Arriva dalla provincia di Manitoba ed è una farina forte molto resistente, in quanto il grano con cui si realizza ha dovuto imparare a sopravvivere alle rigide temperature canadesi.
In molte ricette dedicate a pane, focaccia e pizza, tra gli ingredienti è indicato l’uso della farina manitoba, generalmente scritto con la lettera iniziale minuscola, a sottolineare quanto questo prodotto sia ormai entrato nelle nostre dispense. Si tratta, infatti, di un termine che viene usato per descrivere una farina ricca di glutine e povera di amido, che ha il vantaggio di essere un’ottima alleata del processo di fermentazione e lievitazione degli impasti. Qui vediamo perché si chiama così, quali sono le sue proprietà e come sostituirla, sia con altre farine di grano tenero, sia con farine senza glutine e se, effettivamente, è possibile ottenere il medesimo risultato.
La farina manitoba è una tipologia di farina che ha origine dal Triticum aestivum, ovvero il classico grano tenero con cui si realizzano la farina 0, 00, 1 e 2, che viene ampiamente coltivato anche in Italia. La sua particolarità deriva dalla nazione di provenienza, il Canada, precisamente dalla provincia di Manitoba, che si trova nella parte occidentale del paese e ha come capitale Winnipeg. Qui le temperature scendono spesso sotto lo zero, anche fino a – 20 °C, tanto che questa varietà di frumento si è evoluta per poter sopravvivere a queste rigide condizioni: la sua caratteristica principale, infatti, è quella di essere molto resistente, merito di un notevole contenuto di proteine, specialmente glutine. Questo significa che siamo di fronte a una farina forte, capace di assorbire i liquidi (fino al 90% del proprio peso) e di trattenere l’anidride carbonica durante la lievitazione, creando una fitta maglia glutinica che permette di ottenere un ottimo livello di alveolatura. La “manitoba” è diventata nel gergo sinonimo stesso di farina forte, definita speciale, visto che parte da un valore di W350: è ideale quindi da usare sia in modo casalingo sia professionale nella panificazione e quando si è al cospetto di prodotti che necessitano lunghe lievitazioni e fermentazioni, come il panettone, il pan brioche o l’impasto della pizza ad alta idratazione.
Abbiamo visto che la manitoba è una farina di grano tenero forte: si può quindi sostituire in uguali proporzioni con farine con le stesse peculiarità, quindi che siano altrettanto forti grazie a una buona o alta presenza di glutine. Il range a cui fare riferimento è quello tra W280 e W350 o superiori, che si riferisce a farine proteiche, capaci di sviluppare glutine, come per esempio la farina 0 o le meno raffinate 1 e 2, tendenzialmente più ricche di fibre. Per quanto riguarda la farina 00, invece, si tratta di una tipologia solitamente debole (con W inferiori a 130), più adatta quindi a realizzare frolle per torte e biscotti, dove la lievitazione non svolge un ruolo così cruciale per la riuscita del prodotto finale. Da specificare che la manitoba può essere utilizzata da sola, ma più spesso viene impiegata per rafforzare le farine deboli, al fine di favorire il processo di lievitazione.
La farina manitoba non è adatta a chi soffre di celiachia o è intollerante al glutine, visto che ne contiene una grande quantità, con una percentuale di proteine che va dal 13% al 15%. In commercio ci sono diversi prodotti senza glutine pensati per essere degli ottimi sostituti pronti all’uso, per pane, pizze e dolci e sono quelli più adatti per avere un risultato che si avvicina all’originale. Ovviamente è possibile affidarsi anche ad alternative più classiche, con cui però è meglio non addentrarsi in lievitazioni troppo lunghe, che superano le 4 ore, a patto che non si maneggi appieno la materia. Le più consigliate e facili da usare sono la farina di riso, che può essere bianca, oppure integrale e la farina di grano saraceno, dal gusto più rustico, che ben si prestano a essere un passepartout, anche da miscelare tra loro: siamo di fronte a delle farine deboli, che quindi necessitano di qualche ritocco per dare consistenza all'impasto e struttura alla lievitazione, per esempio associandole all’amido di mais, al miele o alle uova a seconda della ricetta che si vuole realizzare.