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2 Dicembre 2024 16:00

Cosa fa il “sommelier del riso”: classificazioni, usi in cucina e curiosità

In Piemonte esiste una scuola dove il riso si degusta proprio come un vino: grazie ai sommelier del riso, siamo andati alla scoperta delle diverse tipologie che portiamo in tavola, di come conservarle al meglio e di alcuni aspetti poco noti.

A cura di Federica Palladini
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Il riso è l’alimento più consumato al mondo, con l’Italia che vede delle vere e proprie eccellenze nella coltivazione delle varietà perfette per fare i risotti, amatissimi piatti della tradizione dove mettere in campo tecnica e creatività. I territori d’elezione per la sua produzione, insieme alla Lomellina Lombarda, sono il Piemonte, in particolare il Novarese e il Vercellese: non a caso è proprio qui che una decina di anni fa è nata AcquaVerdeRiso, ovvero la prima scuola di sommelier del riso, dove vengono formati esperti in analisi sensoriali dei chicchi, proprio come si fa con il vino, con i formaggi, il cioccolato e l’olio, tra corsi e degustazioni visive e olfattive. Insieme ad Alessandra Bossola, guida appassionata, e a Fabrizo Rizzotti, siamo andati alla scoperta delle cultivar in base alle caratteristiche del chicco e di come utilizzarle al meglio in cucina, con qualche suggerimento sui metodi di conservazione e curiosità.

Il riso non è tutto uguale: la suddivisione delle varietà

“Fino a qualche tempo fa si sentiva parlare di riso fino, semifino, superfino, cosa che adesso è cambiata con la legge 131/2017 (ex 325/58): ora spazio a Tondo, Medio, Lungo A e Lungo B”, precisa Bossola. Si tratta di una classificazione europea del riso, dove sono raccolte varietà nazionali e internazionali che arrivano sulla nostra tavola, dandoci già un’indicazione sulle diverse destinazioni d’uso. Vediamole nei dettagli.

  • Tondo: dal chicco piccolo e arrotondato, viene usato prevalentemente per le minestre e per i dessert. I due zuccheri che compongono l’amido, ovvero l'amilosio e l’amilopectina, sono distribuiti in percentuali diverse: questi risi sono più collosi, rilasciano più amilopectina che è la parte solubile dell’amido e di conseguenza sono adatti a quelle preparazioni dolci e salate dove serve che il chicco rimanga attaccato. Sceglili anche per il sushi home made: in Giappone è un cibo che si mangia con le bacchette e anche con le mani, quindi se lo si prende con le dita non deve sfaldarsi.
  • Medio: in Italia ne fa parte solo il Vialone Nano. Si riconosce per un chicco dalla dimensione intermedia, più grande del riso tondo, ma decisamente più piccola del lungo (che scopriremo di seguito). Via libera a minestre, ma anche a risotti. Guardando all’estero, fa parte di questo gruppo il Bomba spagnolo, il riso tradizionale con cui si fa la paella: più complicato da trovare nel nostro paese, il Vialone Nano si rivela un buon sostituto se si vuole preparare questo piatto a casa.
  • Lungo A: rientrano nella categoria tutti i risi da risotto che usiamo abitualmente come Carnaroli, Arborio, Baldo, Roma, Sant’Andrea. Lunghi e grandi, i chicchi non scuociono e mantecano. Tra questi, il Carnaroli è considerato il migliore per i risotti in quanto ha contemporaneamente un alto livello di amilosio che fa tenere la cottura in modo prolungato e un’alta capacità di assorbire i condimenti e rilasciare gradualmente l’amido grazie alla presenza della “perla”, ovvero la parte opalescente all’interno del chicco dove si concentra l’amido (il Baldo, per esempio, non ce l’ha).
  • Lungo B: sono caratterizzati da un chicco stretto, lungo e cristallino (senza perla), tipo quello dei risi orientali più popolari, Basmati e Jasmine, che hanno la peculiarità di essere molto profumati. Dopo una breve cottura, sono perfettamente separati. Non si tratta solo di una varietà importata dall’Asia: i risi aromatici coltivati in Italia sono l’Apollo e l’Artiglio, quest’ultimo tipico della Bassa Novarese, arrivato dall'Africa e perfezionato da una manciata di risicoltori.

I risi da risotto (Medio e Lungo A) sono principalmente diffusi in Italia, Spagna e Francia, mentre nel resto d’Europa a prevalere sono i Lunghi B. Importati dall’India in quanto colonia Britannica, la loro funzione è quella di contorno e non di primo piatto, serviti soprattutto come accompagnamento al pollo al curry, o affiancati a verdure e pesce.

