Un'escursione a tema gastronomico tra Civita di Bagnoregio e il lago di Bolsena, alla scoperta delle ricette tipiche del territorio. Un giro tra le vie, e le tavole, di uno dei borghi più belli d'Italia (candidato Patrimonio Unesco), una passeggiata poi sulle sponde del bacino lacustre di origine vulcanica più grande d'Europa, tra carne, pesce, patate, legumi e vini.
Da una parte Civita di Bagnoregio, soprannominata la "Città che muore", dall'altra il lago di Bolsena. In mezzo poca strada, ma una grande ricchezza di materie prime caratteristiche di questa frazione di Alto Lazio dal passato storico glorioso (fu anche terra di Pontefici) e dal presente che, sotto l'aspetto culinario, probabilmente non è valorizzato come merita.
In un tour che toccherà la Città che muore e le sponde del bacino lacustre di origine vulcanica più grande d'Europa, andremo alla ricerca dei prodotti e delle ricette classiche che colorano le tavole di questa frazione di alto Lazio.
Nel viaggio che stiamo per affrontare percorreremo poche manciate di chilometri, alla scoperta di specialità tipiche che hanno contribuito a scrivere la storia enogastronomica di questa piccola frazione del Centro Italia. Formaggi, salumi, piatti a base di carne e pesce o legumi, ma anche vini e oli sono tra i must to try per qualsiasi gastroturista che si ritrova da queste parti.
Tra i borghi più famosi d’Italia, e tra le mete che il mondo ci invidia, Civita di Bagnoregio è un piccolo centro popolato da una decina di abitanti e altrettanti gatti, a metà tra il lago di Bolsena e il fiume Tevere, che rappresenta una perla turistica e paesaggistica dell’alta Tuscia.
Uno stretto ponte di 300 metri, da fare godendosi il panorama circostante oppure da percorrere tutto d’un fiato (specialmente se si soffre di vertigini), dal 1965 rappresenta l’unica (tanto suggestiva quanto impegnativa) via per arrivare nel paese.
Civita di Bagnoregio è un borgo antichissimo (le cui origini risalgono a 2500 anni fa) che, svettando quasi impassibile su uno stretto colle di natura tufacea, modellato nei secoli da terremoti ed eroso dagli agenti atmosferici, sembra incarnare appieno il motto "barcollo ma non mollo".
Percorrendo il ponte (esclusivamente pedonale) mettete in preventivo un po' di fiatone e probabilmente qualche indolenzimento alle gambe, specialmente se non siete un po' allenati. È questo però il prezzo da pagare per entrare in uno dei luoghi più mistici e affascinanti d’Italia. Civita è un vero e proprio museo a cielo aperto nel cuore di una frazione di alta Tuscia che conserva ancora tratti arcaici e primordiali, con quel cavalcavia (prima ancora una strada, crollata a seguito di un sisma) che metaforicamente collega al presente un passato millenario.
Si potrebbe dire che la ricompensa, una volta arrivati in cima, valga il prezzo del biglietto. Considerando però che l'ingresso a Civita costa appena 5 euro, possiamo tranquillamente affermare che tutto là sopra, e da là sopra, non abbia prezzo. Emoziona la vista a perdita d’occhio su tutto il territorio circostante, la Valle dei calanchi subito in basso e, in assenza di foschia e in condizioni ideali, i profili del monte Cimino, Terminillo e dell’Amiata in lontananza. Qualche scorcio di questa piccola frazione di Bagnoregio vi sarà inoltre famigliare: Civita infatti è stata location di film, programmi televisivi e spot pubblicitari, ma viverla direttamente dall’interno ha decisamente tutt’altra suggestione, tutt’altro gusto.
E proprio del gusto, quello più prettamente gastronomico, andremo a parlare nelle prossime righe.
La cultura gastronomica di questo territorio non poteva che essere di estrazione antichissima e popolare, con piatti a base di carne accompagnati da materie prime che provengono dalle zone limitrofe. I formaggi e i legumi, frutto dell’attività pastorizia e contadina locale, sono tra i prodotti più utilizzati. I colli attorno al lago di Bolsena, inoltre, rappresentano un habitat ideale per vigne e olivi, con vini e oli che troverete sulle tavole bagnoresi.
