Proviamo a nuotare nel mare magnum delle commissioni bancarie sui pagamenti elettronici. Abbiamo parlato con alcuni imprenditori del settore ristorativo, in difficoltà date le elevate percentuali, e ci hanno lanciato una provocazione: ma se fossero i clienti a pagarle? Il loro vero obiettivo, però, è farle abolire.
Lo scorso primo luglio è entrata in vigore la legge sull’obbligo, da parte degli esercenti, di accettare pagamenti elettronici di qualsiasi somma. Anche un semplice caffè, un singolo panino o una bottiglietta d’acqua, stando a questa normativa, si possono acquistare tramite bancomat o carta. Siccome ambasciator non porta pena chiariamo subito una questione, a scanso di equivoci: non stiamo suggerendo ai clienti di pagare anche un importo minimo in modo elettronico, ma informiamo semplicemente su una legge ormai in vigore da due mesi e mezzo.
Tutte le polemiche derivate le lasciamo da parte. Dall’inizio di settembre, tra l’altro, una pasticceria milanese si è adeguata probabilmente anche oltre misura alla nuova normativa, decidendo di abolire nei propri punti vendita qualsiasi pagamento in contanti, accettando solamente una metodologia cashless.
La questione dei pagamenti elettronici porta con sé il divisivo e controverso tema delle commissioni a carico dell’esercente su ogni transazione (o quasi). Una percentuale variabile, a seconda del tipo di circuito utilizzato e del contratto stipulato con la banca, riscossa proprio dalla banca stessa e a cui, praticamente, l’esercente deve rinunciare. Di fatto una somma sottratta all’incasso del commerciante.
Chiariamo subito un aspetto: questo articolo, con tanto di provocazione allegata, è nato con l'intenzione di mettere in luce una situazione, quella a cui sono sottoposti gli esercenti, spesso difficile e controversa e probabilmente di cui la clientela è pure poco consapevole. Una situazione che rappresenta sicuramente spunto di discussione.
Quello delle commissioni bancarie sui pagamenti elettronici è un autentico mare magnum nel quale è complicato nuotare, proprio perché sono talmente tanti i servizi a disposizione che ogni azienda rappresenta una realtà a sé stante. Dopo aver fatto una chiacchiera con esercenti di varie attività ristorative, da bar a ristoranti fino ad aziende agricole, proveremo a spiegare tutto nel modo più semplice e sintetico possibile. Impossibile andare nello specifico ma tentiamo di disegnare un quadro generale della situazione.
L’esercente obbligatoriamente deve possedere il pos (acronimo di point of sale, punto di vendita), un apparecchio collegato al registratore di cassa che consente il pagamento per mezzo di carte di credito e bancomat. In base alla tipologia di contratto stipulato con la banca, e dal tipo di servizio offerto dalla banca stessa, l’esercente può o pagare una tantum il dispositivo, diventandone quindi il proprietario effettivo, con determinate percentuali sulle transazioni, oppure sostenere un costo mensile (come se si trattasse di un affitto) e pagare percentuali differenti.
Alcuni contratti prevedono insomma un costo fisso annuale o mensile più percentuali variabili sulle transazioni, altri (come vedremo, Sumup) un costo (anche detraibile) per l’acquisto dell’apparecchio e una commissione fissa su ogni pagamento elettronico. Un esempio concreto è proprio quello di Sumup: con questo servizio l’esercente di fatto acquista il dispositivo bianco (generalmente a 99 euro, ma anche qui l’importo può variare) diventandone il possessore (senza altri costi mensili quindi) e per ogni singola transazione pagherà alla banca l’1,95% fisso sulla somma, qualsiasi essa sia.
Esempio pratico: un bar dotato di Sumup per un caffè venduto a 1,10€ (il prezzo medio individuato a livello nazionale), saldato dal cliente in via elettronica, pagherà alla banca per incassare l'importo l’1,95% di quella somma. Conti alla mano 2 centesimi (per la precisione, 0.02145 €). Due centesimi in meno sull’1,10€ che entrano nelle casse dell’esercente.
Quello di Sumup è chiaramente solo uno dei tanti esempi dei servizi di cui i commercianti possono dotarsi. In altre situazioni il proprietario di un’azienda può decidere di pagare dei costi fissi annuali o mensili, con percentuali sui pagamenti variabili. E cambia anche in base alla tipologia di carta utilizzata dal cliente. Si va, rimanendo sempre sul generico, dallo 0,8% previsto in caso di transazioni con bancomat, fino all’1,25% con carta di credito, passando per il 2% se viene utilizzata una carta di credito estera.
