Un tour verso l'estremità centro settentrionale dello Stivale, lì dove la Lombardia sfiora il territorio svizzero. Cosa c'è da vedere, e da mangiare, in Alta Valtellina, tra le piste da sci di Bormio e Livigno? Pizzoccheri, bresaola, formaggi Dop e non solo.
Al confine tra la Lombardia e la Svizzera, tra i comuni (e i comprensori sciistici) di Livigno e Bormio, per conoscere le specialità tipiche di una delle più estreme parti d’Italia. Cosa si mangia in questo lembo di Valtellina?
Dopo le tappe di Madonna di Campiglio, Courmayeur e Cervinia, alla scoperta sia dei piatti tradizionali delle rispettive zone sia delle mete turistiche più note, oggi ci spostiamo verso il versante centrale della catena alpina. Di Capitali della neve l’arco montuoso nostrano ne è pieno, e in questo nostro tour non potevano cerco mancare centri come Livigno e Bormio. A poca distanza l’uno dall’altro, entrambi in provincia di Sondrio, rappresentano una delle mete più battute dagli appassionati di sci di tutta Italia. Amanti di sport invernali i quali, ovviamente, si ritrovano a tavola le specialità di una zona, la Valtellina, particolarmente ricca sotto il profilo culinario.
In questo mini tour scopriremo (qualora ce ne fosse stato bisogno) che la Lombardia non è solo sinonimo del traffico di Milano, degli alti palazzoni delle città, smog e nebbia. Questa Regione, nella storia recente legata principalmente alle industrie ma dal grande retaggio culturale, sa regalare anche luoghi e momenti di svago, in totale immersione nella natura e tra alcune delle vette più affascinanti del Paese.
Sono due distinti comprensori presenti, a poca distanza l’un l’altro (meno di 40 chilometri): entrambi situati nell’Alta Valtellina, praticamente al confine con la Svizzera, Bormio e Livigno sono due must per chiunque ami lo sci e gli sport della stagione fredda.
Le piste di Bormio, in particolare, offrono il maggior dislivello d’Italia, con discese che arrivano anche a 1800 metri di “picchiata” di pura adrenalina. Percorsi consigliabili a sciatori esperti, ma anche i semplici amatori e principianti possono trovare piste congeniali al loro livello. Qui a Bormio, tra l’altro, sorge una delle discese più famose e iconiche del Paese, quella dello Stelvio: pista (di 1000 metri di dislivello) considerata tra le maggiormente tecniche e spettacolari del mondo, annualmente casa della Coppa del Mondo di sci.
Sono 115 i chilometri di piste e 31 gli impianti di risalita invece per quanto riguarda il comprensorio di Livigno, che arriva a sfiorare i 2800 metri nel suo punto di maggiore altitudine. Sci, snowboard, fondo, ciaspolate: tutto ciò che risponde all’appello “attività sportiva invernale” lo si può ritrovare qui, in uno degli angoli più estremi dell’Alta Valtellina.
Già Bormio rappresenta di per sé un gioiello incastonato tra le montagne. Un paesino di poco meno di 5000 abitanti dotato di un affascinante centro storico tutto da visitare. Il Parco Nazionale dello Stelvio (il quale si estende fino al Trentino) offre, sia d’inverno sia d’estate, percorsi e sentieri turistici da percorrere intervallati da laghi montani e ghiacciai. Il Passo dello Stelvio, con i suoi 48 ripidi tornanti, è uno dei valichi alpini più iconici del Paese spesso percorso in primavera anche dai ciclisti del Giro d’Italia. Con un’altitudine di oltre 2700 metri, inoltre, rappresenta il valico automobilistico più alto d’Italia, nonché il secondo in Europa.
Vicini al nostro “campo base” troverete i laghetti artificiali di Cancano e le foci dell’Adda. Per rilassarsi inoltre Bormio ha un proprio bacino termale (tre le strutture tra cui scegliere) con piscine scavate direttamente nella roccia. Spostiamoci quindi verso Livigno, paese di 7000 persone dalla metà del secolo scorso esente da Iva. Per questo molti beni di primo consumo, rispetto al resto d’Italia, costano di meno. Qui potete effettuare un tuffo nel passato del borgo lombardo visitando un museo (il Mus), ricavato all’interno di un’antica abitazione, in cui viene illustrata e presentata la Livigno d’antan, quando non era raro che d’inverno rimanesse anche isolata rispetto al resto d’Italia. Da non mancare la visita al Lago di Livigno, anche detto Lago del Gallo, bacino artificiale tra le vette al confine con la Svizzera, così come un passaggio alla cascata dala val Neira, ad appena 10 chilometri dal paese e raggiungibile anche a piedi. Non si trova più in Alta Valtellina, ma segnaliamo una meta situata appena oltre il confine svizzero. Siamo sulle sponde del Lago Bianco, chiamato così per il colore biancastro dell’acqua lacustre.
