La protesta di Coldiretti al porto di Manfredonia solleva un'annosa questione: è un male importare grano dal Canada? E ne abbiamo bisogno? Ecco i motivi della protesta e le ragioni degli importatori.
In una decisa azione di protesta, agricoltori aderenti a Coldiretti Puglia hanno dato vita questa mattina a un'inusuale mobilitazione nel porto di Manfredonia. A bordo di gommoni e motoscafi, gli operatori del settore primario hanno simbolicamente intercettato una nave mercantile proveniente dal Quebec, recante un carico di quasi 24mila tonnellate di grano.
L'iniziativa, definita dall'associazione come un atto di "difesa del Made in Italy", mira a sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sul rischio che ingenti quantitativi di grano importato vengano utilizzati per la produzione di pane e pasta commercializzati come italiani. Coldiretti Puglia evidenzia un marcato incremento delle importazioni di grano dal Canada, con un aumento dell'82% registrato nel solo mese di gennaio 2025 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, secondo i dati interni dell'organizzazione.
"Questo grano – ha dichiarato Coldiretti – subisce trattamenti pre-raccolta con glifosato, una pratica agricola vietata sul territorio nazionale. È imperativo tutelare le nostre aziende e i consumatori attraverso la garanzia di reciprocità normativa e una trasparenza stringente sull'origine in etichetta". La protesta portuale è stata accompagnata da presidi a terra, durante i quali gli agricoltori hanno esposto slogan incisivi volti a richiamare l'attenzione sulla "criticità dello scenario" per le imprese agricole pugliesi e per i consumatori. Viene denunciato un significativo deprezzamento del grano locale, con una perdita di 40 euro per tonnellata nell'arco di un anno.
Parallelamente, l'associazione segnala l'arrivo, nel solo gennaio, di 87,4 milioni di chilogrammi di grano duro canadese, un dato che segue un già consistente aumento del 68% registrato nel corso del 2024. "Rimaniamo e continueremo a essere vigili sentinelle degli interessi dei consumatori ", ha affermato Pietro Piccioni, direttore di Coldiretti Puglia, sottolineando la "battaglia per assicurare la trasparenza e una chiara indicazione in etichetta sull'origine degli alimenti che giungono sulle tavole italiane."
Mario de Matteo, vicepresidente di Coldiretti Puglia, ha aggiunto: "L'afflusso massiccio di grano estero conferma una tendenza preoccupante degli ultimi anni, con paesi come Canada, Turchia e Russia che si sono alternati nell'inondare il mercato nazionale, spesso in concomitanza con la fase cruciale della raccolta". Le stime dell'associazione delineano un quadro di progressiva contrazione delle superfici coltivate a grano duro, con punte che raggiungono il 10% proprio in Puglia, regione cardine per la produzione nazionale.
Malgrado sia la patria della pasta, in Italia non produciamo abbastanza grano duro per soddisfare il fabbisogno interno: i motivi sono di natura logistica, ma anche storico – culturale. Importarlo è quindi un obbligo, altrimenti resteremmo senza pasta: se in Italia si vendesse solo pasta con grano italiano avremmo il 30% di pacchi in meno sugli scaffali, il che porterebbe a una riduzione della produzione, a un ridimensionamento delle attività, a una perdita economica e di conseguenza a un aumento della disoccupazione.
Partendo da questo presupposto, è bene spiegare come l'Italia abbia subito un calo nella produzione di grano duro: anche in questo caso i motivi sono vari e vanno dalle condizioni climatiche avverse come la siccità, che ha ridotto i raccolti, o alla riduzione delle superfici coltivate a causa della disaffezione degli agricoltori di fronte ai prezzi di mercato. Una minore disponibilità interna spinge logicamente l'industria molitoria a cercare approvvigionamenti all'estero per soddisfare la domanda.
Il grano canadese è tendenzialmente disponibile sul mercato internazionale a prezzi più competitivi rispetto al grano italiano in determinate fasi: questo può dipendere da diversi fattori, tra cui i costi di produzione in Canada, le politiche agricole canadesi, i tassi di cambio e i costi di trasporto. Un prezzo più basso rende l'importazione più conveniente per le aziende italiane. Inoltre, anche le caratteristiche del grano canadese contano: per esempio una maggiore quantità di glutine che ci consente, mischiandolo ai nostri grani, di avere una pasta di qualità superiore. E questo succede da sempre.
L'industria della pasta è un importante motore economico e occupazionale in Italia: garantire un approvvigionamento costante di grano, anche attraverso l'importazione, è fondamentale per sostenere questo settore e i posti di lavoro collegati. La questione è complessa e ci sono anche argomentazioni a favore di una maggiore autosufficienza e della protezione della produzione nazionale, legate alla qualità specifica del grano italiano, alla sostenibilità e alla tutela del reddito degli agricoltori locali. Tuttavia, l'importazione di grano, in un contesto di mercato globale, risponde a precise logiche economiche e sociali che non possono essere ignorate.
L'aumento delle importazioni di grano dal Canada è probabilmente una risposta a una combinazione di fattori che includono una minore disponibilità di grano nazionale, la competitività dei prezzi del grano canadese e la necessità dell'industria italiana di approvvigionarsi per soddisfare la domanda di produzione di pasta.
In Canada, l'uso del glifosato è una pratica agricola comune e legale in pre-raccolta per essiccare le colture in modo uniforme, facilitando la mietitura e potenzialmente aumentando la resa e il contenuto proteico del grano.In Italia, l'uso del glifosato in pre-raccolta sul grano è vietato: questa restrizione è stata introdotta per precauzione, in linea con una maggiore attenzione alla salute dei consumatori e alla protezione dell'ambiente. L'uso del glifosato in Italia non è però completamente bandito, ma è limitato ad altre fasi della coltivazione e con specifiche restrizioni.
L'Unione Europea, e quindi l'Italia, ha dei limiti massimi ammissibili di residui di glifosato negli alimenti importati: i controlli vengono effettuati per garantire che questi limiti non vengano superati. Tuttavia, Coldiretti e altri sostengono che anche bassi livelli di residui possano essere motivo di preoccupazione e che le pratiche di coltivazione dovrebbero essere armonizzate.