Quali sono gli atteggiamenti e i comportamenti che gli operatori del settore ristorativo proprio non sopportano dei loro clienti? Quali sono le richieste più antipatiche rivolte al personale di sala o allo chef? Tutto ciò che bisognerebbe evitare di fare o dire al ristorante.
Chi di noi si è mai chiesto che cosa i ristoratori o gli chef pensano dei propri clienti, e cosa proprio non sopportano di loro?
Cosa si nasconde dietro quei sorrisi, a volte di circostanza, di fronte a richieste assurde degli ospiti di un locale, o di atteggiamenti poco consoni con la situazione o in generale poco educati a prescindere dal contesto?
In molti casi tanti fanno buon viso a cattivo gioco, altri invece rispondono anche a tono a un cliente un po’ troppo (e senza una giusta causa) pretenzioso, col rischio però di risultare per certi versi scortese solo in virtù della massima “il cliente ha sempre ragione”.
Chi si è mai domandato, dall’altra parte dell’ideale barricata che separa ospite dal personale, come e cosa pensano gli chef? Cosa proprio non sopportano di clienti quando troppo arroganti o poco educati, dagli atteggiamenti negativi spesso non necessari? Noi l’abbiamo fatto, e su questo abbiamo interrogato proprio alcuni addetti ai lavori del mondo della ristorazione italiana.
In un settore in cui spesso, purtroppo a volte a sproposito, sono i clienti a parlare (e giudicare) i ristoranti, abbiamo voluto dare voce invece a chi in varie circostanze si vede costretto a sopportare in silenzio. Chi vorrebbe dire, quasi sfogarsi, ma per decenza o per troppa educazione si strozza le parole in gola per timore di sembrare fin troppo burbero.
Abbiamo coinvolto, per gioco ma per loro forse nemmeno troppo, alcuni nomi della ristorazione italiana per raccogliere una lista di pareri su comportamenti, atteggiamenti, richieste spesso assurde con cui chef, ristoratori e personale di sala devono fronteggiarsi, nella maggior parte dei casi facendo buon viso a cattivo gioco ma, di fatto, sclerando dentro.
Cos’è che il ristoratore o uno chef proprio non sopporta dei propri ospiti? Come dovrebbe comportarsi una persona per essere un cliente ideale e favorire il lavoro, e quindi anche la resa, da parte di chi opera al ristorante? Perché se è vero (ma pur fino a un certo punto) che il cliente ha sempre ragione, c’è quantomeno un limite a tutto. E questo limite, qualora poi ce ne fosse stato bisogno (in molti casi si parla puramente di buona educazione), abbiamo cercato di tracciarlo, mettendolo nero su bianco affinché sia il più chiaro possibile. Anche dall'altra parte, dopotutto, ci sono delle persone. Delle persone che (almeno si spera) si impegnano al massimo per fare il loro lavoro e per far quadrare i conti a fine mese.
Parola e possibilità di sfogo, insomma, a ristoratori e chef. Un ringraziamento per aver raccontato le proprie esperienze dirette, figlie di anni di carriera, a Salvo Cravero dell’omonimo ristorante, Andrea Fanti del Croma_Lago Restaurant, Salvatore Giugliano di Mimì Alla Ferrovia, Antonio Cicero e Roberta Corradin, rispettivamente a rappresentanza della cucina e della sala de Il Consiglio di Sicilia.
Grazie ai loro contributi abbiamo stilato una lista di atteggiamenti che un cliente dovrebbe evitare per non risultare antipatico a chi sta prestando il servizio. Ecco quindi un elenco di ciò che non bisognerebbe fare al ristorante.
In gergo lo chiamano no show: quando si prenota e non ci si presenta senza aver disdetto. Si tratta prima di tutto di buona educazione e correttezza verso chi sta lavorando. Lato cliente, sempre meglio prenotare per essere sicuri di trovare un tavolo libero. Lato ristoratore, poi, in caso di impossibilità di presentarsi al locale è bene telefonare tempestivamente per disdire, dando possibilità a chi sta dall’altra parte di poter eventualmente accogliere altre prenotazioni. Capita, ci hanno raccontato, anche tra ristoratori stessi: un collega dopo aver prenotato non si presenta rappresenta, oltre a un danno, anche un comportamento ancor più antipatico.
Altrettanto di cattivo gusto, e indice di poca educazione, prenotare per un numero di commensali e presentarsi in più o meno persone. Eventuali modifiche sempre segnalarle per tempo, in modo da dare al ristorante occasione di potervi accogliere al meglio.
Racconti alla mano, è capitato che qualcuno millantasse finte intolleranze o allergie per evitare determinati tipi di alimenti o per richiedere modifiche ai piatti. Chi, per esempio, dichiara di essere intollerante al glutine per mangiare una pasta più light e non sgarrare così la dieta, senza però aver alcun tipo di problema. Intolleranze o allergie, comunque, sempre meglio comunicarle per tempo dando così possibilità allo chef (o chi per lui) di agire tempestivamente di conseguenza e attuare le dovute modifiche a un piatto. Anche se, ormai, gran parte delle cucine è rifornita di prodotti adatti a celiaci o chi soffre di varie (vere) intolleranze.