Fatto questo mini tour tra le piste da sci e le mete turistiche dislocate tra Bormio e Livigno, “passiamo alle cose formali”, come avrebbe detto anni fa un ex dirigente calcistico. Andiamo dunque a scoprire alcune delle specialità gastronomiche che popolano le tavole dell’Alta Valtellina, assolutamente da assaggiare durante il vostro percorso.
Impossibile parlare di Valtellina sotto il punto di vista gastronomico senza citare i pizzoccheri. Riconosciuti anche dal marchio Igp (ottenuto nel 2016), sono un tipo di pasta a base di grano saraceno simili alle tagliatelle. Le prime testimonianze scritte della realizzazione di questo manicaretto risalgono alla metà del 1700, anche se non è peregrino pensare come i pizzoccheri venissero preparati anche in precedenza, in quanto il grano saraceno in questi luoghi veniva coltivato sin dal 1600. Oggi, secondo la ricetta tradizionale, sono conditi con patate a pezzi, verza, formaggio Valtellina Casera (Dop), burro, aglio e salvia. Da non confondere con i pizzoccheri di Chiavenna, che sono invece una sorta di gnocchi tipici del comune lombardo.
In dialetto valtellinese per sciatt si indicano i rospi, ma state tranquilli in questo caso parliamo semplicemente di tonde frittelle croccanti (anche loro a base di grano saraceno) ripiene di formaggio fuso (nuovamente, Valtellina Casera), solitamente accompagnate da un po' di cicoria. Presentati in apertura di pasto, non mangiatene troppi altrimenti rischiate di non aver più spazio per le altre specialità da assaporare in ristoranti, case o locande della zona.
La polenta, si sa, rappresenta quasi un must se parliamo di piatti di montagna. All'ombra delle più alte vette italiane viene preparata la locale versione di questo piatto, e l'Alta Valtellina non poteva sfuggire a questa regola non scritta. Farina di mais e di grano saraceno alla base della preparazione della polenta taragna. Prende il suo nome dal tarel: così in dialetto lombardo viene chiamato il bastone di legno con il quale si mescola la polenta all'interno del paiolo. Alcune versioni prevedono anche l'utilizzo del formaggio, come la Casera (ancora lei) o il Bitto (che conosceremo tra poco).
Riconosciuta dal marchio Igp (dal 2006), la Bresaola della Valtellina è un salume ottenuto esclusivamente da tagli selezionati di cosce di bovini preferibilmente allevati all'aperto. Un prodotto di qualità assoluta, dal colore rosso acceso e venature bianche (il poco grasso presente) dall'aroma inconfondibile e il gusto deciso. Importante l'apporto proteico, di ferro e vitamine a fronte di una bassissima percentuale di grassi. Un salume ideale, insomma, per chi vuole mantenere una dieta sana ed equilibrata.
Un piatto dalle origini contadine, nato per recuperare ingredienti utilizzati per altre preparazioni. Un ghiotto secondo a base di purè di patate, fagioli e fagiolini conditi con formaggio valtellinese. Un mix nutriente e calorico, quello che serve a queste altitudini, fatto di materie prime facilmente reperibili in alta montagna. Non a caso il termine taroz, in dialetto, significa miscuglio.
Altro salume magro, a base di carne bovina, tipico della Valtellina. All'occhio simile alla bresaola, benché sia commercializzata in pezzature minori rispetto alla "cugina", la slinzega è caratterizzata da un gusto più forte, più deciso, per via dell'aromatizzazione con sale, cannella, pepe e chiodi di garofano.
Il primo l'abbiamo citato per quanto riguarda la realizzazione della polenta taragna, la seconda abbiamo imparato a conoscerla già nei paragrafi precedenti, utilizzata nella preparazione dei pizzoccheri, degli sciatt e della polenta stessa. Si tratta di due istituzioni della gastronomia locale: entrambi a Denominazione di origine protetta e presenti stabilmente sulle tavole della Valtellina, sia da soli in ghiotti antipasti sia all'interno delle ricette del luogo. Il Bitto è un formaggio a pasta cotta e semidura, a base di latte vaccino al quale può essere aggiunta una percentuale ridotta di caprino. La Casera, il nome dalla valle in cui viene prodotto, invece è un formaggio semigrasso a media e breve stagionatura (almeno 70 giorni), realizzato con latte di vacca parzialmente scremato.