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7 Febbraio 2024 14:30

Chiara Pavan: “Normalizzare il lavoro al ristorante con stipendi adeguati e riposo”

La chef stellata del Venissa ci racconta il suo modo di vedere la work-life balance nel ristorante. Come possiamo uscire dall'idea di sacrificio in cucina "ormai superata e da debellare".

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È una delle chef stellate più stimate d'Italia ed è una delle protagoniste della 13esima edizione di Masterchef: parliamo di Chiara Pavan, 1 Stella Michelin al Venissa, a Venezia. La chef, classe 1985 nativa di Verona, guida lo storico locale sull'isoletta di Burano: nel 2019 è stata nominata migliore chef donna Italiana per le Guide de L’Espresso nel 2020 Miglior chef donna per la guida Identità Golose. Nel corso degli anni non si è distinta solo per la sua cucina: è una donna impegnata nel sociale che ha fatto proprie delle tematiche molto delicate come l'immigrazione e il mondo del lavoro. È una persona che vuole cambiare il sistema e prova a farlo nel suo piccolo all'interno del ristorante.

La crisi del lavoro nella ristorazione secondo la chef stellata

L'arrivo in cucina di Chiara Pavan non ha seguito una strada tradizionale: studia filosofia all'Università di Pisa e lavora nei ristoranti per mantenersi. Solo a 25 anni, ottenuta anche la laurea magistrale in Filosofia della Scienza, decide di dedicarsi anima e corpo alla cucina. Si iscrive a un corso, lavora con Valeria Piccini allo storico bistellato Da Caino, poi va allo Zum Löwen in Alto Adige e conclude con un'esperienza all'Osteria Francescana con Massimo Bottura. Tutto questo le ha dato una base culturale e tecnica da far invidia a molti.

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Foto da Facebook

Non tutti fanno la scelta di vita che ha fatto Chiara Pavan. Un dato importante è il costante calo delle iscrizioni agli istituti alberghieri sfociato nel -47% dell'anno scolastico 2021-2022. Per la chef stellata: "Non è necessariamente una cosa negativa ma è un problema per il mio settore. Dico questo perché per anni abbiamo avuto il mito del sacrificio in cucina che è poco attuale, è da condannare e non è positivo per nessuno. La situazione si sta invertendo a tutti i livelli perché le nuove generazioni hanno più a cuore il benessere personale".

Pavan racconta come l'alta considerazione della cosiddetta work-life balance sia uno dei motivi che porta alla mancanza di personale: "Sento spesso colleghi che non riescono ad assumere delle persone perché vogliono il weekend libero. Questo è un tema, giustamente aggiungerei io. I giovani di oggi sono più attenti alla propria libertà, sono più attenti al bilancio tra vita e lavoro e questo rende il lavoro nella ristorazione poco appetibile. Da qui c'è anche il calo degli iscritti agli alberghieri". La chef del Venissa ci tiene però ad aggiungere che il tema è sentito e il trend è positivo: "Io vivo il lavoro con una certa abnegazione. Conosco tanti artisti, tanti manager, tanti artigiani che vivono il proprio lavoro con la stessa abnegazione ed è molto bello. Il punto è un altro: non possiamo pretendere che tutti gli impiegati vivano il lavoro allo stesso modo. Per riuscire a dar nuova vita al settore bisogna considerare l'ospitalità come un comparto qualunque, con le regole di tutti gli altri". Come attuare questo processo? "Facendo ore regolari principalmente, senza mitizzare il ruolo dello chef, trattando il cuoco o la cuoca come un lavoratore normale".

Per ottenere questo risultato "ci vorrebbero delle normative politiche. Per fare alta cucina è richiesta una lavorazione complessa ed elaborata. Al momento le normative non ti permettono di avere tanti dipendenti, così da farli ruotare, perché le tasse gravano troppo sulle aziende. Il problema prima o poi andrà risolto, magari proponendo degli sgravi fiscali a chi fa un certo tipo di cucina, a chi offre un certo tipo di materia prima". Questa idea è stata lanciata tempo fa da Massimo Bottura: chiedono contributi agevolati a chi tratta gli ingredienti fin dal primo contatto. "Al momento chi fa un lavoro come il nostro e chi propone dei preparati semi-lavorati ai clienti viene fiscalizzato allo stesso modo — spiega la chef del Venissa — ma è un lavoro diverso. Ci vuole una risposta politica a tutto questo perché il movimento culturale esiste e lo vediamo nelle aziende degli altri settori. Tutti si interrogano sulle ore di lavoro, dovrà farlo anche la ristorazione".

