni in padella o alle ricette in umido, da abbinare a fondi, brodi o salse che ne mantengono la succosità, come spesso avviene nella gastronomia francese. Due esempi sono il rognons à la moutarde e il rognons de veau à la bordelaise: il primo è il rognone rosolato nel burro, sfumato con il cognac (anche in versione flambé) e poi finito di cuocere in una salsa a base di panna e senape (un po’ come si fa con il filetto al pepe verde), mentre la seconda preparazione vede il rognone di vitello cotto nel vino rosso Bordeaux e servito con il suo fondo ristretto.
Uno dei modi più classici della nostra tradizione per portare in tavola questa frattaglia è il rognone trifolato, che ne prevede la cottura in padella con olio, aglio, prezzemolo e vino bianco. La permanenza sulla fiamma deve essere breve per evitare che diventi troppo duro e gommoso: bastano infatti pochi minuti (una quindicina) per ottenere una texture tenera e un sapore equilibrato. Ottimo da accompagnare con purè di patate o verdure cotte, come bietole o spinaci. C’è chi lo fa anche grigliato: si taglia a fette spesse, si marina con olio, erbe aromatiche e limone, e poi si cuoce rapidamente sulla brace. Questo tipo di preparazione è particolarmente adatta per rognoni di agnello o di vitello, che hanno una carne più tenera e un sapore meno intenso rispetto a quelli di manzo o maiale.