Altra regola non scritta per tanti quella di non presentarsi troppo a ridosso dell’orario di chiusura della cucina. Allo stesso tempo, non protraetevi eccessivamente oltre l’orario di chiusura del locale: dall’altra parte c’è pur sempre gente che lavora e che, giustamente, vuole tornare a casa dopo una lunga giornata.
Al ristorante a meno di autentiche intolleranze o allergie non sarebbe opportuno chiedere modifiche a un piatto presente in carta, o peggio la preparazione di un piatto di vostra ideazione. Perché, semplicemente, non sarebbe più un piatto dello chef ma sostanzialmente vostro, con tutti i rischi sulla resa finale della portata. E chiedere a uno chef di preparare un piatto non suo non solo sarebbe inelegante, ma potrebbe anche influire negativamente sull’esperienza generale. Peggio ancora se queste richieste arrivano da altri ristoratori. Si mangi, insomma, ciò che propone il locale.
Altro atteggiamento poco elegante è presentarsi al ristorante con un vino portato da casa, specialmente in locali dotati di una buona e variegata cantina. Al Diritto di tappo abbiamo dedicato un approfondimento specifico: in Italia non è ben visto da gran parte dei ristoratori, all’estero invece è più accettato, specialmente nei Paesi anglosassoni. Se avete intenzione di portarvi il vino acquistato altrove, sarebbe quantomeno corretto chiedere in fase di prenotazione, o comunque in anticipo. In circostanze particolari il ristoratore potrebbe anche chiudere un'occhio.
Fin troppi clienti si presentano in un ristorante non tanto per godersi un paio d’ore di tranquillità e relax, quanto più per recensire quel locale e, possibilmente, parlarne male solo per gusto, credendosi originali e fuori dal coro. Tutti novelli Anton Ego (il temuto critico di Ratatouille), pur non avendo spesso le competenze per poter giudicare una cucina, specialmente se si tratta di alta ristorazione. Tra i tanti portali, da The Fork a Tripdavisor, ormai la recensione è stata sdoganata oltre misura e il margine di errore da parte di chi lavora si è talmente ridotto che, ci dicono, la pressione che ne consegue non è sana.
Non andate credendovi pseudo critici enogastronomici (senza le dovute competenze) e solamente per il gusto, poi, di lasciare una recensione negativa, magari andando controcorrente rispetto alle altre valutazioni entusiaste di quello stesso locale. Se siete stati bene, però, fatelo sapere: il passaparola è una delle armi più potenti a disposizione del ristorante.
Il personale di sala, così come quello di cucina, lavora per offrire un servizio quanto migliore, gentile e soddisfacente possibile, siate anche voi allo stesso modo educati. Abbiamo sentito racconti di clienti altezzosi e quasi pretenziosi: è bene ringraziare, non pensare che chi vi sta servendo (personale di sala in primis) sia alla stregua di un servo. Non è tutto dovuto, insomma, per il solo fatto che si sta pagando un servizio. Potrebbe capitare che a eventuali clienti maleducati venga poi interdetto un ritorno allo stesso locale. Un bel ristorante è frutto di cooperazione e sintonia tra il personale che ci lavora e coloro che vanno a mangiarci. Una bella clientela, cibo buono e servizio efficiente sono insomma le fondamenta di un locale in cui si può passare piacevolmente del tempo.
I prezzi dei piatti o di un intero menu degustazione sono stati calcolati secondo precisi parametri, che non riguardano solamente la somma aritmetica dei costi dei singoli ingredienti utilizzati ma comprende anche altre voci (abbiamo dedicato un focus anche al food cost). Non c'è bisogno di fare quindi i conti in tasca al ristoratore, né di pretendete lo sconto in fase di pagamento: sarà il ristoratore stesso, eventualmente, a omaggiare i suoi ospiti alleggerendo il conto finale. "Trattami bene, mi raccomando", insomma, meglio non dirlo.
Per certi versi questa voce si ricollega alla precedente. Chi pensa che per un pranzo sia giusto spendere 25-30 euro, e rimane assolutamente un’opinione legittima, non creda di andare in un ristorante gourmet con la stessa convinzione, cercando poi di trattare sul prezzo finale. È tendenzialmente consigliabile informarsi sul locale designato, visitare il suo sito, consultare il menu e valutare se per quanto proposto la previsione di spesa sia, soggettivamente, più o meno giustificata. Sarebbe bene avere chiara consapevolezza di cosa si sta cercando e valutare se l’offerta sia adatta non solo a ciò, ma anche alla propria volontà, o disponibilità, di spesa.
Chiudiamo in leggerezza. Una puntualizzazione meno rilevante rispetto alle altre, ma alla quale specialmente al Sud tengono in particolar modo. Non chiedete il formaggio sulla pasta col pesce, niente pecorino sugli spaghetti con le vongole. Ogni volta che un cliente, nella maggior parte dei casi comunque straniero, fa una richiesta del genere, un Cannavacciuolo nel mondo si sente male. E con lui anche il cameriere o lo chef che in quel momento sono testimoni di questa richiesta. Dei peggiori crimini contro la cucina italiana abbiamo comunque dedicato un approfondimento apposito.