La Via degli Dei è un percorso da trekking che collega Bologna e Firenze. Già tracciato da Etruschi e Romani, oggi è un itinerario adatto a chi ama le lunghe passeggiate. Tante le specialità gastronomiche lungo tutto il tragitto.
Da Bologna a Firenze, attraversando i sentieri che si snodano lungo la catena appenninica. È il percorso da sogno (chiaramente, per gli amanti del genere) chiamato Via degli Dei, una camminata per gambe forti e cuori impavidi su e giù per le alture che collegano due province e altrettante Regioni. 130 chilometri da coprire zaino in spalla tra tante bellezze paesaggistiche, architettoniche e naturali da poter ammirare durante l’itinerario.
Ci si ritroverà nel bel mezzo della Riserva Naturalistica del Contrafforte Pliocenico, si percorrerà la Flaminia militare, una strada romana costruita nel 187 avanti Cristo, si passerà davanti ora al Castello del Trebbio ora al Santuario di Monte Senario, poco fuori Firenze. Qui una sosta è quasi d’obbligo, considerata l’usanza dei frati locali di offrire ai viandanti una bevanda di propria produzione: la Gemma di Abeto. Non provate però a chiedere ai monaci la ricetta; questa è un segreto ben custodito e protetto tra le mura del convento.
Tra le tante guide inerenti i percorsi da trekking più o meno impegnativi pubblicati negli ultimi mesi, dal Sentiero Azzurro al Selvaggio Blu, passando per la Via dei Terrazzamenti o la Greenway di Como, questa è probabilmente quella con un legame più stretto con il mondo del cibo. Se non altro perché la Via degli Dei è “nata” proprio per questo motivo. Alla fine degli anni ’80 un gruppo di appassionati camminatori, membri del Cai, percorsero infatti questo tratto d’Italia partendo da Bologna con l’intenzione di arrivare a Firenze per mangiarsi una bella bistecca fiorentina.
In epoche ben più remote, comunque, il tragitto veniva solcato prima dagli Etruschi poi dai Romani, fino a diventare una strategica via di comunicazione commerciale per i mercanti del Medioevo. La Via degli Dei, insomma, alle spalle ha una storia ultramillenaria non indifferente, rievocata, riconosciuta e rispettata ogni qualvolta qualcuno percorre il medesimo itinerario.
130 kilometri totali, su e giù per l’Appennino tosco emiliano, arrivando a toccare un’altitudine massima di 1200 metri. Il nome della Via degli Dei si ispira, probabilmente, a quello delle montagne in cui ci si imbatte lungo il percorso (tra le quali, per esempio, il Monte Venere e il Monte Adone, oltre al Monte Luario ispirato alla dea romana Lua) ed è un itinerario che richiede circa 5-6 giorni per essere completato a piedi. C’è, però, pure chi lo copre in bicicletta, percorrendolo anche in un paio di giornate. Ma cosa si può vedere lungo la non indifferente passeggiata che dai portici bolognesi arriva sulle sponde dell’Arno?
La tappa iniziale è occasione buona per ammirare alcune delle meraviglie di Bologna. I già citati portici che portano verso la Basilica di San Luca, situata a poco meno di 300 metri s.l.m, poi la discesa e un tratto di percorso affiancato al placido fiume Reno, il quale ci accompagna verso l’oasi naturale di San Gherardo. Gli amanti degli animali non possono perdersi il Centro Tutela e Ricerca di Fauna Esotica e Selvatica di Monte Adone, il quale oltre a ospitare (tra le altre specie) lupi e rapaci, custodisce e protegge anche varietà esotiche come tigri, scimpanzé, rettili e procioni (importati in Italia, come si legge sul sito ufficiale, nella maggior parte dei casi illegalmente per lucro, divertimento, spettacolo e sfruttamento di vario genere).
Il Contrafforte Pliocenico, con i suoi fossili e conchiglie di mari prosciugati milioni di anni fa, e il borgo Le Croci (area dalla quale ci si può lanciare in deltaplano) sono altri due siti di interesse in cui ci si imbatte durante il percorso. La cima delle Banditacce, a 1200 metri, è il punto più alto della Via degli Dei. Nei pressi dell’abitato di Santa Lucia, già in provincia di Firenze, si può vedere ciò che resta della Linea Gotica, risalente alle seconda Guerra Mondiale.
Proseguendo lungo il percorso si incontreranno, tra le altre mete di interesse, anche il Castello di Montaccianico, nel quale nel 1302 Dante in fuga da Firenze trovò riparo, la Fortezza Medicea di San Martino e la strada panoramica che collega Fiesole (antica città di origine etrusca) a Firenze, passando per Coverciano. Sulle sponde dell’Arno, se si vuole omaggiare la memoria di coloro che più di 30 anni fa “rivalorizzarono” questo lungo percorso, potete ordinare una bella fiorentina. Dopotutto in città servono la più buona d’Italia.
