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19 Marzo 2025 15:00

Cosa sono i solfiti e perché si aggiungono al vino? Ecco a cosa serve l’anidride solforosa

I solfiti sono composti chimici contenenti zolfo, comunemente utilizzati come conservanti nell'industria alimentare, inclusa la produzione del vino. Prevengono l'ossidazione del vino, mantenendo intatte le sue caratteristiche organolettiche nel tempo e inibiscono la proliferazione di batteri e lieviti indesiderati, garantendo la stabilità microbiologica del prodotto.

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Quando ti trovi di fronte a una bottiglia di vino, probabilmente ti è capitato di notare la dicitura "contiene solfiti". Ma cosa significa esattamente? E perché questi solfiti sono così diffusi nel mondo del vino? I solfiti sono composti a base di zolfo, in particolare anidride solforosa, utilizzati per le sue proprietà conservanti e antisettiche. Si trovano naturalmente nel vino ma in piccole quantità perché vengono prodotti dai lieviti durante la fermentazione alcolica. La quantità è troppo ridotta però per avere un effetto sul prodotto e quindi non garantisce la stabilità del vino nel tempo. Per questo motivo molti produttori aggiungono i solfiti durante il processo di ossidazione così da proteggere il prodotto durante questa fase. I solfiti aiutano a mantenere inalterato il colore del vino e protegge gli aromi. Impediscono anche lo sviluppo di batteri e lieviti indesiderati che potrebbero alterarne il sapore. In altre parole, aiutano a garantire che il vino rimanga buono e stabile fino al momento in cui lo verserai nel bicchiere.

Cosa sono i solfiti e perché si aggiungono al vino?

I solfiti, o più precisamente l'anidride solforosa (SO2), sono composti chimici utilizzati nel vino per le loro proprietà antisettiche e antiossidanti. Essi svolgono una duplice funzione:

  • Protezione dai microrganismi: i solfiti inibiscono la crescita di batteri e lieviti indesiderati, preservando il vino da alterazioni e difetti.
  • Prevenzione dell'ossidazione: i solfiti contrastano l'ossidazione, un processo che può compromettere la freschezza e la qualità del vino, alterandone colore e aroma.

È importante notare che i solfiti si formano naturalmente durante la fermentazione alcolica, seppur in piccole quantità. I produttori aggiungono ulteriori solfiti per garantire la stabilità e la longevità del vino, specialmente in quelli destinati all'invecchiamento. Per questo è meglio parlare di vini con solfiti aggiunti (la maggior parte) e senza solfiti aggiunti.

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Realizzare un vino destinato all'invecchiamento senza l'utilizzo di solfiti è particolarmente ostico. La loro aggiunta infatti è fondamentale per la produzione di vini destinati a essere consumati a distanza di anni dalla vendemmia. Si può pensare di poterli realizzare vini senza solfiti, ma sono destinati a essere bevuti giovani, in particolar modo per quanto riguarda i rossi. Non aggiungere la solforosa nei bianchi invece comporta elevati rischi di ossidazione. Va specificato come proprio per questa loro azione antiossidante i solfiti sono utilizzati anche nell'industria alimentare, tra marmellate, insaccati, succhi di frutta, prodotti sott’olio solo per fare qualche esempio. Non sono quindi esclusiva del settore enoico, sebbene il loro nome sia principalmente ricondotto e riconducibile al mondo del vino.

Quali solfiti si aggiungono al vino?

I solfiti vengono aggiunti al vino in diverse forme chimiche, le più comuni delle quali sono il metabisolfito di potassio e il diossido di zolfo. Questi composti vengono utilizzati in momenti specifici della vinificazione:

  • All’arrivo delle uve in cantina, per prevenire l’ossidazione e lo sviluppo di microrganismi indesiderati.
  • Dopo la fermentazione alcolica, per stabilizzare il vino e impedire fermentazioni spontanee indesiderate.
  • Durante l’invecchiamento e prima dell’imbottigliamento, per assicurare la conservazione del prodotto nel tempo.

La quantità di solfiti utilizzata dipende invece dal tipo di vino come abbiamo detto. I bianchi sono più sensibili all'ossidazione rispetto ai rossi quindi necessitano di più solfiti. I rossi, grazie alla presenza di tannini e polifenoli, sono più stabili e richiedono dosi inferiori.

I solfiti nel vino fanno male?

Il tema della salubrità dei solfiti è spesso dibattuto. I vini biologici e naturali tendono a ridurre l’uso di solfiti, e in alcuni casi non ne contengono affatto di aggiunti proprio perché i produttori sostengono che facciano male e/o che alterino le proprietà organolettiche del prodotto. Come spesso accade dobbiamo andarci coi piedi di piombo sul tema della salute e, soprattutto, dobbiamo capire che è la quantità a fare la differenza tra un prodotto salutare e un prodotto dannoso. Dopotutto abbiamo imparato che perfino l'acqua in eccesso può essere potenzialmente dannosa.

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Fortunatamente ci viene in soccorso la legge in questo caso. La normativa europea stabilisce limiti precisi sulla loro quantità: per i vini convenzionali il massimo è di 150 mg/l per i rossi e 210 mg/l per i bianchi, mentre per i vini biologici i limiti sono inferiori (100 mg/l per i rossi e 150 mg/l per i bianchi). Questi limiti sono stati definiti sulla base di studi scientifici che valutano la sicurezza per la salute umana.

È importante dire che in linea di massima, in base agli studi che abbiamo fino a oggi, per la maggior parte delle persone i solfiti non rappresentano un problema. Ci sono persone più sensibili ai solfiti che possono avere mal di testa, eruzioni cutanee o problemi respiratori. È proprio per questo che la legge impone che la loro presenza venga segnalata in etichetta ma non esistono prove evidenti che trattino la pericolosità dei solfiti.

D'altra parte i solfiti sono presenti anche in molti altri alimenti, come frutta secca, marmellate e insaccati. Pertanto, l'esposizione ai solfiti non deriva solo dal consumo di vino. Un consumo moderato di questo alcolico non comporta rischi significativi per la salute, a meno che tu non soffra di allergie specifiche. È molto più pericoloso il vino in sé essendo alcol.

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