Lo spumante è un vino effervescente caratterizzato dalla presenza di anidride carbonica disciolta, che conferisce al liquido la tipica effervescenza e le bollicine. Per essere definito "spumante", un vino deve avere una pressione interna superiore a 3 bar.
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La spumantizzazione è il processo che trasforma un vino fermo in uno spumante, ovvero un vino con bollicine. Questo processo conferisce al vino un carattere distintivo, caratterizzato da una effervescenza elegante, un gusto più complesso e una maggiore freschezza. Esistono tanti metodi per spumantizzare i vini ma i principali sono due: il metodo classico, con la rifermentazione in bottiglia e il metodo Charmat (o Martinotti), con la rifermentazione in autoclave.
Come dice il nome: la spumantizzazione è il processo di produzione degli spumanti. Si parte da un vino base e questo viene trasformato in vino spumante. La mutazione avviene facendo rifermentare una soluzione zuccherina aggiunta al liquido o ai lieviti, che si trasformano in anidride carbonica. Lo spumante è tale se ha una pressione di almeno 3 bar. La più antica produzione di spumante conosciuta è avvenuta nel 1531 con il metodo ancestrale.
Nel linguaggio comune il termine "spumante" si usa per tutti i vini che dopo l'apertura producono bollicine in superficie. Per la legislazione europea però non è così: non tutti gli spumanti sono i vini che producono bollicine: La classificazione varia in base alla pressione:
La fermentazione dello zucchero in alcol durante la vinificazione porta al rilascio di anidride carbonica. Questo gas è molto solubile in acqua, il principale costituente del vino, così i vignaioli sfruttano questa proprietà per produrre gli spumanti. Ogni spumante parte da un vino base che varia a seconda della scelta personale del produttore o, più spesso, del disciplinare di produzione. Vediamo nel dettaglio i metodi più utilizzati.
Il metodo classico è famoso per essere la tecnica di produzione per la fare lo Champagne. Non a caso lo si può chiamare anche méthode champenoise proprio dal nome della regione francese in cui si produce il più famoso vino del mondo. Il metodo classico consiste nell'indurre la rifermentazione dei vini in bottiglia attraverso l'introduzione di zuccheri e lieviti selezionati (liqueur de tirage).
La pressione si ottiene tramite la rifermentazione, con l'anidride carbonica prodotta dalla seconda fermentazione ("presa di spuma") che rimane intrappolata nel liquido. Le bottiglie hanno poi una fase di riposo che viene interrotta dal remuage: i recipienti sono disposti su appositi cavalletti (pupitres), che tengono il collo della bottiglia più in basso rispetto al fondo. Sono quasi capovolte ma non in verticale. La bottiglia viene ruotata ciclicamente così da far depositare le fecce e i lieviti morti nell'estremità interna del tappo. L'ultima fase di lavorazione, chiamata dégorgement, congela il vino contenuto nel collo della bottiglia tramite una soluzione liquida a bassissima temperatura e il vignaiolo toglie il tappo così da rimuovere tutti i depositi accumulati.
A questo punto la bottiglia viene chiusa col tappo a fungo e la gabbietta metallica. La pressione interna degli spumanti col metodo classico può variare da un minimo di 3 fino a un massimo di 6,5 bar.
Qui dobbiamo partire da una storia. Il metodo Charmat è stato inventato da Federico Martinotti, direttore dell'Istituto Sperimentale per l'Enologia di Asti nel 1895. Per questo motivo è chiamato anche metodo Martinotti ma perché è chiamato "anche" e non "solo" in questo modo? Perché nel 1910 Eugène Charmat ha costruito l'attrezzatura per la rifermentazione controllata nelle autoclavi. La dicitura più corretta di questa tecnica sarebbe infatti metodo Martinotti-Charmat. Questo metodo è quello utilizzato per il Prosecco.
Tornando alla pura enologia: la tecnica prevede una seconda fermentazione del vino in grandi contenitori pressurizzati. Questa tecnica è molto più semplice ed economica del metodo classico per questo motivo la stragrande maggioranza delle bottiglie di spumante nel mondo è di tipo Martinotti. L'innovazione ha portato a un immediato e sconfinato successo commerciale anche perché abbassando il "wine cost" al produttore, lo si abbassa anche al consumatore: i vini più economici si vendono più facilmente. Questo però non deve indurci in errore: il metodo Charmat non è "serie B" ed esistono grandissime bottiglie di vino prodotte col metodo Martinotti-Charmat.
Per i vini fatti con questa tecnica si parte da un vino base che può essere ottenuto da diverse varietà di uva: solitamente si prediligono il Moscato, la Glera, la Malvasia e il Brachetto. Al vino base viene aggiunta la miscela chiamata liqueur de tirage che contiene zucchero e lieviti selezionati. Questa aggiunta è fondamentale per innescare la seconda fermentazione. Il prodotto viene poi trasferito in grandi autoclavi di acciaio inox pressurizzate: è qui che avviene la seconda fermentazione, durante la quale i lieviti trasformano gli zuccheri in alcol e CO2, creando le bollicine caratteristiche del vino spumante. Una volta completata la seconda fermentazione, il vino viene raffreddato per arrestare l'attività dei lieviti e stabilizzare il prodotto. Successivamente, il vino viene filtrato per rimuovere i residui di lievito e altre impurità. Dopo la filtrazione, può essere aggiunta una miscela di vino e zucchero per determinare il livello di dolcezza desiderato del prodotto finale (Brut, Extra Dry, Dry, ecc.). Infine, il vino spumante viene imbottigliato sotto pressione per mantenere la carbonatazione e sigillato con un tappo a fungo, tipico delle bottiglie di spumante.
Il metodo classico, utilizzato per la produzione di Champagne e altri spumanti di alta qualità, prevede la rifermentazione direttamente in bottiglia e un periodo di affinamento sui lieviti molto più lungo, che contribuisce a sviluppare complessità e note aromatiche più evolute. Il metodo Charmat, invece, tende a produrre vini più freschi e fruttati, con un processo più rapido e meno costoso.
Il contenuto zuccherino va dichiarato in etichetta e la classificazione degli spumanti in Unione Europea riprende quella tradizionalmente utilizzata nello Champagne. La scala di dolcezza degli spumanti è determinata dalla quantità di zucchero residuo presente nel vino dopo il processo di fermentazione.
Questa scala è regolata da normative specifiche e varia leggermente a seconda dei Paesi e delle denominazioni, ma in generale, le categorie principali sono le seguenti:
In Italia gli spumanti sono divisi in due categorie differenti:
Ci sono poi ulteriori due classificazioni che però non sono legate strettamente alla qualità ma indicano due processi aggiuntivi: la V.S.A. è "Vino spumante aromatico" se il prodotto è ottenuto da vitigni aromatici, e c'è infine la V.S.G. ovvero "Vino spumante gassificato" se c'è l'addizione di anidride carbonica al vino.