Civita di Bagnoregio è immersa nel territorio dell'Alta Tuscia, una frazione della provincia di Viterbo piuttosto ricca sotto l'aspetto gastronomico e la cucina che caratterizza il borgo inevitabilmente riflette la cultura culinaria di questa porzione di Lazio Settentrionale. Cerchiamo però di approfondire le specialità e le ricette tipiche che questa frazione da appena una decina di abitanti (ma non povero di ristoranti) può offrire, scoprendo come la Città che muore, quando si tratta di mangiare, sia invece più viva che mai.
Tipica pasta di acqua e farina fatta a mano, simile a degli spaghettoni, di estrazione povera e popolare (non tutti potevano permettersi le uova). Particolarmente diffusi nell’alto Lazio e nella bassa Toscana, variano di nome in base alla regione e al paese in cui vi trovate: umbricelli, lombrichelli, ciriole, bigoli, stringozzi solo solamente alcune delle varianti. In questa ricetta in particolare vengono conditi con tartufo nero locale e rappresentano un primo piatto particolarmente apprezzato dai turisti in visita a Civita.
Una chicca tradizionale la cui ricetta viene conservata gelosamente dagli ormai pochi che la realizzano, al punto che più di qualche bagnerese non ne è nemmeno a conoscenza. Semplificando si può parlare di una variante del pollo alla cacciatora, fatta con pomodoro e olive taggiasche, dopo aver cotto un soffritto con varie verdure ed erbe aromatiche (il tutto sfumato poi con del vino). Altri pochi custodi della ricetta "originale", però, lo ricordano come una sorta di pollo ripieno in cui il pomodoro non comparirebbe. In alternativa comunque potete provare il pollo in porchetta, un arrosto arrotolato con strisce di pancetta.
Attorno alla Città che muore si estendono grandi pascoli dai quali provengono deliziosi formaggi e prodotti caseari – per lo più pecorini e ricotte – utilizzati nelle cucine locali, ma non solo. A Civita c’è anche chi realizza un delizioso gelato a base di ricotta di pecora, proveniente da un caseificio della zona, che può essere accompagnato da una crema di nocciole del non lontano Monte Cimino (famoso nel viterbese per la coltivazione di questo frutto secco).
Acquacotta è il nome di una zuppa di erbe selvatiche, pane raffermo e uova che caratterizza la cucina dell'alto Lazio (e della bassa Toscana) attingendo a piene mani dalla tradizione povera e contadina del posto. Non poteva quindi mancare anche qua, per accogliere turisti che da posti più o meno lontani arrivano a Civita non solo per la sua bellezza paesaggistica, ma anche per la sua offerta culinaria.
A pochi chilometri da Bagnoregio si trova Celleno, piccolo comune rinominato Paese delle ciliegie per le ampie coltivazioni di questo frutto. Da qui questi prodotti arrivano anche sulle tavole della Città che muore in maniera "tradizionale" oppure sotto forma di confettura, da gustare da sola, abbinata a formaggi locali o declinata in deliziosi dessert.
Per chi vuole soddisfare la propria curiosità, paesaggistica e gastronomica, della zona, non può mancare una visita al vicino lago di Bolsena. Distante pochi chilometri da Civita e raggiungibile in meno di 20 minuti di auto, si tratta del bacino lacustre di origine vulcanica più grande d'Europa. Vari comuni si affacciano sulle sponde del lago, tutti accomunati e legati da una tradizione gastronomica molto simile e da ricette tipiche che, per forza di cose, attingono a piene mani dalle acque dolci. Poco distanti da qui, comunque, ci sono pure vasti terreni in cui si coltivano patate e legumi, per lo più fagioli, lenticchie e ceci.
Non solo piatti ricchi ma anche calici pieni: la zona attorno al lago di Bolsena si presta alla realizzazione di vini (famoso l'Est! Est!! Est!!! di Montefiascone, Doc) rossi e bianchi, ora più secchi ora più fruttati. Da queste parti c'è inoltre un'importante produzione di oli, per lo più di cultivar Leccino, Frantoio e Caninese.
