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15 Agosto 2024 13:00

Chicha: cos’è e come si prepara la bevanda sudamericana

Il Sud America è conosciuto soprattutto per la sua gastronomia, ma vanta anche una bevanda davvero unica: si chiama chicha, è una birra al mais fermentata ed esiste in infinite varianti. Scopriamo la storia e tutte le particolarità di un drink che risale addirittura alle antiche popolazioni Inca.

A cura di Martina De Angelis
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Intorno agli alimenti fermentati c’è sempre più interesse e infatti si stanno diffondendo sempre di più. Ma lo sapevi che esistono anche delle bevande fermentate? La più famosa si chiama chicha ed è diffusa in tutto il Sud America in tantissime varianti diverse.

Si tratta di una birra al mais amatissima dalle popolazioni locale, le cui origini sono più che antiche: diverse testimonianze, infatti, hanno dimostrato come fosse la bevanda tradizionale delle popolazioni Inca, che la usavano anche a scopi medicinali. La chicha è molto più di una bevanda quindi, è una vera e propria tradizione radicata nel Sud America, tanto da diventare in Perù Patrimonio Cultural de la Nación nel 2015.

Ad oggi la chicha si trova sono in America Latina, mentre fuori dal Sud America è ancora abbastanza difficile reperirla, a meno che non trovi negozi tipici latini che potrebbero importarla o produrla.

Che cos’è la chicha

La chicha è la bevanda fermentata più antica ancora in commercio ed è una preparazione tipica e diffusissima in tutta l’America Latina, anche se varia leggermente da paese in paese. Si ottiene tramite la fermentazione non distillata del mais (ma anche della manioca o di alcuni tipi di frutta) e proprio per questo ricorda la birra, tanto da essere chiamata “birra al mais”. Retaggio dell’antica popolazione degli Inca, la chicha viene ancora oggi preparata seguendo la ricetta tradizione dei popoli precolombiani principalmente in modo casereccio, tramite la bollitura e fermentazione del cereale o della frutta impiegata.

Il risultato è una bevanda unica nel suo genere, dal sapore dolce e con una gradazione alcolica bassa, che si aggira tra l’1 e il 3%. Di solito si gusta nelle chicherias, i bar tipici dedicati solo a questa bevanda, ma è facile trovarla anche nei ristoranti.

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Come si prepara e come si usa

In origine la chicha si otteneva dalla masticazione del mais appena raccolto: il compito era delle donne, che poi lo sputavano in un recipiente di terracotta. Il lavoro di fermentazione partiva dunque dalla saliva, che andava a trasformare con gli enzimi l'amido di mais in zuccheri semplici. Tutt’oggi a livello artigianale e in alcune popolazioni andine si usa ancora questo sistema, e la chicha così ottenuta si chiama anche taqui. La moderna preparazione di questa bevanda, invece, prevede due cotture del mais in due giorni (per dissolvere gli eventuali grumi causati dalla prima cottura) e un periodo di riposo in contenitori di terracotta.

Proprio qui c’è la differenza principale con la birra classica, per cui si usa invece il malto per la fermentazione: nel caso della chicha c’è solo il mais, oppure cereali o frutta per una versione della bevanda più dolciastra e meno alcolica.

La chicha non è solo una bevanda molto amata, viene anche impiegata in cucina. Per esempio si usa nella particolare ricetta tipicamente latina del “pesce sudato”, un piatto a base di pesce fresco, chicha, ortaggi, erbe e cipolle che cuoce a fuoco lento tutto insieme, per permettere ai sapori e profumi di legare tra loro.

La chicha ancora oggi viene usata nei rituali religiosi, poiché ha un valore fortemente spirituale per le popolazioni latine: comunica forte senso di appartenenza alla comunità, è simbolo di amicizia e contiene granoturco, un alimento dal significato fortemente religioso fin dall’antichità.

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Tutte le varianti della chicha

Paese che vai, chicha che trovi: esistono tante varianti di questa bevanda quante sono le nazioni del Sud America. La più tradizionale è la chicha boliviana, chiamata semplicemente chicha e a base di mais. È la bevanda fatta con la ricetta degli Inca, ha qualche grado alcolico e viene prodotta particolarmente a Cochabamba.

Non manca mai nei bar e nei ristoranti, ma soprattutto viene consumata a fiumi durante le feste tradizionali e religiose. In base al tipo di mais usato si ottengono bevande con diversi nomi: ad esempio la chicha kulli è quella a base di mais viola o la chicha gialla, ottenuta dal mais giallo.

È proprio a base di una particolare varietà di mais dal colore viola scuro, il maiz morado, che si ottiene  la chicha morada, la versione di questa bibita tipica del Perù. A base di questo mais molto coltivato nella Cordigliera delle Ande, ha anche una seconda varietà: si chiama mazamora morada, ottenuto dall’aggiunta di un agglutinante chiamato chuño, e si consuma con frutta secca o fresca, in particolare fragole e uva passa.

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In Chile la chicha diventa la muday e, a differenza delle altre versioni, viene preparata usando l’acquavite o altri alcolici, mischiati con la bevanda ottenuta dalla fermentazione di cereali o frutta. In Messico, invece, si prepara la tepache, bevanda fermentata leggermente alcolica ottenuta dalla fermentazione di bucce dell’ananas con zucchero di canna e spezie. Proprio per questo è soprannominata “birra all’ananas”.

Molto particolare anche la variante del Venezuela: si chiama chicha criolla o chicha venezolana, non è alcolica ed è ottenuta con semola o con la semola di soia. Molto dolce e molto densa, si consuma fredda con il ghiaccio ed è l’unica tra tutta le chicha a non essere usata anche per riti religiosi ma ad essere destinata solo al commercio.

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