Si tratta di due prodotti poco raffinati che mantengono dei buoni valori nutrizionali: sono perfetti per dare rusticità a crostate e biscotti, ma anche a impasti lievitati, in quanto sono più semplici da lavorare della farina integrale.
Il mondo delle farine è affascinante e complesso: rispetto a qualche anno fa l’interesse per la panificazione e la voglia di realizzare sempre di più prodotti home made (dalla pasta fresca ai dolci) ha fatto sì che sugli scaffali dei supermercati la scelta di questo ingrediente base si ampliasse notevolmente, generando anche qualche dubbio su quale utilizzare per una determinata ricetta. Tra le diverse varietà di farina compaiono la tipo 1 e tipo 2 che si rivelano un’ottima opzione soprattutto nella realizzazione di impasti salati per pizza, pane, focacce e dolci che richiedono una media lievitazione e da cui si vuole ottenere un gusto più rustico, senza aumentare la difficoltà di lavorazione rispetto a una farina 0 o 00, così come sono perfette per dare aromaticità e genuinità a frolle per crostate e biscotti.
Facciamo un passo indietro per capire da dove nascono le loro peculiarità. Con il termine farina si intende nel gergo comune quella che ha origine dalla lavorazione del grano tenero (Triticum aestivum), mentre dalla macinazione del grano duro (Triticum durum) si hanno la semola e i suoi derivati, tipo il semolino.
La farina 1 e la 2 sono due tipologie che rientrano nella prima categoria, posizionandosi dopo la 00, la 0 e prima dell'integrale: a caratterizzarle dal punto di vista organolettico, nutrizionale e tecnologico è il livello di abburattamento, ovvero la quantità di farina che si ottiene separandola dalla crusca, il rivestimento esterno del chicco ricco di fibre. Più il chicco resta grezzo, più mantiene i suoi principi nutritivi.
La farina 00 è la più raffinata, bianchissima, con un sapore neutro, consistenza finissima, completamente senza crusca e senza germe, la parte interna del seme che vede la presenza di vitamine e sali minerali, mentre l’integrale è quella che mantiene il seme quasi integro al 100%, si distingue per una granulometria più grossa e il colore scuro. A metà strada ci sono la 1 e la 2, con quest’ultima che viene considerata una semi-integrale.
Ciò significa che grazie al buon contenuto di crusca e di germe di grano sono nutrienti, aromatiche e con una tonalità che tende a scurirsi: sono considerate delle farine medio-forti, con una W che va dai 180 ai 300, e hanno un’alta percentuale di proteine (quindi glutine) che si aggira tra l’11% e il 14%. Paragonate a una farina 00 regalano quindi un bouquet di sapori più complesso, più soddisfazione nella masticazione e sono un alimento più sano: la difficoltà che si riscontra è quella relativa alla manipolazione, in quanto i granuli spessi sono meno solubili nei liquidi e necessitano di una maggiore idratazione per dare la giusta sofficità agli impasti. Avendo un’elevata capacità di assorbimento, le farine 1 e 2 si possono usare anche per pani e pizze ad alta idratazione, con fermentazioni che prevedono metodi indiretti tipo la biga.
Per concludere, si può dire che sono due varietà da prendere in considerazione per dare più personalità alle ricette quando si è alla ricerca di preparazioni sotto il segno del benessere, ma senza arrivare a “complicarsi” la vita magari usando la farina integrale più ardua da maneggiare, specialmente se si vuole ottenere un prodotto morbido dentro e croccante fuori.