In commercio troviamo tantissime varietà di pasta diverse per prezzo, consistenza e gusto: vediamo come distinguerle e imparare a riconoscere un prodotto di qualità.
Lunga, corta, liscia o rigata, trafilata al bronzo o in versione integrale: oggi parliamo di pasta, uno degli alimenti simbolo della tradizione gastronomica italiana tanto che, secondo le stime, ne consumiamo circa 28 chilogrammi pro capite all'anno. Sul mercato della pasta l'offerta è ampissima: andiamo da confezioni il cui prezzo non supera i 60 centesimi a qualità di pasta che paghiamo anche cinque o sei euro al chilo; chiaramente ci sono delle differenze ma il prezzo non può essere l'unico indicatore di riferimento al momento dell'acquisto.
I fattori che incidono sulla buona qualità della pasta che portiamo a casa sono diversi: il tipo di grano e la coltivazione, la trafilatura e l'essiccazione, solo per citarne alcuni. Come riconoscere una "buona" pasta? La qualità della pasta è nel colore e nella consistenza, prima ancora che nel gusto e nella capacità di trattenere perfettamente il condimento: caratteristiche legate ai diversi processi produttivi, alla qualità del grano e alla lavorazione. Come capire quando la pasta che acquistiamo al supermercato è di buona qualità? Come scegliere il prodotto migliore in commercio senza farci ingannare da etichette colorate e presentazioni poco veritiere? Vediamo come fare.
Difronte ai coloratissimi scaffali di pasta del supermercato, a cosa dovremmo fare attenzione al momento della scelta? Cosa leggere e quali informazioni cercare sull'etichetta? Per scegliere la pasta, è importante guardare tre elementi.
La materia prima è essenziale quando parliamo di cibo e certamente la pasta non fa eccezione. Un grano coltivato biologicamente, senza pesticidi o additivi "produrrà" senza dubbio una pasta di qualità superiore rispetto a un grano trattato con sostanze chimiche che ne accelerano la crescita, andando però a incidere negativamente sul profilo nutrizionale. Il grano perfetto per una pasta di qualità è una selezione di semole di grano duro con un contenuto di proteine che oscilla tra il 12,5 e il 15%. La provenienza è sicuramente un elemento importante ma non determinante: bisogna tenere a mente che l’Italia produce il 65% del grano necessario per il fabbisogno interno e che deve necessariamente importare il 30-35%. Ma grano estero non è sinonimo di bassa qualità: anzi, spesso si usa un mix, proprio perché alcuni tipi di farine estere (canadesi in questo caso) hanno un apporto proteico migliore.
La semola di grano viene lavorata con acqua calda e l'impasto ottenuto andrà poi estruso attraverso dei bocchettoni muniti di trafile: ecco il secondo momento cruciale nella produzione della pasta, la trafilatura. L'impasto di semola viene compresso e "spinto" nelle trafile diventando a tutti gli effetti la pasta che conosciamo. Perché è così importante? Perché il materiale delle trafile influisce sulla qualità del prodotto finale: la produzione industriale utilizza molto spesso trafile in teflon, materiale che però influisce negativamente sulla pasta (che risulterà molto liscia); decisamente migliore la trafilatura al bronzo che mantiene l'impasto più omogeneo e ruvido, preservando non solo la consistenza ma anche il sapore della pasta.
Ultimo e decisivo momento nel ciclo di produzione della pasta, la fase di essiccazione incide fortemente sulla qualità prodotto finale. Come avviene e cosa cambia tra le differenti modalità di essiccazione? L'essiccazione può avvenire in tre modi:
Utilizzando i nostri sensi, possiamo riconoscere facilmente un prodotto di buona qualità: alla vista la pasta a lenta essiccazione e trafilata al bronzo si presenta opaca al contrario di quella a rapida essiccazione, di colore giallo paglierino e "stranamente" lucido.
Se i tempi di essiccazione sono stati troppo veloci oppure durante le fasi di lavorazione si sono verificati degli sbalzi di temperatura, la pasta secca può rompersi durante la cottura. Un altro aspetto che ci indica se il prodotto che abbiamo acquistato è effettivamente di qualità.
Al tatto, una pasta di buona qualità non sarà mai liscia e "perfetta" ma sicuramente ruvida e granulosa, perfetta sì, ma solo per legare e tenere stretto il condimento.
Questione consistenza: la prima regola è che la capacità di rimanere "al dente" non è il fattore principale attraverso cui possiamo riconoscere una buona pasta. La consistenza dipende infatti due fattori specifici: la gelatinizzazione degli amidi e la coagulazione delle proteine del glutine. La gelatinizzazione degli amidi consiste nella solubilizzazione e successiva disaggregazione dell'amido a contatto con l'acqua tra i 60 °C e gli 80 °C: questo processo chimico conferisce alla pasta elasticità e morbidezza mentre la coagulazione delle proteine trattiene gli amidi che permettono a spaghetti e rigatoni di rimanere "sempre al dente".