Praticamente in base al numero e dagli importi delle transazioni l’esercente sceglie quale soluzione gli convenga maggiormente, decidendo di optare per un determinato contratto rispetto a un altro. Alcune banche, inoltre, hanno anche tolto il costo di affitto, dando il pos in comodato d’uso gratuito alzando però la percentuale sulle commissioni. I casi, insomma, sono veramente tanti e ogni banca propone una soluzione differente. Sta all’esercente cercare di capire quale, tra queste soluzioni, sia quella ideale per la sua attività.
In linea di massima, comunque, se dobbiamo fare una media generale le commissioni su ogni transazione possono variare dallo 0,30% all’1%, ma ripetiamo come dipenda dalla tipologia di contratto sottoscritto. Se qualcuno si stesse chiedendo se, sotto una determinata soglia, i commercianti possono essere esenti da commissioni, la risposta è sì.
Satispay offre infatti questo tipo di servizio: un esercizio commerciale che abbia sottoscritto un’utenza business per gli acquisti fino a 10 euro non paga nulla, mentre per transazioni superiori esiste una commissione di 0,20 centesimi. Un caffè al bar pagato tramite questo canale, quindi, non costerà nulla in commissioni al gestore. Dieci caffè saldati contemporaneamente con l'applicazione, invece, costeranno al commerciante 20 centesimi. Si tratta, come si legge anche sul sito, di un sistema indipendente dalle carte. Un network senza intermediari, che permette di accettare pagamenti abbattendo e in alcuni casi eliminando le commissioni per l’esercente.
Mettiamo in chiaro un aspetto: nessun commerciante, almeno tra quelli da noi interpellati, vorrebbe veramente far pagare le commissioni ai propri acquirenti. Far abolire le commissioni bancarie, questa sarebbe la giusta soluzione. Ma andiamo per gradi.
Dalle nostre chiacchierate con gestori di locali e aziende agricole è emerso però un fatto. Detto di come alcuni di loro si siano detti favorevoli al pagamento elettronico, con altri invece più contrariati date le percentuali di commissioni ritenute troppo elevate, spunta una vera e propria provocazione, utile in qualche modo per mettere il pubblico nei panni dell'esercente. Rendendo consapevole le persone dei disagi legate alle commissioni.
Qual è la provocazione? Far pagare le commissioni bancarie direttamente al cliente. In questo modo, sempre tenendo in conto il nostro caro caffè pagato con carta, al commerciante entrerebbe l’1,10€ pulito (che, comunque, pulito non sarà mai considerando Iva o prezzo del rotolo di carta per lo scontrino), mentre i due centesimi sarebbero a carico dell'acquirente.
“Per far comprendere la nostra situazione chi usa il bancomat o carta di credito dovrebbe pagare anche le spese che l’esercente deve sostenere per incassare i soldi (cioè la % sulla transazione, ndr) – ci dice qualcuno – Essendo un servizio per facilitare il pagamento al cliente, potrebbe essere lui stesso a dover sostenere il pagamento di quella percentuale”. “È una spesa per qualsiasi azienda – dicono altri – quindi a rigor di logica potrebbe essere a carico del cliente”. Il vero significato di tutto ciò non sarebbe, ovviamente, inimicarsi gli acquirenti, ma la provocazione è legata al fatto di rendere partecipe e consapevole il cliente di questa spesa considerata ingiusta. Così da far loro capire il disagio legato alla ghigliottina delle commissioni.
In futuro, quando immaginiamo il pagamento elettronico sarà predominante, questa percentuale comunque potrebbe essere probabilmente inglobata nel prezzo finale di una merce o di un servizio. Come, tra l’altro, già avviene in molti Paesi esteri, in cui ormai tutto (o quasi) si paga elettronicamente.
Si tratta, come detto, solo di una provocazione di una parte degli esercenti, perlomeno quella interpellata da noi. Sarebbe giusto far pagare le commissioni bancarie al cliente? Quanti sarebbero disposti a sostenere questo costo in più? Si può trovare un compromesso? Quanto saremmo disposti, come clienti, ad andare incontro ai commercianti sobbarcandoci spese, per quanto contenute, che possano aiutarli e sostenerli nella loro attività? Fermo restando, affermano gli esercenti e tornando alla realtà dei fatti, come la soluzione più gradita sarebbe l'effettiva eliminazione delle commissioni stesse da parte delle banche. Per vivere, e lavorare, felici e contenti. Ma questo è un concetto valido per lo più nel mondo delle favole…