Cosa sono i solfiti e perché vengono aggiunti nel vino? Qual è la loro funzione e perché sono usati in percentuali diverse tra bianchi e rossi? Ne abbiamo parlato con un produttore.
Molti di noi in fase di acquisto di una bottiglia di vino avranno, probabilmente, fatto caso all'indicazione (nella maggior parte dei casi in retroetichetta) ‘contiene solfiti‘. In tanti forse si saranno chiesti cosa significasse questa dicitura, altri probabilmente non le avranno dato molto peso, impazienti di comprare e consumare quel vino di cui hanno sentito parlare molto bene.
Nello specifico, però, cosa significa ‘contiene solfiti' e che cosa sono questi solfiti? Per quale motivo vengono utilizzati e quale funzione hanno? Cerchiamo di fare chiarezza sulla questione nella maniera più semplice possibile assieme a chi il vino lo produce. Ha parlato con noi Milena Pepe della Tenuta Cavalier Pepe, eletta al 74° posto nella classifica del World’s Best Vineyards 2022.
Come ogni cosa ritenuta ‘non naturale', o meglio dire non naturalmente già presente nell'uva in tanti potrebbero pensare che i solfiti, in quanto aggiunti durante il processo di vinificazione, rappresentino qualcosa di negativo, poco salutare. A ben vedere questi si formano, sebbene in piccole quantità, già durante la fermentazione alcolica (e prodotti da alcuni ceppi di lieviti) e per questo possono considerarsi un sottoprodotto naturale del vino. Varia poi la percentuale aggiunta poi dai produttori durante le varie fasi della vinificazione.
Per questo è meglio parlare di vini con solfiti aggiunti (la maggior parte) e senza solfiti aggiunti. Ma andiamo con ordine: perché vengono utilizzati?
Con il termine solfiti s’intende l’anidride solforosa aggiunta al vino, in varie forme, solitamente come sali di metabisolfito di potassio. Hanno una funzione antisettica e antiossidante, prevengono lo sviluppo e la moltiplicazione di microorganismi indesiderati e riducono i rischi legati all’ossidazione del prodotto nel corso del tempo. I solfiti hanno insomma il compito di preservare il vino, agendo da disinfettante e stabilizzante. Così facendo il prodotto riesce a mantenersi meglio e per un più lungo periodo di tempo.
Realizzare un vino destinato all'invecchiamento senza l'utilizzo di solfiti è particolarmente ostico. La loro aggiunta infatti è fondamentale per la produzione di vini destinati ad essere consumati a distanza di anni dalla vendemmia. Si può pensare di poterli realizzare senza solfiti, ma sono destinati a essere bevuti giovani, in particolar modo per quanto riguarda i rossi. Non aggiungere la solforosa nei bianchi invece comporta elevati rischi di ossidazione.
Va specificato come proprio per questa loro azione anti ossidante i solfiti sono utilizzati anche nell'industria alimentare, tra marmellate, insaccati, succhi di frutta, prodotti sott’olio solo per fare qualche esempio. Non sono quindi esclusiva del settore enoico, sebbene il loro nome sia principalmente ricondotto e riconducibile al mondo del vino.
Ci dice Milena come sia fondamentale un buon monitoraggio e una continua analisi del vino per individuare il miglior momento per l'aggiunta dei solfiti, e nelle giuste dosi. Le fasi più importanti sono: all’arrivo delle uve in prefermentazione, in fase di post fermentazione alcolica o in post fermentazione malo-lattica, durante l’affinamento del vino o in pre-imbottigliamento.
Proprio per la loro funzione di difesa, diciamo così, aromi, sentori e odori non risentono dell'aggiunta di solforosa, anzi ne beneficiano. L'utilizzo di solfiti crea le condizioni igieniche ideali per la sviluppo dei lieviti, capaci in questo modo di produrre in maniera ottimale, più fine, odori e profumi. La pulizia aromatica così facendo ne beneficia, venendo enfatizzata.
Nella maggior parte dei casi il vino contiene solfiti aggiunti, oltre a quelli formatisi in modo naturale durante la fermentazione. Nello specifico sono più i bianchi a necessitare l'utilizzo di anidride solforosa: le uve dalle quali si ottengono infatti sono, per così dire, più fragili e meno strutturate degli acini rossi, caratterizzati invece dalla presenza dei tannini e antociani (sostanze che già contribuiscono a conservare il vino).
Nel caso di un bianco le uve in fase di vinificazione vengono anche private della buccia, e la difesa di eventuali antociani e polifenoli (di base inferiore alle uve rosse) viene così a mancare. In qualsiasi circostanza, comunque, l'aggiunta dei solfiti è a totale discrezione del produttore.
I solfiti vengono utilizzati maggiormente nei vini bianchi e non a caso la normativa europea per loro ne prevede limiti più alti (210 mg/l), mentre per i rossi il massimo è di 150 mg/l. Questo per i vini convenzionali: per il biologico i limiti sono più bassi: 100 mg/l per i rossi e 150 mg/l per i bianchi. Il territorio di riferimento però, specialmente per i vini di qualità, già indirizza il produttore circa il grado e la percentuale di utilizzo dei solfiti.
"Noi generalmente usiamo la metà rispetto i limiti sopra indicati – ci fa sapere Milena – il vino di qualità che proviene da zone vocate è più sicuro, perché è sotto il controllo di disciplinari che tutelano il consumatore". Il discorso si lega alle caratteristiche del terroir sul quale sorgono le vigne: "La natura offre tutto ciò che è necessario per la difesa della pianta, capace naturalmente di proteggere il vino: acidità, polifenoli, tannini in riferimento alle uve, ma anche il terroir se si pensa alla presenza di zolfo nei in particolari terreni vulcanici capaci di proteggere la pianta da alcuni agenti patogeni".
Qualcuno sicuramente si sarà chiesto se i solfiti facciano male alla salute. Generalmente il vino contiene vari additivi al suo interno, ma solo i solfiti sono segnalati. Per quale motivo? Perché essi rappresentano un allergene, e se assunti in grandi quantità potrebbero recare qualche danno alla salute in soggetti particolarmente sensibili. A grandi linee, comunque, la dose giornaliera di solfiti assumibile in sicurezza è di 0,7 milligrammi per chilo peso corporeo. In retro etichetta, però, viene solo segnalata la loro presenza, non la quantità presente.
Consumare vino in dosi moderate (come raccomandato) comunque non comporta di base grossi rischi, per quanto sarebbero da considerare anche i quantitativi assunti consumando altri alimenti che ne contengono. Deve, piuttosto, prestare maggiore attenzione chi soffre di particolari allergie.