Preparare la pizza home made è uno dei piaceri della vita, ma non è certo una passeggiata, soprattutto se si è alle prime armi: una delle fasi fondamentali è la lievitazione, che può avvenire a temperatura ambiente, in frigorifero o nel forno spento.
La lievitazione è uno dei passaggi cruciali nella preparazione della pizza fatta in casa, ma non sempre risulta facile da gestire: ce ne accorgiamo perché l’impasto praticamente aumenta di volume, raddoppiando. Se manca, o avviene solo parzialmente, può avere conseguenze disastrose: una pizza troppo compatta, pesante, poco digeribile può risultare difficile o impossibile da mangiare. La corretta lievitazione dell’impasto, invece, garantisce un prodotto finale leggero, perfetto per un risultato gustoso e soddisfacente.
Ovviamente, non sono da sottovalutare neppure i passaggi precedenti a questo momento, perché lo influenzano: senza andare nel dettaglio della pizza che si vuole realizzare, in generale bisogna amalgamare bene gli ingredienti tra loro, usando la farina e il lievito più adatto, l’acqua tiepida, il sale e l’olio extravergine d’oliva (che non compare in quella napoletana, ma che si usa spesso nelle pizze tradizionali perché aiuta a mantenere l’idratazione) al fine di ottenere una consistenza elastica e omogenea.
Durante questa fase il panetto si fa riposare una volta o in più riprese, coperto da un panno, e si interviene con delle pieghe di rinforzo per migliorare la struttura glutinica. Solo a questo punto avviene la lievitazione vera e propria, che può essere favorita da diversi fattori contingenti, come il luogo di posizionamento (fuori o dentro al frigo, ma anche nel forno), la temperatura e i tempi da rispettare. Vietato quindi mettere il contenitore in un posto troppo freddo o troppo caldo o avere troppa fretta. Di seguito, ecco qualche consiglio per non sbagliare.
La temperatura ambiente è il metodo più comune per la lievitazione, ed è particolarmente indicato se si desidera fare una pizza in giornata. Idealmente, la temperatura della stanza dovrebbe essere tra i 24 °C e i 30 °C. Un luogo troppo freddo rallenta la lievitazione, mentre uno troppo caldo può accelerarla eccessivamente. Dato che il processo può compromettersi a causa di correnti d’aria e sbalzi di temperatura, se non hai già trovato la zona ideale, opta per impasti che raddoppiano dalle 2 alle 6 ore, quindi con lievitazioni brevi, più facili da controllare.
La lievitazione in frigo rallenta l'attività del lievito a causa delle basse temperature (circa 4 °C), permettendo agli enzimi presenti nella farina di scomporre lentamente amidi e proteine durante il processo di maturazione, che rende l'impasto più digeribile e sviluppa sapori più complessi grazie alla maggiore formazione di acidi organici a opera dei batteri lattici. Di solito si consiglia per le lunghe lievitazioni, che vanno dalle 24 alle 72 ore, ma non è una regola universale, perché dipende da molte variabili, come idratazione, farina e tipologia di lievito usati.
Un altro metodo efficace è riporre l’impasto all'interno del forno spento, utilizzando solo la luce accesa: questa emette un leggero calore, mantenendo una temperatura costante di circa 28-30 °C, ideale per la lievitazione: è molto utile in inverno, quando le temperature si abbassano o se si vogliono accelerare i tempi, tenendo il tutto ben monitorato.
La scelta della farina è un fattore determinante per il successo della lievitazione. La forza della farina, indicata con il simbolo W, rappresenta la sua capacità di assorbire acqua e trattenere l’anidride carbonica durante la fermentazione. Le farine più forti, con un valore di W superiore a 240, sono ideali per impasti diretti o indiretti (quelli per esempio con biga o poolish) a media-alta idratazione, che richiedono lunghe lievitazioni: l’elevato contenuto di glutine dona elasticità e resistenza. D'altro canto, farine con un W medio-basso (tra i 170 e i 240) sono più adatte alle lievitazioni brevi degli impasti diretti, con idratazioni che vanno dal 55% al 65%. Se minori di 170, è meglio non usarle per realizzare pizze o pane, ma solo in prodotti da forno tipo cracker o grissini.
La temperatura ideale dell'acqua per attivare il lievito e favorire una buona crescita della nostra pizza si aggira tra i 25 °C e i 28 °C, quando viene comunemente definita “tiepida”. Un'acqua troppo fredda rallenterebbe l'azione del lievito, mentre se troppo calda (superiore ai 40 °C) rischierebbe di ucciderlo. Bisogna ricordare, infatti, che il lievito di birra è composto da colonie di Saccharomyces Cerevisiae, funghi microscopici unicellulari, mentre la pasta madre è il frutto della fermentazione da parte di microrganismi (lieviti e batteri lattici) di acqua e farina.