Tra le tantissime bottiglie di olio che popolano gli scaffali dei supermercati, come si fa a scegliere un prodotto di qualità? Quali sono le accortezze da adottare e i valori da notare? Un esperto del settore ci svela tutti i segreti.
Alla scoperta dell’olio extra vergine di oliva di qualità. Come riconoscere attraverso i sensi, ma non solo, uno degli alimenti alla base della dieta mediterranea. Ne abbiamo parlato con Nicola Fazzi, direttore della cooperativa agricola Colli Etruschi (premiata come frantoio dell'anno dal Gambero Rosso) di Blera (Viterbo), produttore dal quale si riforniscono alcuni importanti ristoranti della zona. Perché una buona cucina deve passare anche e soprattutto da buoni ingredienti: e da questo assioma non può essere escluso l'olio.
In un mondo in cui si dà grande importanza alla cucina e al piatto finito c’è un ingrediente al quale spesso non viene data la giusta importanza: l’olio extravergine di oliva, da molti considerato erroneamente un condimento e non un alimento, nonché ultimamente finito anche al centro di una querelle a causa dei francesi.
Fin troppe volte si acquistano nei supermercati bottiglie d’olio di scarsa qualità, realizzate con olive di dubbia provenienza o lavorate non salvaguardando le pur ricche e benefiche proprietà organolettiche del frutto. Se si vuole essere davvero dei consumatori critici e attenti bisogna dare la giusta importanza all’olio: perché quando l’olio è di qualità a beneficiarne non è solo il piatto nel quale viene utilizzato, ma anche la nostra salute. L’olio contiene infatti polifenoli, potenti antiossidanti, ed è ricco di grassi buoni alleati dell’organismo. Vitamine e minerali tra le altre proprietà di un alimento tra i più importanti e salutari della dieta mediterranea, ovviamente usato nelle giuste quantità.
Il fatto che in Italia abbiamo una varietà immensa di cultivar – se ne contano oltre 500 – fa capire l’importanza di una biodiversità (da salvaguardare) tanto grande per un unico Paese, tra le più ricche al mondo, capace di essere rappresentata degnamente anche a tavola.
Scendendo però nello specifico, un consumatore poco pratico di questo argomento come può “nuotare” e orientarsi nel vastissimo mondo degli oli di oliva al supermercato? Come scegliere tra le tante bottiglie che popolano gli scaffali (per quanto consigliamo sempre di recarsi direttamente dal produttore, se di fiducia)? Cosa guardare, oltre al prezzo, per portarsi a casa un prodotto di qualità capace di esaltare i piatti in cui viene utilizzato e sia anche alleato della salute?
Ne parliamo con un esperto del settore, ma non prima di un viaggio (breve, state tranquilli) attraverso la storia dell’olio.
Quanti di noi non conoscono l’olio così quanto meriterebbe? E pensare che si tratta di un elemento così antico da aver accompagnato nel corso dei millenni la storia dell’uomo. Le prime tracce della domesticazione degli olivi risalgono al basso Neolitico (circa 4000 anni fa), con l'inizio delle coltivazioni dell’Olea europaea sativa (l’olivo comune) localizzata nell’area tra il Tigri e l’Eufrate, il territorio, reminiscenze delle scuole elementari, della Mezzaluna Fertile. A quasi 1800 fa, inoltre, si datano le testimonianze più antiche pervenuteci sulla regolamentazione del commercio dell’olio, contenute addirittura nel codice di Hammurabi.
La coltivazione dell’ulivo si affermò e diffuse tra le isole greche grazie anche all’opera dei Fenici, popolo (dell'attuale Libano) di mercati “vettori” di un’usanza propagata via mare durante i loro viaggi, e insediatasi nei territori in cui sbarcavano. Tra i quali anche le coste del Sud Italia. Per gli antichi Greci l’olio era un bene prezioso, utilizzato come “metro” della ricchezza dei cittadini. Si utilizzava l’olio per l’igiene, la cura del corpo e arti terapeutiche, veniva inoltre conferito come premio ai vincitori delle gare sportive, Olimpiadi comprese, e usato in scambi commerciali. Uso analogo anche per i Romani, i quali però ne usufruivano anche in cucina (e molto abbondantemente), preferendolo ai grassi animali tipici invece di molte popolazioni del Nord Europa.
