Nella religione ebraica esistono una serie di indicazioni molto precise, che ogni fedele deve seguire. Da non confondere con la cucina ebraica tradizionale, che non è necessariamente kosher.
Espressione quotidiana di credenze religiose, ma anche di storia e di cultura, la cucina kosher è un vero e proprio mondo a parte. E se avete creduto fino ad oggi che cucina ebraica e cucina kosher fossero la stessa cosa, avete sempre sbagliato: kosher non vuol dire tradizionale, ma “permesso”. Si tratta, infatti, della cucina che rispetta i dettami della religione ebraica relativi all’alimentazione.
La Torah, il testo sacro della religione ebraica, stabilisce una serie di norme alimentari che i fedeli devono rispettare: sono molte e sono complesse, e proprio per questo non è da tutti seguirle. Non è detto, infatti, che tutti gli ebrei seguano la cucina kosher: è un tipo di alimentazione appannaggio di chi è molto fedele. Proprio per questo, esistono – e convivono – una cucina kosher e una cucina ebraica tradizionale non kosher.
La Kasherut è l’insieme di precetti riguardanti il cibo, regole alla base dell’alimentazione di ogni ebreo praticante. Essi si basano sulla Torah, il più alto riferimento della religiose ebraico, e indicano cosa è “kosher”, ovvero idoneo: un termine usato soprattutto per la cucina, ma che in realtà può essere applicato a qualunque cosa adatta al suo uso.
Nei libri del Levitico e del Deuteronomio si trovano la maggior parte delle leggi fondamentali che compongono la Kasherut, ma dettagli e applicazione pratica sono stati fissati nella Legge Orale – codificata in ultimo nella Mishnah e nel Talmud – ed elaborati nel corso del tempo dalla letteratura rabbinica. Nell Torah non sono specificate le precise ragioni logiche dietro alle leggi Kasherut, e nel corso del tempo sono state avanzate molte teorie, tra cui motivazioni filosofiche, pratiche e igieniche.
Cucinare kosher non è per niente facile, e richiede un ambiente controllato e una conoscenza approfondita delle molte regole previste. Per essere consumato, il cibo deve rispettare alcuni criteri precisi, che riguardano l’origine, le caratteristiche dell’animale, la preparazione e la sua stessa natura.
Trattandosi di una gastronomia così particolare, la cucina kosher ha dato vita a una serie di piatti che ricalcano la tradizione ebraica o della città di appartenenza, reinterpretata con originalità dai cuochi kosher per rispettare tutte le norme richieste dal credo religioso.
A Roma, la zona del Portico d’Ottavia è dove si trova lo storico Ghetto Ebraico: tra le sue vie caratteristiche e piene di storia incontrerete ristoranti di cucina tradizionale ma anche locali kosher, solitamente divisi tra quelli che servono la carne, quelli che servono i lattici e quelli dedicati solo al pesce. Tra le ricette più tipiche che assaggerete i carciofi alla giudia, l’abbacchio in tutte le sue declinazioni, la crostata di ricotta e visciole e la pizza ebraica.
Il ghetto di Venezia è il più antico d’Italia, e ancora oggi pullula di ristoranti di cucina kosher. Qui si mangiano le più prelibate specialità di pesce, tra cui le mitiche polpettine di pesce bianco, uno dei piatti più consumati durante lo Shabbat perchè aiuta a rispettare una delle 39 azioni proibite nel giorno di festa. Buonissime anche le sarde in saor, e nei forni le immancabili pizza e il pane pita; a volte si può trovare il pane challah, anche questo tipico dello Shabbat.
La comunità ebraica milanese è più giovane, la sua storia inizia nell’Ottocento e in città non si è mai creato un vero e proprio ghetto. Esiste, però, un quartiere ebraico in zona sud ovest (da via Washington a Piazza delle Bande Nere, attorno a viale San Gimignano) dove trovare molti locali kosher, tra cui una delle primissime hamburgheria kosher d’Italia, con carne controllata e un menu privo di latticini, e un alimentari/rosticceria ricchissimo di specialità 100% kosher, da consumare pronte o da portare a casa.