Il Cammino dei Briganti è un percorso ad anello attraverso i territori di confine tra Abruzzo e Lazio. Un tempo abitato da malviventi che si opponevano all'Unità nazionale, oggi è un vero hub di specialità gastronomiche intraregionali.
Una via montana tra Abruzzo e Lazio, 100 chilometri da percorrere ad anello tra sette tappe totali in un lasso di tempo dai 4 giorni (per i più rapidi) a una settimana per scoprire le bellezze montane di una terra di confine. Questo, tra la Marsica e il Cicolano, è il Cammino dei Briganti. Occasione buona per camminare e in qualche modo cambiare anche un po’ sé stessi e il proprio rapporto con la natura attraverso sentieri più o meno visibili e strade sterrate che si snodano ora tra boschi ora tra radure. Su e giù per la catena appenninica centrale, in un contesto poco addomesticato, ripercorrendo i passi tracciati 150 anni fa dai briganti (per l’appunto) che vivevano in queste zone. Luoghi un tempo suddivisi tra il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio nei quali si rifugiavano i briganti parte della banda di Cartore, riscoperti e ripercorsi ora per tornare a vivere un turismo pedestre, slow e di prossimità in totale immersione nella natura.
Si parte da Sante Marie, in provincia de L’Aquila e attraversando sentieri e percorsi ora di natura selvaggia, brulla, ora di borghi storici e medievali ritorna nel suo punto di inizio dopo un viaggio a cerchio di un centinaio di chilometri attraverso sette tappe ufficiali.
Da Sante Marie a Santo Stefano, arrivando poi a Nesce (già nel Lazio), lago della Duchessa (tappa più alta, supera i 1700 m.s.l.m.), Cartore e ritornare in Abruzzo a Roscioli e Casale Le Crete, prima di toccare nuovamente il punto di partenza. Si tratta, complessivamente, di un percorso piuttosto recente e realizzato nella sua forma attuale solo nel 2015 e in forma totalmente spontanea, come si legge sul sito di Abruzzo turismo.
Ma per quale motivo il lungo percorso ha assunto una denominazione così caratteristica? A metà ‘800 questi territori erano abitati da gruppi di persone, quasi dei partigiani, che si ribellarono ai tentativi di unificazione nazionale, arrivando anche a brandire le armi contro i conquistatori venuti da nord, i Sabaudi. Rapimenti, riscatti e violenza per difendere i propri territori: una storia richiamata e rievocata oggi ogni qualvolta qualcuno percorre questi sentieri di confine a tratti inospitali, poco addomesticati ma forse anche per questo ancor più suggestivi e affascinanti.
La natura montana e sentieri che sanno essere impervi sono i veri protagonisti del Cammino dei Briganti. Oltre al paesaggio, maestoso e per grandi tratti incontaminato, cosa possiamo ammirare attraverso i 100 chilometri di percorso? A Sante Marie, nella prima tappa del viaggio, possiamo visitare il Museo del Brigantinaggio: inaugurato nel 2008, raccoglie testimonianze fotografiche, scritte e documenti sulle bande che si aggiravano e nascondevano per queste terre.
Si attraversano la Val de Valli e la Valle del Salto (con l'omonimo lago poco distante), su e giù per il monte Velino, si passa a poca distanza da resti di domus e costruzioni di epoca romana (qui molti nobili venivano a trascorrere le vacanze estive). Anche se non esattamente sul percorso l'area archeologica di Alba Fucens, con il suo anfiteatro, è un altro dei siti che meritano attenzione. La quarta tappa, facoltativa, è quella più impegnativa di tutti. Si arriva attraverso un sentiero piuttosto ripido fino al lago della Duchessa, a quota 1788 metri, bacino montano di origine carsica.