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Chiara Pavan con Francesco Brutto, suo co–chef e compagno di vita | Foto da Facebook

Secondo la cuoca veronese alcuni standard sono stati alzati anche dall'attenzione mediatica data dai programmi televisivi: "Il mercato, che nel nostro caso sono le persone, richiede una cucina diversa, molto più complessa, e questo è grazie alla tv o a causa di essa". Per Chiara Pavan la televisione deve essere un mezzo per il cuoco: aiuta ad arrivare a più gente, deve portare più clienti ma soprattutto deve essere un'esperienza piacevole. Su Masterchef ammette di "non vedere di solito i programmi gastronomici, li ho guardati un paio di volte per formazione personale" ma al contempo ammette di essere stata felicissima del suo ritorno in trasmissione. Questa volta "mi sono divertita di più, forse perché ho acquisito più esperienza e sicurezza nei miei mezzi. È stato piacevole, è stata un'esperienza molto divertente e ora vedremo il risultato perché nessuno sa com'è davvero la puntata fino alla messa in onda. Trovo Masterchef un programma piacevole e l'ho vissuta come una prova con me stessa, di come affronto il pubblico".

La tv può essere anche un mezzo per risolvere uno dei problemi atavici della ristorazione contemporanea che torna nella conversazione: l'equilibrio lavoro-vita personale. Per Chiara Pavan uno dei temi che allontana le persone da questo lavoro è il tempo libero: quando ce l'hanno i cuochi, i camerieri, i bartender, i pizzaioli, non ce l'hanno le "altre" persone. I weekend sempre in cucina, le feste comandate a lavorare e così via. Molti ristoratori stanno proponendo a mezzo stampa una soluzione: chiudere nel fine settimana. Questa può essere una soluzione ma "dipende dal tipo di ristorante e da dove ti trovi. Se sei in centro a Venezia puoi permetterti di chiudere il sabato e la domenica. Nel 2022 potevamo chiudere anche noi, l'anno scorso non avremmo potuto permettercelo. Sarebbe bellissimo questo modo di lavorare e lo auspico anche per la mia vita ma è un cerchio che deve combaciare: bisognerebbe spingere il turismo, bisognerebbe alzare i salari di tutti gli italiani così che la gente sia spinta a mangiare fuori casa".

La rivoluzione parte però dalle piccole cose e infatti al Venissa i turni sono molto più "umani" che negli altri ristoranti: "Abbiamo aumentato i giorni liberi perché facciamo i doppi turni ma nella mia visione futura il turno dovrà diventare uno solo. Visto che non è possibile avere doppia brigata per una questione di costi da quest'anno abbiamo messo a punto un sistema di turnazioni: una settimana abbiamo tre giorni liberi, quella dopo ne abbiamo due e mezzo, le due restanti solo due giorni e poi si ricomincia con tre. Ci riusciamo grazie a due giorni di chiusura settimanali ma prima o poi voglio arrivare a un turno unico nel ristorante. Per fare ciò i ristoranti come il mio devono essere sempre pieni negli altri giorni quindi ben vengano i programmi televisivi e il marketing, sono le opzioni migliori per convincere le persone a venire nel locale".

Per la Pavan questo è un movimento che avrà lunga vita e per questo motivo direbbe a un giovane collega di impegnarsi e di contribuire ad attuare il cambiamento: "In questo momento storico sia gli chef sia gli imprenditori di qualsiasi settore si stanno ponendo tantissime domande. C'è un movimento intero e qualcosa sta cambiando". Questo messaggio lo darebbe solo "a chi ha già la passione ed è pronto ad affrontare anche dei momenti più difficili. Se un giovane cuoco non ha voglia e passione non lo spingerei a fare questa carriera. Non giudico nessuno, siamo tutti diversi".

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