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riso Carnaroli

Come conservare al meglio il riso: vince il frigorifero

Stiamo parlando di un alimento che deperisce molto velocemente, anche se non sembra: “in passato il riso veniva consumato subito, bastava avvolgerlo nella stoffa per mantenerlo nelle migliori condizioni” ci dice Rizzotti. Adesso, quando ancora la confezione è integra, il riso può essere riposto nella classica dispensa, lontano da fonti di calore dirette anche per mesi: “una volta aperto, invece, il modo più adatto per preservarlo più a lungo è trasferirlo in un contenitore di vetro e metterlo in frigorifero, ogni ripiano va bene”. Regola da osservare maggiormente con le varietà integrali che, mantenendo la parte di crusca, irrancidisce presto: “il consiglio è sempre in frigo, sia in estate sia in inverno” ribadisce la sommelier. Assolutamente vietato il freezer: avendo l’11-14% di umidità, il chicco si ghiaccia e rompe l’amido, inficiando quindi la cottura di tutte le tipologie. Proibiti anche gli ambienti molto umidi come le cantine.

Il riso e i suoi difetti

In Italia, per legge, all’interno di una confezione di riso ci possono essere fino al 25% di difetti che, in realtà, come spiega Alessandra Bossola, è una quantità molto alta, dato che un chicco imperfetto è responsabile di un risultato inferiore in cottura rispetto a quello che si può ottenere con un chicco perfetto. Quali sono i difetti che rintraccia il sommelier?

  • Chicchi gessati: si presentano color gesso, molto opachi, un fattore dovuto nella maggior parte dei casi a uno sbalzo di temperatura nelle ultime fasi di coltivazione.
  • Chicchi striati rossi: è il risultato della lavorazione di un chicco colpito da una malattia funginea che ne altera il colore.
  • Impurità varietali: quando si trovano insieme due tipologie. Il riso è una pianta che si autoimpollina, quindi in risaia può capitare che una varietà compaia all’interno del campo di un’altra.
  • Rottura: sono i granelli di riso rotti, che in cottura cuociono prima, si spappolano o scoppiano.
  • Danneggiamento da calore: i chicchi subiscono una botta di calore in lavorazione, con il conseguente rischio di germinare.
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riso Baldo

Qualche curiosità sul riso: dalla “pannocchia” al riciclo

Siamo abituati a chiamare l’infiorescenza del riso “spiga”, come quella del grano. In realtà il termine botanico corretto è “pannocchia”. I chicchi posti all'apice sono quelli che prendono più luce, più acqua, più vento e maturano prima: possono essere separati dagli altri e usati per delle produzioni di altissima qualità. “L’Italia è uno dei territori più a nord del mondo dove cresce il riso", spiega Rizzotti. Si tratta, infatti, di un vegetale che preferisce le latitudini subtropicali: "si sviluppa bene dove lo fa il banano. Nel nostro paese si è riusciti a coltivarlo come eccellenza soprattutto grazie a una presenza idrica costante", in particolare in Piemonte e Lombardia. Dove le temperature non sono abbastanza alte, l’acqua funge da cuscino termico: assorbe il calore del giorno, che viene immagazzinato nelle radici e poi pompato di notte nel resto della pianta. Il riso può essere seminato in asciutto, ma non coltivato in asciutto: la siccità del 2022 ha portato a una resa molto bassa.

In Italia vengono coltivate 168 varietà di riso. Si è certi di comprare un vero Carnaroli solo quando sulla confezione si trova la scritta “Carnaroli Classico”, denominazione che assicura la presenza dell’originale al 100%, mentre il solo termine “Carnaroli” indica un prodotto realizzato con varietà affini. La scuola AcquaVerdeRiso ha messo a punto una “ruota dei profumi” del riso, dove sono stati inseriti tutti gli estrattori/descrittori identificati nel corso di 10 anni di analisi annusando il riso crudo, tra sentori agrumati, tostati, speziati, minerali, vegetali, sono per nominare alcune macro-distinzioni. I più comuni sono “l’armadio della nonna”, la “farina” e il “mulino”, ma gli aromi spaziano dal “fienile” ai “funghi secchi”, passando per “biscotto”, “nocciola”, “scorza di limone” arrivando fino a “pop corn” e “mietitrebbia che taglia”.

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riso Bomba spagnolo

Come il vino, anche il riso può essere invecchiato. Si tratta di far riposare nei silos i chicchi dopo essere stati lavorati per un periodo medio di due anni: questo permette al riso di respirare meglio, all’amido di assestarsi e quindi di esaltare ulteriormente in cottura le proprietà. Esistono in commercio anche risi invecchiati per 7-8 anni: il costo si presenta elevato, in quanto la lunga stagionatura richiede una selezione più accurata.

Del riso non si butta via niente, un po’ come del maiale” conclude Bossola. Durante il processo produttivo se ne conta uno scarto del 50% che non viene sprecato, ma riutilizzato nelle sue diverse parti: per esempio la lolla, che è la buccia del chicco (di cui resta tra il 18 e il 20%) viene usata come materiale ecologico in edilizia riprendendo ciò che facevano i contadini, che lo impiegavano come isolante termico nei sottotetti. Altri resti di lavorazione sono ottimi come mangimi per animali (la grana verde, l'avanzo della sbramatura) e per attivare impianti di biogas (la pula, il farinaccio post raffinazione). I chicchi rotti si prestano per realizzare farina di riso e riso soffiato.

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