Le specialità gastronomiche non mancano di certo in queste terre. Toscana ed Emilia Romagna sono, nell’immaginario collettivo, due tra le Regioni più vocate all’enogastronomia e fare una selezione delle ricette tipiche della zona non è di certo impresa facile. Se la fiorentina rappresenta la giusta ricompensa dopo tanto camminare, un bel piatto di tortellini bolognesi può rivelarsi la carica ideale prima di intraprendere questo percorso. Ma quali sono le altre prelibatezze gastronomiche che caratterizzano l’itinerario? A giudicare dalle ricette tipiche, sembra quasi una sfida tra Regioni su chi abbia la cucina più ghiotta e sostanziosa. Rispettando l’itinerario, partiamo ovviamente da Bologna.
Sua maestà la lasagna. Piatto tipico dell’Emilia e identitaria di Bologna, è una specialità alla quale difficilmente si riesce a dire di no. Realizzate con il tipico ragù, le lasagne sono una vera istituzione in città, piatto della domenica che da Bologna è riuscito poi a conquistare praticamente tutta Italia. Saziante, appagante sia per lo stomaco sia per il palato, è un must della cucina popolare cittadina. Magari meglio non ordinarla prima di incamminarsi per la Via degli Dei, si potrebbe rimanere piuttosto appesantiti nei primi chilometri del percorso. Meglio viaggiare leggeri.
Un bel panino con la mortadella: questo potrebbe rappresentare una soluzione semplice, veloce e low cost per una pausa di gusto lungo in tragitto. L’importante, ovviamente, è che la scelta della farcitura ricada sulla mortadella di Bologna, riconosciuta dal marchio Igp e realizzata con carne di puro suino.
Una delle preparazioni più note e caratteristiche della cucina emiliana: la crescentina. Chiamata anche tigella o gnocco fritto (a seconda della zona), si tratta di un piccolo disco o quadrato di pasta (solitamente la stessa pasta del pane), steso col matterello e poi fritto nell'olio o cotto in appositi stampini. Un antipasto sfizioso, semplice e veloce, reso ancor più gustoso da salumi e formaggi locali.
D’accordo, non sarà sicuramente la stagione adatta per piatti brodosi, ma davvero non ce la sentivamo di parlare della gastronomia bolognese senza citare i passatelli. Se durante i mesi più freddi dell’anno è quasi un must assaporarli nel brodo caldo (come vorrebbe la ricetta originale), quando i gradi iniziano a salire nulla toglie dal poterli mangiare “asciutti”, perché no semplicemente con basilico e tocchetti della mortadella sopra citata. Per il resto, de gustibus.
Si entra in Toscana e la pappa al pomodoro è la prima ricetta tipica regionale che incontriamo lungo il tragitto. Semplicità, gusto e abbondanza le parole chiave di una preparazione di estrazione contadina raccontataci anche da Valeria Piccini, la chef del due stelle Michelin Ristorante Caino. Un piatto da mangiare caldo o freddo, a seconda della stagione, capace di mettere d’accordo praticamente tutti i palati.
Abbiamo già citato i tortellini tipici di Bologna, la Toscana risponde con un’altra pasta ripiena, tipica specialmente della parte alta della Regione: i tortelli alle patate. Queste vengono bollite con tanto di buccia, poi spelate solo in un secondo momento prima di essere schiacciate, ottenendo un purè molto liscio. Parmigiano, uova, noce moscata e pepe per arricchire il ripieno.
Molto gustoso e al contempo molto povero, nell’estrazione degli ingredienti. La trippa alla fiorentina è un secondo piatto di origine contadina, nato per recuperare quanto possibile dal maiale, in primis i tagli considerati “di scarto”. Cotta in un soffritto di cipolle, carote e aglio, la trippa è poi condita con sale, peperoncino e pomodori pelati, poi il tutto viene cotto finché l’acqua della trippa e dei pomodori non si ritira completamente. Una grattugiata di parmigiano e dell’olio extravergine di oliva a completare il tutto.
Se per quanto riguarda Bologna abbiamo parlato del panino con la mortadella, una volta arrivati a Firenze per par condicio non possiamo non citare pane e lampredotto. Uno degli street food più popolari e ricercati della città, ricavato da "tagli" di scarto del bovino adulto (stavolta si parla di uno dei quattro stomaci dell'animale, l'abomaso). Generalmente bollita e tagliata al momento dal trippaio di turno, la carne va a riempire un grosso panino da gustarsi, perché no, all'ombra della straordinaria cattedrale di Santa Maria del Fiore.
La gastronomia di Emilia Romagna e Toscana è ricca anche di preparazioni dolci. Partendo sempre da Bologna e arrivando nella città di Dante citiamo, tra le altre ricette, la torta di riso e gli zuccherini montanari, ma anche i celebri cantucci toscani, la schiacciata con l’uva, i cenci o ancora la schiacciata alla fiorentina (queste ultime, però, ricette più diffuse a Carnevale). Anche gli amanti degli sfizi zuccherati, insomma, non rimarranno delusi.