Si tratta di un condimento versatile che compare spesso al supermercato, anche a prezzi popolari: bisogna però prestare attenzione a non sceglierne uno di bassa qualità, dove il profumo del tartufo è solo un'imitazione.
Portare in tavola un piatto a base di tartufo non è cosa da tutti i giorni: il pregiato fungo ipogeo, infatti, non si trova comunemente al supermercato, ma è un alimento ricercato dai costi elevati. Più semplice da reperire, invece, è l’olio al tartufo, che spesso appare sugli scaffali anche a un prezzo conveniente: com’è possibile? Semplice: in quella bottiglietta ideale per condire piatti di pasta, risotti, uova e altre pietanze, dell’ingrediente chiave ci sono aromi chimici che ne replicano l’inconfondibile profumo, così come succede con altri prodotti tartufati, tipo creme e salse confezionate. Vediamo quali sono questi aromi di sintesi, a cosa fare attenzione e come scegliere un olio di buona qualità.
Partiamo da quelli che sono gli ingredienti di un olio al tartufo artigianale: dovrebbe contenere un buon olio extravergine di oliva e frammenti di tartufo fresco, bianco o nero a seconda delle varietà. Si tratta di un condimento dalla durata molto breve, dato che il fungo deperisce in fretta: si consuma al massimo in una settimana. Lo si può preparare home made, ma non è un prodotto destinato alla vendita, in quanto i costi sarebbero insostenibili per ogni azienda.
Per aumentare la redditività ci sono soluzioni diverse che assicurano una maggiore shelf life con relativo abbattimento dei prezzi: per esempio, essiccare i tartufi e aggiungere le scaglie nell’olio, anche se il profumo viene penalizzato con la disidratazione e non si avrebbe più il piacevole effetto tartufato intenso, oppure, come succede frequentemente, ricorrere all’uso di aromi che danno le stesse sensazioni organolettiche.
L’aroma più gettonato è il bismetiltiometano, un composto organico naturalmente presente nel tartufo, in particolare in quello bianco di Alba, che ne conferisce il caratteristico sentore solforoso: gli oli pregiati utilizzano questa sostanza estraendola dal fungo indicando in etichetta la dicitura “aromi naturali” o “solo aromi naturali”. Nonostante del tartufo fresco in realtà prevalga la molecola responsabile del suo odore (le percentuali il più delle volte non vanno oltre il 3%), si tratta di prodotti di qualità che comportano una certa spesa per piccole quantità, che può superare anche i 50 euro per 250 ml.
Negli oli al tartufo dai costi bassi, invece, si riscontra sempre la presenza di bismetiltiometano, ma sintetizzato in laboratorio a partire dal petrolio: non fa male alla salute, è legale, ed è uno degli aromi chimici più comuni utilizzati per simulare l'odore del tartufo. La sua composizione imita i composti volatili presenti in quello fresco, donando un aroma penetrante e riconoscibile, anche se semplifica di molto il profumo complesso e delicato del vero fungo, inficiando la degustazione. Da qui si capisce che nei confronti del consumatore che cerca un prodotto autentico se ne offre uno in potenza “fake”.
A fare da bussola ci pensa l’etichetta: tendenzialmente, quando sulle confezioni di olio al tartufo compaiono le scritte “aromi”, “condimento a base di aromi di tartufo” o “prodotto contenente aromi di tartufo”, senza nessun’altra specifica, l’ingrediente è artificiale. Nell’acquisto, inoltre, è importante non incorrere in una vera e propria contraffazione: un olio al tartufo dal costo esoso accompagnato dall’etichetta generalista probabilmente lo è.