A partire dalla materia prima, ovvero un grano eccellente, passando per la macinazione a pietra e le certificazioni biologiche, ecco quali sono i fattori da prendere in considerazione quando si sceglie la farina.
La farina è un ingrediente che non manca mai in dispensa, perché se ne fa largo uso nella preparazione dei dolci, della pasta, del pane e della pizza home made. Come si distingue una farina di buona qualità da una di minore fattura? Gli elementi da prendere in considerazione sono molteplici e il risultato finale dipende dalla loro combinazione: ovviamente, alla base è fondamentale avere un grano di valore, ma non è l’unico aspetto da tenere in considerazione, visto che tutta la filiera contribuisce a commercializzare un prodotto di alto livello. Coltivazione biologica, macinazione a pietra e giusto grado di umidità, per esempio, possono fare la differenza: vediamoli nel dettaglio.
La qualità della farina non può prescindere da quella della sua materia prima, ovvero il grano, tenero o duro, made in Italy o estero. I prodotti di pregio provengono spesso da coltivazioni che seguono le pratiche dell’agricoltura biologica, dove vanno rispettate per legge limitazioni all’uso di pesticidi e di fertilizzanti chimici. I grani biologici, infatti, non solo sono più rispettosi dell'ambiente, ma tendono anche a conservare maggiormente intatte le proprietà nutritive e organolettiche, offrendo un sapore più autentico e un profilo nutrizionale più completo: tra questi compaiono di frequente le varietà antiche, tipo la Senatore Cappelli, la cultivar di triticum durum italiana più rinomata, sinonimo di pasta secca dell’eccellenza.
Il metodo di macinazione è un altro aspetto che può aiutare nella scelta della farina. La macinazione a pietra, rispetto alla moderna macinazione industriale detta “a cilindri”, è un metodo di lavorazione tradizionale oggi messo a punto con materiali tecnologicamente avanzati, che permette di preservare al meglio i nutrienti del chicco di grano, tra vitamine, sali minerali e fibre, con un prodotto finale che risulta meno raffinato, quindi ricco, digeribile e con meno probabilità di arrecare infiammazioni a chi soffre di sensibilità al glutine. Ottenere uno sfarinato 00 finissimo è impossibile, in quanto non si eliminano completamente la crusca e il germe, pertanto si avrà a disposizione farina integrale, 1, 2, 0 e la semola.
Le farine artigianali possono essere una scelta preferenziale quando si tratta di qualità, mentre orientarsi al supermercato tra quelle industriali può rivelarsi disorientante: gli ingredienti in etichetta non si rivelano una cartina di tornasole come per altri alimenti confezionati, visto che migliorativi o additivi non sono obbligatori da indicare in questo contesto. Il consiglio è quello di puntare sulla tabella nutrizionale e sulla scheda tecnica (presente online), dove vengono specificati dettagli importanti come la forza, la stabilità, l’assorbimento e altri parametri condizionano le performance nelle diverse destinazioni d’uso. Un dato da tenere sempre in considerazione è il tasso di umidità, perché incide sul buon sviluppo della maglia glutinica e sulla conservabilità: se superiore al 15,5% c’è un maggiore possibilità di proliferazione delle muffe all’interno della confezione, riducendo notevolmente la durata di un prodotto che, invece, tende a non scadere se riposto correttamente.
Una farina fresca e di buona qualità ha un odore delicato e leggermente dolce, mentre una farina invecchiata o che è stata conservata in modo non adatto può avere sentori aciduli e di pane raffermo. Il colore varia a seconda del tipo di farina: in generale si passa dal bianco avorio al marroncino chiaro, con le farine integrali più scure di quelle raffinate. Da sapere: le farine in Italia, come da normativa Europea, non possono essere sbiancate con sostanze sintetiche o trattamenti chimici, ma solo in modo naturale, cosa invece ancora permessa per esempio negli Stati Uniti o in India, dove viene usato il perossido di benzoile, largamente impiegato per la cura dell’acne o lo sbiancamento dei denti.
Le certificazioni di qualità rappresentano un'ulteriore garanzia. Per esempio, quella biologica è una delle più significative: rappresentata dal simbolo europeo con una foglia verde a stelle, assicura che la farina provenga da coltivazioni biologiche. In Italia, enti come ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale) e CCPB sono autorizzati a verificare il rispetto degli standard. Un’altra è la ISO 22005, che attesta la tracciabilità lungo tutta la filiera produttiva, assicurando una trasparenza e un controllo costante su ogni fase del processo.