La caduta dell’impero romano (476 d.C), favorì invece la diffusione di queste abitudini dell'Europa settentrionale e degli allevamenti animali, con conseguente utilizzo del lardo in cucina. L’olio d’oliva venne limitato nel consumo (alimentare) in occasione delle funzioni religiose. Per un lungo periodo poi gli oliveti vennero abbandonati oppure riservati esclusivamente agli ordini religiosi e monastici. Dal ’700-800 l’olio ricominciò a trovare una sua collocazione in cucina, grazie alla riscoperta e valorizzazione degli ulivi (e un utilizzo sempre minore dell’olio per lampade, grazie poi all’avvento progressivo della corrente elettrica).
Dopo questo breve e sintetico excursus storico, andiamo a scoprire come possiamo oggi riconoscere un olio d’oliva di qualità, in grado di esaltare i piatti in cui viene utilizzato (sia in cottura sia in purezza).
Dal responsabile della Cooperativa Colli Etruschi di Blera (la quale racchiude circa 300 agricoltori conferitori), Nicola Fazzi, ci siamo fatti rivelare i segreti per riconoscere un prodotto di qualità.
Alla domanda sul perché è bene inserire un olio di qualità all’interno della nostra dieta, la risposta è subito chiara ed esemplificativa: “Per le proprietà organolettiche che racchiude: l’olio contiene grassi insaturi, omega 3 e omega 6, è ricco di polifenoli, potenti antiossidanti, vitamina E e altre sostanze minori che hanno effetti benefici sulla salute, soprattutto su determinate malattie. Da un recente studio è emerso come un cucchiaino di buon olio, grazie alle sue proprietà, è equiparabile a quelle che sono le cure più blande contro il diabete. Ha inoltre buoni effetti sulla circolazione, sulla pelle e risulta paragonabile al latte materno come componenti chimici”.
Già questo, forse, basterebbe per iniziare a vedere l’olio sotto un nuovo e rinnovato punto di vista. Decidiamo però di approfondire il discorso, parlando di come (e perché) al supermercato l’olio sembra avere un ruolo fin troppo marginale, se consideriamo il suo valore all’interno di una dieta sana ed equilibrata (sempre assunto nelle giuste dosi).
Inutile nascondersi o girarci troppo intorno. Il primo dato che balza all’occhio tra gli scaffali del supermercato è quello legato al prezzo del prodotto. Molta gente, vedendo l’olio un “plus” probabilmente anche facoltativo nella propria dieta, sono attirati dal costo più basso, non considerando nemmeno lontanamente la possibilità di acquistare una bottiglia a 10 euro.
“Per quanto riguarda i prezzi è una battaglia che si combatte da tanto tempo. L’olio è sempre stato visto come un prodotto civetta all’interno del supermercato: se deve mettere in offerta un prodotto ci mette l’olio, sottocosto, per attirare clienti poco consapevoli” l’opinione di Nicola, che poi fa anche due conti a riguardo. “In Italia una famiglia di tre persone nell’arco di un anno consuma in media 20 litri di olio. Il prezzo, che riteniamo corretto, proposto da noi è circa 10 euro al litro, ciò significa che nei 12 mesi si spenderebbero 200 euro in olio, di qualità. È la metà di un caffè al giorno: è questo che cerchiamo di far capire alle famiglie. Come cooperativa stiamo cercando di lavorare e muoverci anche in quest’ottica di consapevolezza, far capire che è comunque un prodotto che serve alla salute e al benessere sia fisico che ovviamente gustativo, perché un buon olio dà soddisfazione anche mangiarlo”.
