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20 Maggio 2023 11:00

Cosa vedere e cosa mangiare a Palermo: guida allo street food cittadino

Quali sono gli street food più iconici e diffusi di Palermo? Cosa si può mangiare tra le vie cittadine? Cosa negli storici mercati di Ballarò e Vuccirìa? Alla scoperta del cibo da strada del capoluogo siculo.

A cura di Alessandro Creta
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Si vucia s’abbannia, Ballarò è magia”. Una delle scritte a muro più fotografate e riconoscibili del quartiere di Ballarò, sede del mercato probabilmente più famoso di tutta la città. Stavolta ci troviamo a Palermo e ci viene da dire “Benvenuti al sud”, parafrasando un celebre film con Claudio Bisio di qualche anno fa, per questo tour della città alla scoperta delle ricette da strada più identificative e simbolo del capoluogo siciliano.

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Tante di queste ricette non possono che arrivare proprio da Ballarò, in cui lo street food regna sovrano e con lui i suoi odori, i sapori ma anche le grida degli ambulanti che, quasi a gara l’uno con l’altro, invitano i turisti e i semplici passanti ad assaporare le loro specialità. Ora fritte ora bollite. Non è di certo un mercato silenzioso quello di Ballarò, ma in fin dei conti quale mercato cittadino non è rumoroso, e non a caso la traduzione italiana della frase sopra citata è “Si grida, si pubblicizza oralmente, Ballarò è magia”. Una frase che la si capisce per bene solamente visitandolo Ballarò (così come la Vucciria, sede dell'altro storico mercato), lasciandosi conquistare e sedurre dal suo spirito simile a quello di una festa perenne, caotica e apparentemente incontrollabile. In cui il cibo è, comunque, assoluto protagonista.

Cosa vedere a Palermo

C’è l’imbarazzo della scelta per quanto riguarda le bellezze artistiche, culturali e storiche del capoluogo siciliano. Lo stile arabo lo si nota praticamente in ogni via del centro: impossibile dopotutto il contrario, dati gli anni di dominazione musulmana iniziata poco prima dell’anno mille. Testimonianze architettoniche sono presenti e inconfondibili, anima ed essenza palermitana così come il cannolo oppure l’arancina (qui rigorosamente al femminile). Prima di immergerci tra le bancarelle di street food di Ballarò scopriamo quindi alcune meraviglie della città.

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Impossibile non citare il maestoso teatro Massimo, set d’eccezione anche del finale del Padrino parte III. Difficile non rimanere meravigliati di fronte alla grandezza e magnificenza della Cattedrale, dal 2015 anche tra i Patrimoni dell’umanità Unesco. Il Duomo è dedicato alla Santa Vergine Maria Assunta in Cielo e al suo interno sono anche conservate le reliquie di Santa Rosalia. La Cappella Palatina è una basilica in stile siculo-normanno anch’essa patrimonio Unesco dal 2015. All’interno imperdibile la grande raffigurazione del Cristo Pantocreatore. Sempre parlando di chiese, e avvicinandoci anche al tema gastronomico, citiamo la chiesa di Martorana, dove leggenda vuole sia nata la famosa ‘frutta’ a base di pasta di mandorle. L’orto botanico è un altra destinazione da non perdere mentre è iconica, nell’omonima piazza, la fontana Pretoria, conosciuta dai palermitani come la “Fontana della Vergogna” per via della nudità delle statue tutte attorno.

Cosa mangiare a Palermo: i migliori street food

Non ce ne vogliano gli anelletti al forno o i cannoli (entrambe preparazioni che amiamo), ma stavolta cerchiamo di scavare più nell’underground gastronomico cittadino, scoprendo specialità forse non così conosciute da tutti.

1. Panino con la milza

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Per chi volesse mangiare il famoso panino a base di milza può chiedere, in dialetto, il pani câ meusa. Si tratta di una delle specialità più note dello street food palermitano, non adatta a tutti gli stomaci. Gli amanti del quinto quarto lo adorano, chi non è avvezzo ai tagli ‘di scarto’ invece rimarrà un po’ più sulle sue. Fatto sta, il panino con la milza è un simbolo della gastronomia povera cittadina. Spesa minima per una pietanza ricca e abbondante, a base di pane, milza, trachea e polmone di vitello.

2. Arancina

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E come non citare lo street food forse simbolo della Sicilia. Occhio alla corretta declinazione: qui rigorosamente “fimmina”, e non maschile come invece è tipica nella provincia di Messina. Le palle di riso sono un’autentica specialità: al ragù o al burro, come le chiamano qui, must imperdibile per chiunque visiti la città.

3. Panella

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Se si dice spesso come le cose migliori siano anche le più semplici, la panella probabilmente incarna al meglio questa massima. Una frittella a base di farina di ceci da mangiarsi camminando magari per le vie della città, cotta in pentola prima qualche minuto a fuoco basso quindi fritta in olio di semi. Quasi come le ciliegie, una panella tira necessariamente quella successiva. Per i più ghiotti c’è la versione panino: pane e panelle. What else?

4. Sfincione

sfincione palermitano

Amanti delle focacce, qui c’è qualcosa che fa al caso vostro. Lo sfincione è tra gli street food più rappresentativi e famosi di tutta la gastronomia palermitana. Una focaccia alta, soffice, con abbondante pomodoro, molte cipolle stufate, origano, caciocavallo, acciughe e pane grattato. Quelli di stomaco forte lo mangiano già per colazione.

5. Stigghiola

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Altra preparazione divisiva, sicuramente una di quelle che non mettono proprio d’accordo tutti. Anche in questo caso ci troviamo a parlare di quinto quarto, nello specifico di budella di agnello (a volte anche di capretto o vitello), condite con prezzemolo, cipolla e infilzate in un piccolo spiedo. Il tutto cotto sulla brace al momento e servito ai passanti attirati dal richiamo di un profumo inconfondibile.

6. Purpu vugghiutu

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Il polpo bollito, perché dopotutto ci troviamo sempre in una città portuale quindi non possono mancare prodotti che arrivano dal mare. Nell’immenso mercato di Ballarò così come in quello della Vuccirìa sempre presenti ambulanti che propongono questa specialità. Il polpo viene bollito all’istante, tirato fuori dall’acqua e tagliato al momento, servito con una spruzzata di limone al passante che già pregusta uno dei cibi da strada più in voga di tutta Palermo.

7. Mussu e carcagnuolu

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Analogamente al pere e o muss napoletano, anche qui gli scarti più poveri del manzo vengono recuperati, riarrangiati per essere poi proposti come cibo di recupero, da strada. Tra le vie palermitane possiamo trovare in “tag” muso e garretto, tagli tra i più poveri che (retaggio contadino) pur di non esser scartati vengono proposti bolliti e conditi con sale e limone.

8. Rascatura

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Il concetto di recupero conosce forse il suo massimo exploit nella rascatura. I recipienti in cui vengono eseguite le fritture vengono, per l’appunto, raschiate, per recuperare il più possibile delle cotture già avvenute. Vengono in questo modo recuperati le rimanenze d’impasto soprattutto delle panelle e dei crocché. E il tutto viene poi nuovamente fritto.

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Quello che i piatti non dicono
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