Le fave sono legumi gustosi e nutrienti che si possono trovare in commercio in primavera, tranne che per le varietà precoci o tardive, che invece arrivano già a marzo e si protraggono fino a settembre. Ma quali sono le migliori varietà di fave?
C'è chi le ama solo crude, chi solo cotte e chi le mangerebbe in qualsiasi modo: parliamo di fave, piccoli legumi verdi dalle numerose proprietà benefiche. Tipiche della stagione primaverile, con le fave si possono realizzare tanti piatti gustosi, da fresche e nutrienti insalate, a corroboranti zuppe, passando per primi piatti, secondi vegetariani e contorni. Non tutti però sanno che di fave ne esistono diverse verità: ecco quali sono le più diffuse in Italia.
La fava (Vicia faba L. 1753) è una pianta della famiglia delle Leguminose o Fabaceae. In natura esistono 4 tipologie di piante che rispondono a questo nome, fra cui solo una è prodotta per l'alimentazione umana: la minor beck (Vicia faba var. minor Beck), detta comunemente "favino", la paugyuga (Vicia faba var. paugyuga) di origine indiana e semi molto piccoli, non più coltivata, l'equina (Vicia faba var. equina Pers.), detta comunemente "favetta". Queste tre tipologie sono usate comunemente come foraggio per gli animali, mentre è la major harz (Vicia faba var. major Harz.) quella destinata al consumo umano: una tipologia con semi grossi, il peso dei e un baccello è lungo 15–25 cm. Appartengono a questa varietà le varietà di prodotto da consumo.
Anche in questo caso, però, la fava Major Harz – comunemente detta anche fava grossa – annovera delle varietà, spesso poco conosciute, ma che si trovano in commercio facilmente: queste si differenziano soprattutto per la durata del ciclo che può essere precoce, medio o tardivo. Fra le fave più famose in commercio troviamo soprattuto quelle di produzione spagnola.
Per quanto riguarda le fave italiane, sebbene si tratti di una produzione più piccola di quella spagnola, nel nostro territorio diamo spazio a varietà considerate pregiate, soprattutto nel Mezzogiorno e sulle isole.
Ingrediente cardine della cucina siciliana, che si esprime in piatti come il macco di fave, la fava larga di Leonforte è coltivata per tradizione nell'Ennese (ma ormai anche nelle altre provincie), con un produzione totalmente manuale. È conosciuta anche come fava turca, si semina fra novembre e dicembre e si raccoglie a marzo. Si tratta di una varietà tenera e delicata, che cuoce velocemente e non ha bisogno di ammollo. Si raccolgono sia nella fase più precoce, quando sono verdi, e si mangiano spesso con il pecorino n un piatto chiamato favaiana e cipuddetti, che prevede fave, cipollette locali e pecorino, oppure si cucinano in padella con cipolle e pancetta, nella frittedda.
Varietà autoctona pugliese, la fava di Carpino si coltiva nell'omonimo comune del Foggiano: è proprio questo territorio (terreni e microclima) a conferire caratteristiche uniche al legume. Si semina fra novembre e dicembre e si raccoglie fra giungo e luglio: è quindi una varietà più tardiva di quelle classiche. Ha una buccia sottile e una polpa dal sapore intenso, è verde al momento della raccolta e diventa color sabbia con il passare del tempo. È la prima fava nella storia a essere andata nello spazio, grazie a Samantha Cristoforetti e Luca Parmitano, che l'hanno portata, con altre primizie, sulla Stazione spaziale internazionale. Per tradizione la fava di Carpino si cuoce in tegami di terracotta per creare zuppe, minestre e piatti in umido, spesso anche con il calore del camino; ma si mangia anche con i primi, insieme a erbe spontanee e verdure selvatiche, con la carne di maiale o in abbinamento alla zucca, alle patate e alla cicoria. Per valorizzare questo prodotto a Carpino ogni anno si svolgono ben due eventi dedicati: la tradizionale Festa della pesatura delle fave, il 26 Giugno, e la Sagra delle fave e dell’olio, il 12 agosto.
Una piccola produzione di grande pregio situata nella zona dell'Armerino, fra Terni, Amelia e Orvieto, chiamata proprio perché cuocere bene e in fretta: non si tratta di non una varietà qualsiasi installata qui, ma di un ecotipo selezionato di generazione in generazione dai produttori locali. Dalle dimensioni piccole (non a caso la chiamano anche mezza fava), si semina a novembre con uno specifico metodo e si raccoglie a luglio, quando la pianta è già secca. Dopo un processo di ammollamento e selezione sono pronte per la cucina: si preparano spesso in padfella con pomodoro e cipolla, oppure bollite, in insalata, condite con olio, sale, pepe e fettine di cipolla fresca. Uno dei piatti più celebri con le fave cottore è la "striscia con le fave", ovvero delle fave lesse che vengono condite con il grasso della zona ventrale del maiale, opportunamente sciolto sulla fiamma.
Piccole e pregiate fave tipiche di Ustica, isola siciliana a largo di Palermo, una volta prodotto vitale per il territorio: oggi purtroppo esistono solo piccole coltivazioni, che vengono però tutelate. Seminate a novembre e raccolte a maggio con tecniche manuali, sono fave verdi pallide che tengono al bianco, secondo il grado di maturazione, e si mangiano sia crude sia cotte, anche in questo caso nella frittedda a cui qui si aggiunge una generosa dose di finocchietto selvatico, oppure nel macco, con o senza pasta.
Una fava tipica delle colline pesaresi, dove viene coltivata nell'omonimo borgo. Qui i terreni ricchi di argilla bianca danno vita a una particolare produzione di fave (e anche di oggetti in terracotta, i cocci), che si semina a novembre e si raccoglie a maggio (prodotto fresco) o a giungo (prodotto secco). La fata di Fratte Rosa si trova in un baccello corto, che da in media 4 semi, grandi, dolci e succosi. Per diversi decenni è stato il prodotto più importante dal punto di vista alimentare ed economico di quetsa zon: anche in questo caso oggi si trovano produzioni molto piccole, tutelate spesso con disciplinari in modo da evitarne il declino. Per tradizione, oltre a esser mangiata cruda o cucinata, con la fata di Fratte Rosa si produe una farina che dà vita adiversi tipi di pasta, fra cui la più famosa, i tacconi, il cui nome deriva probabilmnente dalle tipiche strisce di cuoio avanzate dalla rifilatura delle suole delle scarpe con i tacchi. Altri modi di servire le fave in questo territorio sono "alla baggiana" (una minestra di verdure con fave secche sbucciate, bietole, cicorie e agretti), in porchetta, ovvero con pancetta di maiale e finocchio sevatico, oppure con un sugo a base di funghi usato per condire la pasta fresca.
In commercio si trovano le fave fresche, nei periodi di fine marzo, aprile, maggio e giungo, con alcune varietà tardive che arrivano anche a settembre, oppure secche, sia in versione intera sia decorticate. Comprare le fave è un'operazione abbastanza semplice, a patto di stare attenti ad alcuni dettagli: il baccello, infatti, deve essere di colore brillante, senza macchie, turgido e dalla forma regolare. Inoltre, deve emettere un preciso schiocco quando viene aperto.
Una volta comprate, nel caso di fave fresche potete consumarle entro 2-3 giorni, oppure congelarle, lessandole prima per qualche minuto e lasciandole raffreddare naturalmente. Le fave secche, invece, si possono conservare semplicemente in barattoli di vetro ben puliti, in un luogo lontano da luce diretta o fonti di calore: in questo modo dureranno anche 12 mesi.