Parlando di etichetta, quanto ciò che è scritto è indicativo sulla qualità del prodotto? “L’etichetta è poco significativa secondo me, praticamente sono tutte uguali: indicano la provenienza, la scadenza, l’acidità… ma tutto passa attraverso la conoscenza dell’azienda che produce l’olio. Quello su cui concentrarsi è chi produce, non tanto chi confeziona o il marchio commerciale, ma il produttore vero e proprio”. L’acquisto consapevole è quindi fondamentale in tal senso: “Invito chiunque a fare una ricerca sul frantoio: quella secondo me è l’unica indicazione davvero significativa. I dati, i valori, la bassa acidità o la scritta estratto a freddo non sono così indicativi di un buon olio come si potrebbe pensare".
I marchi Igp e Dop, comunque, danno garanzie maggiori: “Presuppongono il lavoro di controllo, da parte di un organismo dedicato, sia degli olivicoltori sulla produzione sia i metodi di lavorazione in frantoio per quanto riguarda la trasformazione del prodotto e la sua vendita. Quello un po’ più di garanzia te la da, ma anche qui io andrei sempre all’origine, a chi è il produttore”. Al supermercato, quantomeno, è importante comprare una bottiglia in vetro scuro, mai chiaro, perché protegge dalla luce esterna.
Parlando brutalmente di prezzo, da quali fasce bisogna stare alla larga? “Consiglio di non scendere mai dagli 8 euro al litro, per quanto ritenga che un buon olio non debba costare al di sotto di 10-11 euro”.
La questione prezzo, tra l’altro, rientra anche in un contesto etico che va oltre il mero consumo dell’olio in casa. “Produrre un kg del nostro olio a base di caninese, difficoltosa nella raccolta e nella lavorazione, costa intorno ai 7 euro e 50, pensare di venderlo a due euro e cinquanta al litro non ha nessun senso economico, perché molto andrebbe a ricadere sugli agricoltori, che si ritroverebbero a dover abbandonare la coltura. A noi preme anche far capire che se i terreni venissero abbandonati sarebbe il paesaggio a pagarne le conseguenze, e con lui anche la sua biodiversità".
"Acquistare l’olio, così come gli altri prodotti, al giusto prezzo è un beneficio anche per il territorio stesso, non solo per la salute. Per questo invito i consumatori a entrare nei frantoi, visitare gli oliveti, conoscere chi produce l’olio, per farsi un’idea di ciò che c’è dietro una bottiglia e capire che dietro un prodotto sottocosto non ci sono qualità, storia o cultura. Noi come cooperativa ci siamo posti l’obiettivo di pagare adeguatamente gli agricoltori per consentire loro di non abbandonare la terra”.
In fase di acquisto meglio prediligere le bottiglie di vetro scuro. Questo infatti rappresenta una buona difesa verso eventuale luce e raggi solari (e annesso calore provocato), in grado di rovinare le qualità organolettiche del nostro olio. Se ci troviamo di fronte, anche al ristorante, un olio in bottiglia chiara e trasparente, non aspettiamoci un gran prodotto al suo interno. Probabilmente ha già perso buona parte delle sue proprietà.
Una volta usciti dal supermercato con il nostro olio, qualsiasi esso sia, arriviamo a casa e ci prepariamo all’assaggio.Come riconoscere un prodotto di qualità? Come poterlo distinguere da uno invece di bassa lega? L’esperienza gustativa diretta, secondo Nicola, è il primo e principale metodo. Unito anche a una certa dimestichezza che ci consente di poter riconoscere, tramite piccoli accorgimenti, eventuali pro o i contro di un prodotto.
“Tutto passa attraverso l’abitudine a sentire profumi, odori, sentori sia al naso sia al palato. Bisogna quindi in prima battuta abituarsi a questo piccolo esercizio. Questa è la base per riconoscere un prodotto qualitativo in ogni situazione, sia a casa sia al ristorante. Se uno è abituato a sentire il (non, ndr) profumo di un olio commerciale, difficilmente riesce a individuare un eventuale prodotto scadente, proprio perché manca l’educazione e l’abitudine alla qualità. Sicuramente il profumo rappresenta la sentinella primaria: se al naso il prodotto si presenta fresco, senza cattivi sentori, allora è buono. Poi in bocca deve dare piacevolezza, far sentire l’amaro, il pungente, bisogna percepire note riconducibili all’oliva. Poi può anche non piacere, ma è fondamentale assaggiare”.
