Affumicato, speziato, leggermente dolce; il riso jollof è un piatto irresistibile, diffuso in tutta l’Africa Occidentale e così amato da scatenare grande rivalità per le sue origini. Si presta ad accompagnare carne o pesce ed è una vera delizia tutta da scoprire.
Tra i tanti piatti squisiti che arrivano dalla gastronomia africana, di cui uno dei più celebri è il cous cous , il riso jollof spicca per il suo gusto tutto particolare. Si tratta di una preparazione tipica dell’Africa occidentale subsahariana ed è talmente amato da aver scatenato una vera e propria rivalità tra Senegal, Ghana, Nigeria e altri paesi limitrofi riguardo alla sua origine e al modo più autentico di prepararla. Il riso jollof, infatti, è uno di quei piatti che esiste in innumerevoli versioni: ogni paese ha la sua particolare ricetta, che però varia anche da città in città, persino da famiglia a famiglia. Quello che è sicuro è il gusto, sempre irresistibile, caratterizzato da un forte sapore di spezie e da un retrogusto dolciastro dato dall’uso del pomodoro.
Questo delizioso riso è una ricetta “di famiglia”, una di quelle da preparare per le cene tra amici o tra parenti, il classico piatto dei giorni di festa. Cotto in un tegame, di solito si cuoce insieme alla carne, al pesce o alle verdure stufate.
Il riso jollof, conosciuto anche come benachin o riz au gras, è uno stufato di riso dal tipico colore rosso-arancione dovuto agli ingredienti che lo compongono, tra cui non mancano mai pomodori, cipolle, peperoni e spezie, che variano a seconda della regione in cui viene cucinato.
È un piatto dalla cottura a fuoco lento che di solito viene accostato ad altre verdure stufate, alla carne di pollo o di manzo e soprattutto al pesce, ed è una ricetta molto antica. Diffuso in tutta l’Africa occidentale, specialmente in paesi come Ghana, Nigeria, Gambia, Sierra Leone, Liberia e Camerun, il riso jollof si consuma in particolare nelle occasioni di ritrovo e nelle festività più importanti, spesso accompagnato da contorni come platani fritti o budino di fagioli.
Come tutti i piatti tradizionali antichi, anche le origini del riso jollof sono poco chiare ed esistono varie teorie riguardo alla sua nascita. Una delle più accreditate vuole che lo stufato sia stato inventato tra il XIV e XVI secolo sotto il regno Wolof o Jolof (da cui deriverebbe il nome), un impero che sorgeva dove attualmente ci sono Senegal, Gambia e Mauritania.
Il nome combacia e inoltre sappiamo che la coltivazione del riso africano fiorì in quest’area, quindi non è difficile immaginare che la ricetta sia nata qui e si sia diffusa con l’espansione dell’impero, assumendo diverse sfumature in base agli ingredienti, alla cultura e alle tradizioni locali con cui entrava in contatto.
È molto probabile che la ricetta originale fosse un po’ diversa: gli ingredienti attuali, infatti, comprendono alimenti non africani. La versione del riso jollof diffusa oggi è nata dunque in seguito alle colonizzazioni, quando i colonizzatori introdussero in Africa ingredienti importati dai loro paesi. Un esempio perfetto è il pomodoro, portato dalla dominazione portoghese e oggi parte fondamentale del riso jollof.
Non è facile stabilire un’unica ricetta per il riso jollof: oggi ogni paese dell'Africa occidentale ne ha almeno una variante, e ogni famiglia poi aggiunge la propria personale interpretazione. Anche se molti punti possono cambiare, però, ci sono dei capisaldi presenti in ogni versione.
Il riso jollof, infatti, non può essere definito tale senza riso africano o basmati, pomodoro, concentrato di pomodoro, cipolla, peperoni rossi, aglio, erbe aromatiche e varie spezie, generalmente noce moscata, zenzero, cumino, peperoncino. È proprio questo mix di ingredienti, infatti, a determinare il caratteristico colore rosso-arancio del riso e il suo gusto, speziato ma dal retrogusto pungente e dolciastro.
La preparazione richiede cotture lunghe e molta pazienza. Nella versione con la carne, per esempio, l’ingrediente viene speziato e cotto in brodo, poi fritto oppure in alternativa anche rosolato. Il riso viene cotto nello stesso brodo mentre a parte si prepara una salsa composta dalle spezie, gli ortaggi e le erbe aromatiche. È questo il vero cuore della preparazione, quello che rende il piatto un’esplosione di gusto.
Quando il riso ha assorbito il liquido si sposta nella salsa, si aggiunge la carne e si finisce di cuocere allungando con il brodo caldo, un po’ alla volta a mano a mano che si asciuga. Per quanto riguarda il mix di spezie si può creare a piacere, ma esiste anche un mix apposito per il riso jollof reperibile nei negozi di cucina etnica.
Partendo da questo insieme di ingredienti di base nascono tantissime varietà e interpretazioni diverse del riso jollof. Per esempio in Senegal, sede dello storico impero Wolof, il piatto si chiama thiebou dienn ed è una versione più elaborata che incorpora pesce affumicato o fresco, crostacei e verdure. La versione più semplice a base di carne si chiama invece cheeb u yapp.
In Ghana preferiscono usare riso basmati o thailandese, insaporito con chiodi di garofano, noce moscata o cannella, in Nigeria invece si utilizza riso parboiled a grani lunghi condito con pomodori, peperoncino habanero, peperoni rossi e cipolle, e si cucina sulla brace dando così al piatto una lieve nota affumicata. E ancora in Camerun si aggiungono spesso i peperoni rossi per aggiungere vivacità e dolcezza al piatto, in Liberia il riso jollof si arricchisce con peperoncini piccanti e olio di palma e in Gambia talvolta si aggiungono lumache affumicate.
La diffusione del riso jollof non si limita ai paesi africani ma va molto oltre proprio per il discorso del colonialismo. I coloni non hanno solo portato in Africa i loro ingredienti ma hanno anche riportato in patria le ricette apprese nelle colonie, dando vita a tutta una serie di contaminazioni culturali.
Per esempio è facile ritrovare il riso jollof nell’origine del jambalaya, celebre piatto della Louisiana che ricorda molto da vicino la pietanza africana sia nel tipo di ingredienti usati sia nel modo di cuocerli. E che dire della paella spagnola? Non è difficile notare, anche un questo caso, delle affinità con la ricetta africana.