Fettine di carne succose, contorni sfiziosi, marinature e fermentazioni: tutto questo e molto di più è il gogihui, ovvero il Korean BBQ che piace sempre di più. Conosciamolo meglio.
Il barbecue coreano si potrebbe definire come un’esperienza collettiva che vede protagonista il cibo. Ci si siede attorno a un tavolo con posizionata al centro una griglia a gas o a carbone dove ogni commensale cuoce la propria porzione di carne, in un clima di massima condivisione. Il gogihui è un modo di grigliare diverso da quello americano o di altre nazioni: arriva da una tradizione secolare e sta sempre più prendendo piede anche da questa parte del mondo grazie alla recente passione nei confronti della Corea e della sua cultura, dalla musica k-pop al cinema, passando ovviamente per la gastronomia, tanto che qualche ricetta l'abbiamo scoperta proprio attraverso le serie tv, come il gimbap dell'Avvocata Woo.
In cosa consiste il Korean BBQ? Si tratta di un pasto composto da fette di carne arrostite che vengono accompagnate da piccoli contorni, chiamati banchan (uno tra tutti il kimchi). Il punto forte sono le marinature e le fermentazioni, che danno a questa tipologia di barbecue il suo carattere distintivo. Uno dei piatti più celebri è il bulgogi: fette sottili di manzo che vengono prima marinate in quello che è uno dei condimenti più classici, a base di salsa di soia, zucchero di canna, aceto di vino, olio di sesamo, polpa di pera nashi e poi grigliate. Non fermiamoci qui, ma andiamo alla scoperta di altri dettagli.
Il barbecue coreano come lo conosciamo oggi ha iniziato a svilupparsi intorno agli anni ‘50, subito dopo la fine della Guerra di Corea, con l’introduzione da parte dell’esercito americano delle affettatrici e di metodi moderni per grigliare, che permettono di ottenere dei tagli di carne particolarmente sottili e di far diffondere questa tipologia di cottura su larga scala, abbattendo i prezzi: la sua storia, però, risale a secoli e secoli addietro. Le prime testimonianze, infatti, riguardano la dinastia Goguryeo (37 a.C. – 668 d.C.), quando la carne di manzo alla griglia era uno dei piatti più apprezzati dai reali: si preparava sotto forma di spiedo, chiamato maekjeok, eredità dei Maek, una tra le tribù nomadi provenienti dalla Siberia e dall’Asia Centrale da cui discendono i coreani.
Con l’arrivo del Regno di Goryeo (919 d.C.) il consumo della carne subisce uno stop di quasi cinque secoli in quanto il buddismo diventa la religione ufficiale: tra i precetti c’è il divieto di mangiare animali, favorendo così un’alimentazione vegetariana, che porta a “sperimentare” con i vegetali, tanto che gli antenati dei banchan si possono trovare qui, quando per necessità vengono inventati molti piatti a base di verdure. Si torna a una normalizzazione e diffusione della carne tra il XIII e XIV secolo, con l’invasione dei Mongoli e l’avvento della dinastia Joseon, che dura fino al 1910. Durante questo tempo il maekjeok si evolve: da “proto bulgogi" diventa il bulgogi vero e proprio, con il manzo tagliato a fettine sottili, marinato e cotto sulla griglia. Nella storia del barbecue, il bovino è stato a lungo appannaggio delle classi più abbienti, mentre il maiale, che era più economico, di quelle popolari: distinzione che è sostanzialmente sparita negli anni ‘90, con il bulgogi superstar per ogni tipo di budget.
Nel Korean BBQ i piatti principali di carne e i contorni banchan hanno sostanzialmente la stessa importanza: difficile, infatti, sia che lo si faccia in casa, sia al ristorante, che queste portate non vengano presentate insieme, in quanto complementari. La carne è soprattutto di manzo o di maiale, meno frequente il pollo. Nel primo caso, le pietanze più conosciute sono appunto il bulgogi, dove solitamente si usano filetto, controfiletto e rib-eye e il galbi, con le costolette che vengono anch’esse marinate nella stessa miscela classica. Del suino, invece, è particolarmente usata la pancetta, tenera e succulenta, protagonista del samgyeopsal, che la vede ridotta a fette e arrostita, ma senza marinatura, in quanto ha un elevato contenuto di grasso che ne assicura la morbidezza. Un’altra ricetta tradizionale è il dwaeji bulgogi, con la spalla o la lombata di maiale marinate in una tipica salsa fermentata coreana, gochujang, a base di peperoncino rosso, insieme a salsa di soia, zucchero, aglio, olio di semi di sesamo, zenzero e pera nashi. Sulla stessa scia, si immette anche il chicken bulgogi, realizzato con il petto o con le cosce del pollo.
Passando ai contorni, abbiamo già visto che si definiscono con il termine generale di banchan: sono allestiti sul tavolo in piattini e ciotoline e ne esistono davvero moltissime varietà. Tra i must have, praticamente immancabili, ci sono il kimchi classico, del riso bianco e un po’ di zuppa o brodo caldo, a cui si uniscono altre tantissime variazioni sul tema ortaggi e radici fermentati, come il kimchi con il daikon e il cetriolo, o marinate, tipo il tofu o la radice di loro con salsa di soia e cipollotti. O ancora è possibile che compaiano germogli di soia, spinaci, melanzane conditi con un po’ di olio di sesamo, aglio tritato, salsa di soia. Non mancano neppure bocconcini a base di pesce, come seppie o calamari essiccati in salsa piccante e a base di uova, omelette spugnose in stile tamagoyaki giapponese.
A questo punto entrano in scena altre due componenti fondamentali, ovvero la ssamjang, una salsa a base di gochujang e doenjang (pasta di fagioli di soia) con un caratteristico sapore tra l’affumicato e il dolce, e le foglie di lattuga o di perilla, che servono per comporre gli involtini ssam: il barbecue coreano, infatti, si mangia tradizionalmente creando sfiziosi wrap. Ogni commensale appiattisce una fogliolina sulla mano e spalma sopra un po’ di salsa, per poi arricchirla con i condimenti e le fettine di carne prescelti. Si arrotola il tutto, et voilà, si gusta.