Per fare un esempio pratico, l’olio a base prevalentemente di cultivar Caninese della cooperativa Colli Etruschi di Blera si presenta, già al naso, con aromi erbacei, cardo, carciofo, erba appena tagliata, con note balsamiche quali rosmarino, menta e sentori di mandorla più o meno accentuati in base alla tipologia dell’olio prodotto (da qui ne escono tre varietà: Classico, Bio e Tuscia Doc).
Se a casa volete provare direttamente, Nicola vi consiglia un semplice esercizio. Qualora abbiate un olio “commerciale” provate ad acquistare anche un prodotto di qualità, poi seguite queste piccole e semplici istruzioni.
“L’esperienza diretta è l’esame migliore: confrontate i due prodotti, prima di tutto dal punto di vista olfattivo, poi gustativo, così si capisce perché un prodotto costa 10 euro al litro e l’altro 3. In fase di assaggio ci sarebbero poi delle procedure professionali da seguire, come il riscaldamento dell’olio e lo strippaggio, ma un consumatore tradizionale a grandi linee può farsi un'idea anche semplicemente annusando. Le qualità riscontrabili sono palesi già dall’odore, che deve presentarsi fresco, più o meno erbaceo, comunque riconducibile all'oliva”. Sentori che riconducono al rancido, all’avvinato, sono ovviamente campanelli d’allarme, così come la sensazione in bocca di grasso, sporco. Amaro e piccante (in differenti tonalità), invece, sono proprietà indispensabili per un buon prodotto. Il colore, specifichiamo per completezza. non è sinonimo di qualità.
“Ovviamente chi consuma oli scadenti è abituato a sentori, sapori e odori tali, quindi non saprebbe riconoscerli e individuarli se non tramite l’esperienza con prodotti di qualità. Riconoscere e sapere quali sono i difetti è il primo passo per ricercare, e riconoscere, un olio buono”.
Specificando che non esistono, di base, varietà di olive più “scadenti” o meno qualitative di altre, da cosa dipende la bontà del prodotto finito? "Dal metodo di raccolta, lavorazione, trattamento del frutto in frantoio – ammette Nicola – sono questi i passaggi durante i quali possono crearsi eventuali difetti".
La lavorazione per esempio "…deve essere veloce, bisogna raccogliere e portare le olive in frantoio entro poche ore, trattate prima che si rovinino. È fondamentale poi fare attenzione alle temperature in fase di estrazione e mantenere tutti i macchinari perfettamente puliti e asettici, perché l’olio ha una grande capacità di assorbire odori esterni. Tutti piccoli accorgimenti che sommati portano alla qualità finale. Ogni olio, comunque, mantiene le proprie peculiarità in base all’oliva utilizzata”.
Tornando a un discorso prettamente pratico, domestico, una volta acquistato un olio buono come si possono preservare le sue qualità organolettiche che tanto abbiamo “faticato” a ricercare e riconoscere? “L’olio va conservato al riparo dalla luce, lontano da fonti calore, a una temperatura costante di 16-18 °C. Così facendo una volta aperto si conserva tranquillamente per un paio di mesi. Importante è chiudere sempre la bottiglia col tappo per evitare un’ossidazione troppo veloce. Insomma, bisogna fare attenzione ad aria, luce e temperatura”. Occhio inoltre anche a tenere lontana la bottiglia dai fornelli mentre si cucina: il calore sprigionato dal piano cottura è una minaccia per l'ottimale conservazione del nostro olio.
Ora che vi abbiamo messo a disposizione questa mini guida su come riconoscere e acquistare un olio di qualità avete tutti (o quasi) gli strumenti necessari per poter effettuare una scelta ponderata e oculata. Più o meno piccante, dall'amaro ora spiccato ora più contenuto, dall'odore e gusto persistente o più delicato: il ventaglio dell'offerta è ampio, per una grande varietà di preferenze e gli abbinamenti più disparati. Basta solamente iniziare a provare, sperimentare, poi il resto (magari anche il divertimento nel farlo) verrà da sé…