Dente scheggiato, ferita alla bocca o altre eventualità. Cosa succede in caso di infortunio mentre si mangia al ristorante o al bar? C'è un risarcimento? Cosa rischia l'esercente ma quali sono anche i suoi diritti? L'abbiamo chiesto a un avvocato.
Un dente accidentalmente rotto o appena scheggiato, una ferita in bocca ma anche un'intossicazione alimentare, una sedia difettosa che ci fa cadere provocandoci una frattura oppure uno scivolone sul pavimento ancora bagnato, solo per fare alcune ipotesi. Cosa rischia un ristoratore nel caso in cui un suo cliente dovesse incappare in uno di questi problemi mentre mangia nel suo locale? Che cosa dice la legge a riguardo e come può eventualmente difendersi l'esercente? L'abbiamo chiesto a un avvocato.
Un frammento di guscio di pistacchio in una tataki di tonno oppure di salmone. Un nocciolo intero in un dolce alle ciliegie o amarene, una lisca di pesce che credevamo ben pulito ma che invece è rimasta lì, nascosta nella carne del nostro sgombro o trota. In quanti intoppi potremmo incappare mentre mangiamo a casa così come al ristorante. Ma se nel primo caso, qualora siamo stati noi stessi a cucinare, la responsabilità non può non essere la nostra, nella seconda ipotesi per l'esercente potrebbero esserci conseguenze legali.
Che cosa rischia il ristoratore, o il gestore di un bar, se subiamo un infortunio mentre mangiamo nel suo locale? Come si può muovere il cliente e perché non è detto che sia automatico il risarcimento economico?
Cosa può succedere, per esempio, se ci scheggiamo un dente a causa dei sopra citati pezzi di gusci di pistacchio o nocciolo di amarena, oppure se ci feriamo più o meno gravemente con la lisca di questo o di quel pesce? Quali sono i diritti del cliente nella fattispecie, e come potrebbe agire per ottenere un eventuale risarcimento economico? Abbiamo fatto queste domande all'avvocato Eugenio Adabbo, il quale ci ha illustrato quali sono i diritti del cliente (ma anche del titolare del locale) in caso di infortunio durante la permanenza in un ristorante.
Chi consuma un pasto in un locale stipula un contratto (atipico) con l'esercente e ha diritto di ricevere (oltre alla somministrazione di cibi, bevande e altre prestazioni di natura ricettiva) anche la garanzia alla tutela della propria salute e incolumità. Questo contratto si perfeziona con lo scambio di dichiarazioni reciproche (offerta e accettazione) che usualmente avviene attraverso la comanda. Il menù ha infatti valore di offerta di cui l’ordinazione costituisce l’accettazione mediante consenso.
In tale tipologia di contratto, in poche parole, non è compresa solamente la compravendita di cibi e bevande (come nel caso dell'asporto), ma anche una serie di prestazioni ricettive e il dovere di non ledere la salute e l’incolumità degli avventori. Qualora ciò non avvenga, quindi in caso di infortunio o malore (per esempio, a causa di cibo avariato o da incidenti anche non connessi al consumo di cibo e bevande), si potrebbe configurare un’ipotesi di danno risarcibile. Danno di cui il ristoratore risponderà a titolo di responsabilità contrattuale (con il diritto al risarcimento che si prescrive entro il termine di 10 anni).
Per il danneggiato (che non è tenuto, a danno avvenuto, ad avvisare il ristoratore) è sicuramente opportuno ottenere un referto ospedaliero o il certificato di pronto soccorso (in caso di cure urgenti) rilasciato dal presidio sanitario e, successivamente, sottoporsi a visita presso un medico legale e/o uno specialista (un odontoiatra, ad esempio, nell'eventualità di un dente rotto o scheggiato) al fine di accertare tutti i possibili danni derivati dall’infortunio, potendoli quindi quantificare da un punto di vista economico.
Per poter poi provare come il fatto sia avvenuto nel ristorante giova ovviamente anche l’indicazione di eventuali testimoni, presenti al momento dell'accadimento dell’evento lesivo, in grado di contribuire ad offrire elementi utili alla ricostruzione dei fatti.
Come anticipato, poi, in questo tipo di casi il diritto al risarcimento si prescrive entro il termine ordinario di dieci anni. Non è infatti automatico che il danno si manifesti immediatamente, ma solo in un secondo momento (un dente, inizialmente scheggiato, va successivamente a rompersi), quindi il cliente ha un'ampia finestra di tempo per accertare l'avvenuto infortunio e procedere eventualmente per vie legali oppure cercare di accordarsi bonariamente con il ristoratore.
Nel caso in cui la controversia non si risolva in modo bonario, il giudice una volta valutate anche le difese del ristoratore deciderà sulla base dell'ipotesi ritenuta più probabile.
Semplificando al massimo e usando termini non giuridici: la versione di chi riesce a dare la prova “migliore”, viene ritenuta preponderante. La domanda giudiziale quindi può essere accolta, con conseguente obbligo del ristoratore a risarcire il danno provato, oppure rigettata in quanto ritenuta infondata.
Non è detto, infatti, che ogni tipo di infortunio subito al ristorante sia necessariamente riconducibile a una responsabilità del gestore. Qualora costui riesca a provare come il danno sia derivato da un evento a lui non imputabile, come un caso fortuito concretamente non prevedibile e non prevenibile, allora non verrebbe considerato responsabile di ciò di cui è stato vittima il cliente.