Un pesce che è il vero re di queste acque. Sebbene non sia una specie autoctona, ma qui "importata" un centinaio di anni fa, il coregone in poco tempo ha conquistato le tavole e i palati dei locali. Declinabile in più preparazioni, si può realizzare alla mugnaia, in umido con il pomodoro, lessato e poi condito con salsa verde. Il piatto più tipico di questa zona, che comprende il coregone così come altre tipologie ittiche locali, è però la sbroscia, la tipica zuppa di pesce al pomodoro celebrata anche in una sagra a Marta, comune che si affaccia sul lago.
Particolarmente apprezzata e utilizzata per arricchire i menu natalizi, viene arrostita allo spiedo con l'alloro o gustata in umido, alla cacciatora o fritta. Alcuni ne utilizzano la carne per realizzare anche deliziosi sughi e condimenti. Già famosa al tempo dei Romani, l'anguilla del lago di Bolsena è stata citata da Dante nel canto XXIV del Purgatorio, quando il Sommo Poeta raccontò come Papa Martino IV (detto Il ghiottone) morì, molto probabilmente, per aver mangiato eccessivamente questo pesce. Testimonianze del tempo affermano come al Pontefice piacesse particolarmente l'anguilla cucinata con la Vernaccia (vino della bassa Toscana).
Non di solo pesce vive il lago di Bolsena. La Tuscia è anche, se non soprattutto, terra di cacciagione e le zone boschive limitrofe offrono una buona varietà di selvaggina, in particolar modo cinghiali e lepri. Animali utilizzati per lo più per arricchire sughi che vanno a accompagnare pappardelle o lombrichelli, oppure per realizzare ottimi spezzatini soprattutto durante i mesi freddi dell'anno. Diffusa la produzione di salsicce, ma anche di cotiche di maiale e di cinghiale.
Spostandoci nella parte più settentrionale della zona entriamo nel territorio di coltivazione e lavorazione della patata dell'Alto Viterbese, Igp. Le sue peculiarità distintive, su tutte un sapore intenso e gradevole, sono dovute alle caratteristiche del terreno origine vulcanica, particolarmente ricco di zolfo e potassio. Il periodo di semina è compreso generalmente tra il 15 febbraio e il 15 maggio, la fase della raccolta avviene invece tra il 15 giugno e il 30 settembre. La buccia è di colore giallo e liscia, la parte edibile non inferiore al 97%. Il tubero si presta a più preparazioni: dalla cottura in forno all'esecuzione degli gnocchi, passando per la frittura, per la realizzazione di purè e crocchette, oppure cotta sotto la cenere in un saporito richiamo della tradizione contadina.
Vero orgoglio del piccolo centro di Onano, le lenticchie qui coltivate sono state insignite della denominazione De.Co e sono entrate a far parte dei presidi Slow Food. Grande l'attaccamento del paese a questo legume, tanto che anche sul sito ufficiale del Comune c'è una sezione apposita dedicata alla lenticchia, che secondo le testimonianze storiche "…vanta un’antichissima tradizione che trova riscontro già negli Ordini, statuti, leggi municipali della comunità e popolo d’Onano del 1561”. Un prodotto dal grande sapore che si presta bene sia per la realizzazione di zuppe e minestre, oppure in umido nei piatti a base di selvaggina.
Dopo tutto questo mangiare nunc est bibendum, direbbero i latini. Sarebbe quasi un sacrilegio infatti non accompagnare i piatti sopra citati a alcune delle tantissime etichette che si fanno rappresentanti della cultura enologica di questa terra. Come detto le sponde del lago di Bolsena accolgono un vasto assortimento di vigne, dalle quali nascono vini famosi in zona ma non solamente. A Doc l'aleatico di Gradoli, un rosso con il quale si realizza anche un ottimo passito. Altro rosso particolarmente apprezzato qui è la Cannaiola di Marta mentre abbinabile alle ricette di pesce troviamo il Castrense Bianco, prodotto a Grotte di Castro e ottenuto da un blend di Malvasia del Lazio, Malvasia di Candia, Greco e Trebbiano Toscano. Non si può non citare infine l'Est!Est!!Est!! di Montefiascone, forse il vino (bianco) più famoso del territorio e realizzato da uve Trebbiano Toscano (65%), Malvasia bianca Toscana (20%) e Trebbiano Giallo (15%).