Semplicità e gusto i concetti chiave della cucina del territorio. Piatti poveri, ma non per questo banali, capaci di rifocillare dopo una giornata passata su e giù per questi sentieri di montagna. Fin troppo scontato citare i celebri arrosticini di pecora o gli spaghetti alla chitarra, icone della gastronomia abruzzese. Farina, latte, uova, legumi e funghi più in generale gli ingredienti tipici della zona. Ma quali sono le specialità magari meno conosciute al grande pubblico? Cosa si può assaporare per i borghi del Cammino dei Briganti, nelle terre di confine tra Marsica e Cicolano?
Chiamata anche flauno, si tratta di una preparazione tipica delle pasque abruzzesi ma viene realizzata praticamente tutto l'anno. Un prodotto da forno della forma di un raviolo e preparato in due versioni: quella salata, ripiena di formaggi e abbinabile anche a salumi locali (più diffusa sulle zone litoranee) e quella dolce (maggiormente tipica dell'entroterra).
Da queste parti l'agnello viene preparato davvero in tante versioni. Si va da una sorta di spezzatino a base di carne ovina, accompagnata da una salsa composta da uova e pecorino abruzzese per la ricetta del tipico agnello cacio e ova, ma anche al forno con le patate o le costolette sulla griglia. Piatti simbolo della tradizione pastorizia locale; mix di gusto e sapore per alcune delle preparazioni più identitarie di questi territori.
Le sagne sono una tipologia di pasta fresca preparata senza uova, ma solo con acqua e farina. Una sorta di fettuccine, dal taglio più o meno regolare, lunghe e larghe circa 2 centimetri condite con i sughi più disparati. Si va da quello con i ceci al più classico degli aglio e olio (aju e oju, come dicono da queste parti) e persia (cioè la maggiorana), semplice sugo di pomodoro o anche in bianco, magari con pancetta e asparagi.
Nome particolare per questi granelli dalla forma e grandezza irregolari ricavati da un impasto di farina, acqua e uova e cotti a mo' di polenta, conditi per lo più con sugo di pecora e formaggio. Una preparazione di un tempo che fu e che qualcuno qui ancora tramanda, dopo averla appresa dalla saggezza gastronomica delle proprie nonne.
Ci spostiamo più verso il fronte laziale per assaporare i tipici maltagliati. Strisce di pasta tagliate, per l'appunto, in maniera irregolare e in grado di esaltarsi con una grande varietà di condimenti. I più gettonati? Quelli a base di funghi porcini o di tartufo, anche se avvicinandoci più verso Rieti possiamo assaporare la versione alla sabinese con pomodoro, aglio, acciughe, olive e prezzemolo.
Difficile mettere d'accordo tutti sui pesci d'acqua dolce: o li si ama o li si odia. Chi appartiene alla prima categoria non può mancare l'occasione di assaporare la carpa arrosto con le patate (meglio se del Fucino, ma le vedremo più avanti) o, per un sapore un po' più delicato, la trota ai ferri. Gli amanti del tartufo non rimaranno delusi: da queste parti, infatti, quello con il filetto di trota è uno degli abbinamenti più golosi e riusciti.
Gli amanti delle rane avranno pane per i loro denti. Tra Abruzzo e Lazio sono varie le preparazioni a base di questa specialità. Non poche da queste parti le sagre di paese con protagonista la rana, declinata nelle ricette più disparate. Fritte, in guazzetto o in umido, nel sugo per la pasta all'uovo casereccia: c'è davvero l'imbarazzo della scelta. Il motivo della diffusione di questo alimento? Un tempo, durante i periodi di carestia, rappresentava una delle poche risorse di sostentamento disponibili.
A marchio Igp dal 2016, la patata del Fucino (conosciuta anche come patata di Avezzano) è un alimento che fa parte anche dei prodotti tipici della regione Abruzzo. Declinabile in più preparazioni e realizzazione di impasti vari, ad esempio per gli gnocchi, ma anche di cotture al forno e fritture. Con questo tubero si fanno anche tortini, gateaux, zuppe (in particolar modo quella di zucca) e insalate.