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9 Gennaio 2020 11:00

Ciro Scamardella, la Stella di Bacoli da Pipero: “Primo, rispettare gli ingredienti”

Un ragazzo genuino e solare come la sua Bacoli. Ciro Scamardella porta la sua grande tecnica nelle cucine di Pipero e conquista la scena capitolina dopo un apprendistato con tantissimi grandi chef fino ad arrivare alla Stella Michelin nel 2013. Il suo rapporto col Gambero Rosso e la televisione, il suo pensiero in cucina, tutto sintetizzato nei menu proposti al ristorante.

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Per parlare di Ciro Scamardella, chef stellato a Roma, dobbiamo partire dal rapporto con Gambero Rosso e con Alessandro Pipero, perché non si può non parlare del ristorante stesso che prende il nome dal suo proprietario. Lo chef bacolese, profondamente legato alle proprie radici come mostra in Ciro a mammà sui canali del Gambero, ha mosso i primi passi nell’alta cucina proprio tra le mura di Città del gusto Napoli, sotto la guida di un maestro come Nicola Miele: “Ho cominciato per voglia di scappare da scuola. Non andavo d’accordo col banco, preferivo fare gli extra di pomeriggio o la sera piuttosto dei compiti” dice Scamardella, che prosegue elogiando un suo docente “Che mi ha mandato in giro per l’Italia e mi ha fatto conoscere Miele, che mi ha offerto uno stage da tutor. Al Gambero sono entrato da stagista e sono uscito da assunto. Qui ho conosciuto tanti chef, ho visto tanti stili e poi ho girato partendo da Paolo Barrale, Cannavacciuolo, Martín Berasategui (3 Stelle a San Sebastian), l’arrivo a Roma prima con Anthony Genovese e poi Roy Caceres; da qui Pipero”. L'approdo da Pipero gli mette una grande pressione: il ristorante è già Stellato grazie a Luciano Monosilio, a lui l'arduo compito di riconquistare la Stella Michelin, un risultato che ha centrato alla prima occasione utile.

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Scamardella ha un carattere estroverso e tanta ambizione, questo ha conquistato Alessandro Pipero, non solo uno dei migliori sommelier della sua generazione ma un raro occhio per lo scouting. Nel 2002 apre il proprio ristorante che porta il suo nome ad Albano Laziale, l’obiettivo è entrare nel circuito Michelin e per farlo chiama Roy Caceres, talentuoso chef colombiano. La stella non arriva con Caceres (che la conquisterà nel 2010 con il suo attuale ristorante, Metamorfosi), bensì con Luciano Monsillo nel 2013 ma l’imprinting è tutta di Alessandro: stile moderno, raffinato ma di sostanza, al punto da rendere la carbonara un piatto simbolo di Pipero.

“Less is more”, questo è il tempo

Se cresci con l’odore del mare e il ragù di mamma la domenica, che tutt’oggi ti gusti quando torni a Bacoli, non puoi fare un menu dai sapori fini a se stessi; infatti Ciro non lo fa: pur avendo un’eleganza sorprendente, i piatti di Scamardella sono sempre molto decisi. L’infanzia con la cucina napoletana si avverte, ma lo studio per affinare la tecnica è stato così certosino da permettere a Scamardella di giocare su quel sottile confine in cui la tradizione è spogliata dal superfluo ed esaltata nel gusto più puro. Nel suo menu si abbracciano i sapori mediterranei ed orientali, senza strafare. “Penso che in questo momento meno ingredienti mettiamo nel piatto, meglio è. Io rispetto l’ingrediente e la tradizione, per questo penso di dover studiare a fondo questo ingrediente e la sua storia: per trarne il meglio”, dice lo chef, che poi racconta del suo primo approccio al Pipero, dove ha "ereditato" la Stella di Monsillo: “Dire che c’era pressione è dir poco (ride, ndr). Per quanto si dica che la Stella è del ristorante, della sala, del luogo, alla fine la Michelin guarda il piatto ed ereditare il posto di Luciano è stato ambizioso, faceva gola, ma c’era tanta paura di sbagliare. Esperienza durissima, fino all’ultimo non sai niente, poi esulti. Una sensazione stupenda, un gran lavoro di squadra”.

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I piatti provati con Ciro sono stati la sintesi di un suo vecchio pensiero, “nel piatto ricerco l’equilibrio abbinato sempre all’emozione”, perché il suo Ricordo di una Colazione all’italiana, Cornflakes, polvere di caffè, gelato al caffè, mandarino in tre consistenze: gel, oli essenziali e a naturale con ricotta di bufala dolce, è proprio questo. Idem l’animella al radicchio e rafano con le chips di friarielli ma si può andar oltre con la Genovese di mare in raviolo, con la sfoglia ripiena di crema di cipolle e avvolta da un intenso sugo di polpo. Come sempre, il sapore della tradizione in nuove ed innumerevoli forme

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Il team è la forza del ristorante

In un locale di Alessandro Pipero la sala è necessariamente un punto focale; “Alessandro più che maître e sommelier è il proprietario: visto il suo background funziona tutto alla perfezione, avvalendosi anche di un grandissimo braccio destro quale Achille Sardiello. Si alternano e non ci accontentiamo mai”. Il team come forza del ristorante, il tag line del sito di Pipero, lo si avverte anche in cucina con Scamardella che ci parla del rapporto col suo sous chef, Victor Cuenca: “Colombiano di Calì, rapporto di stima reciproca. Ho un rapporto molto bello con tutti i ragazzi della brigata. Siamo diretti e quando c’è da alzare la voce alziamo la voce. Victor poi è il cattivo della situazione”. Si scherza, l’approccio a questo lavoro è da altissima cucina ma Ciro resta un ragazzo dell’ '88 di Bacoli, col mare negli occhi ed il ragù nelle vene. Infine, la chicca: "Non escludo in futuro un mio ristorante a nella mia città".

Corso Vittorio Emanuele II, 250 Roma
tel. 06 6813 9022
piperoroma.it

Nelle puntate precedenti

Michelangelo Mammoliti

Alessandro Ingiulla

Luigi Lionetti

Nicola Giancarlo Gronchi

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Quello che i piatti non dicono
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