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30 Dicembre 2024 9:50

Come chiedere i 150 euro di rimborso per il pandoro truffaldino di Chiara Ferragni

L’accordo tra Chiara Ferragni e il Codacons chiude (almeno per ora) una vicenda che ha attirato l’attenzione mediatica e acceso polemiche sui social. Tuttavia, rimangono molti interrogativi: i consumatori hanno davvero ottenuto giustizia? O si è trattato di un’operazione più simbolica che sostanziale?

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Chiara-Ferragni-pandoro-Balocco-rimborso

Il pandoro di Chiara Ferragni è stato lanciato a Natale 2022 e dopo due anni sembra arrivata alla sua conclusione: la giustizia sembra aver fatto il suo corso, almeno in parte. Non è ancora chiara (scusa il gioco di parole) la situazione legale però siamo arrivati a una conclusione: secondo quanto dichiarato dal Codacons, i consumatori che hanno acquistato il pandoro “Pink Christmas” di Chiara Ferragni riceveranno un indennizzo di 150 euro. A darne notizia è stato Carlo Rienzi, presidente dell’associazione e noto oppositore dell’influencer e del suo entourage. Dopo un anno di battaglie legali, il Codacons ha raggiunto un accordo con i legali della Ferragni. In cambio del rimborso, l’influencer ha richiesto il ritiro di tutte le querele pendenti. Ma come chiedere il rimborso? Vediamo la "guida" all'indennizzo.

Alcuni numeri non tornano

"L’accordo con Chiara Ferragni rappresenta una vittoria per i consumatori che avevano acquistato il pandoro ‘Pink Christmas’ e si erano rivolti alla nostra associazione per ottenere un rimborso" ha dichiarato Rienzi. Ha inoltre sottolineato come la differenza di prezzo tra il pandoro “normale” Balocco (3,68 euro) e quello brandizzato Ferragni (9,37 euro) abbia generato richieste di risarcimento inizialmente pari a 5,69 euro. Stando a quanto scrive Dissapore, grazie all’accordo gli acquirenti otterranno un rimborso ben superiore.

Ma è davvero una vittoria? Se 150 euro possono sembrare un ottimo indennizzo, alcuni dettagli sollevano perplessità. La giornalista Selvaggia Lucarelli, tra le voci più critiche della vicenda, ha commentato sulle pagine de Il Fatto Quotidiano che l’accordo potrebbe aver comportato un "compenso simbolico" per i consumatori, volto principalmente a chiudere il caso e garantire il ritiro delle denunce.

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Secondo il Tg1, infatti, sono solo 160 i consumatori che hanno richiesto il risarcimento, per un totale di 24.000 euro versati. Una somma irrisoria se confrontata con i 290.000 pandori venduti, che avrebbero generato un incasso stimato in oltre 43 milioni di euro. Di questi numeri, però, non si parla nell’accordo, che appare più come una strategia comunicativa del Codacons per rafforzare la propria immagine pubblica. Il Codacons, per parte sua, celebra il risultato anche attraverso l’annuncio di una donazione di 200.000 euro a un’associazione contro la violenza sulle donne. Ma rimangono dubbi sulla reale efficacia del rimborso.

Il processo per richiederlo non è così semplice: gli acquirenti devono contattare il Codacons, inviare un documento di identità, la prova di acquisto o un’autocertificazione scaricabile dal sito, e attendere la conferma. Un iter che rischia di scoraggiare molti, soprattutto in caso di un afflusso elevato di richieste. Non è chiaro per quanto tempo sarà possibile inviare le richieste. Secondo Dissapore l’operazione potrebbe rivelarsi più una trovata mediatica che un reale supporto ai consumatori.

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