Pizza: più che una pietanza, quasi una categoria. Quante ricette nel Centro-Sud Italia con questo nome? E molte di loro anche dolci. Alla scoperta delle "pizze non pizze" dello Stivale.
Pizza: un termine tanto identificabile, riferito a una ricetta iconica e impossibile da non riconoscere, quanto al contempo generico, a indicare molte preparazioni oltre quella più “comune” e popolare. Realizzata in tutta Italia.
Di pizza, infatti, non ce ne è una sola (quella alla quale stiamo pensando, per intenderci), ma la gastronomia italiana è piena di preparazioni che, pur chiamandosi pizza, sono decisamente lontane per concetto, ingredienti e processo realizzativo dalla pizza che tutti noi abbiamo in mente. Il motivo? Probabilmente da ricercare nell'etimologia del termine stesso, dal latino volgare pisiare o pinsiare, "pestare, schiacciare con le mani", e per questo gran parte delle preparazioni che prevedevano questo procedimento, l'impastare manualmente acqua e farina, hanno assunto nel corso del tempo la denominazione pizza. Pur, di fatto, essendo totalmente diverse tra di loro.
Una delle prime testimonianze scritte riguardanti la pizza (o perlomeno una sua antenata) risalgono al Medioevo, attorno all'anno mille, quando comparve il termine pitta, derivante a sua volta dalla parola greca per intendere la focaccia (famosa è la pita greca). Ci sono in realtà differenti teorie sull'origine del termine, gran parte delle quali (se non la totalità) provenienti dalle zone centro meridionali del Paese. E, non a caso, la varietà di pizze che andremo a vedere è raccolta proprio in questa parte d'Italia.
Facile, al giorno d’oggi, dire “voglio una pizza”. Altrettanto semplice invitare qualcuno a mangiare una pizza, in quanto nella stragrande, per non dire totalità, dei casi con il termine “pizza” si identifica una preparazione precisa, iconica, che può sì variare nei condimenti o nei topping ma pur sempre pizza rimane. Un disco più o meno largo, basso, di impasto acqua e farina, cotto nel forno a legna (per chi può) o elettrico arricchito con i condimenti più vari.
Eppure, se andiamo a scavare più a fondo nella gastronomia dello Stivale, ci accorgiamo come ci sia un grande numero di pizze “altre”, vale a dire ricette chiamate pizza che, pur, non sono pizze come di primo acchito le intendiamo noi. Il concetto e la varietà di pizze va ben oltre, insomma, il semplice dilemma tra margherita, marinara, capricciosa, quattro stagioni o compagnia bella. E sì, ce ne sono anche di dolci. E no, stavolta quella di Briatore, quella da 99 euro con l'oro o quella venduta a 8000 euro non c'entrano niente.
Specialmente nella parte centro meridionale del Paese ci sono molte altre pizze, salate e dolci, che con la classica immagine che ci balena in testa appena diciamo pizza condividono solamente il nome. Andiamo a scoprire alcune di loro.
Non poteva che iniziare a Napoli, per antonomasia la Capitale della pizza, questo viaggio attraverso le “pizze non pizze” d’Italia. Qui, sul golfo di Partenope, troviamo la pizza di pasta, conosciuta in città anche come frittata di pasta, frittata di spaghetti o frittata di maccheroni. Si capisce, insomma, come l’ingrediente principale sia la pasta. In passato le famiglie povere locali ne recuperavano quella avanzata e, pur di non sprecarla, riuscivano a riciclarla creando queste “pizze”. Oggi la ricetta prevede anche l’utilizzo di uova, formaggi, salumi e pomodoro.
Non ci muoviamo da Napoli per questo tipico piatto della tradizione pasquale, anche qui la pasta la fa da protagonista. Si tratta infatti di una pasta cotta al forno con pancetta o salame e formaggio. Viene chiamata anche pizza di tagliolini in crosta.
Ancora a Napoli e provincia per l’iconica pizza fritta. Un impasto ripieno, avvolto su sé stesso dopo abbondante farcitura interna e gettato nell’olio bollente per la veloce cottura, fino a completa doratura. Al di fuori della Campania, probabilmente, questa ricetta (o sue versioni molto simili) è conosciuta maggiormente col nome di calzone fritto.
Saliamo nel Centro Italia per conoscere la pizza di Pasqua, una preparazione tipica di Marche, Umbria, Abruzzo e dell’alto Lazio. Si chiama pizza ma, di fatto, della pizza tradizionale non ha nemmeno la forma. All’occhio, infatti, si presenta quasi più come un panettone. Il suo nome originale fu crescia (per via della sua importante crescita, lievitazione) e la prima testimonianza della sua ricetta risale al 1800, in un testo anconetano. Ne esiste una versione salata, con l’impasto ricco di tocchetti di cacio, e una dolce che può essere arricchita con canditi.
La pizza fritta siciliana, detta anche calzone. Praticamente la cugina sicula della controparte napoletana, uno street food ripieno dei più svariati condimenti che esprime il suo massimo sapore quando ancora ben caldo.
In Puglia in particolar modo la chiamano pizza di patate, a Napoli è conosciuta maggiormente come gateau. Si tratta di un classico della cucina pugliese, uno sformato di patate (lesse) arricchito con prosciutto o salame, formaggio e mozzarella per un piatto rustico e molto saporito, valido sia come antipasto sia come primo o contorno.
Di pizze "non convenzionali" dolci ne abbiamo già incontrata una parlando della pizza di Pasqua, nella sua versione zuccherata, ora incrociamo invece quella teramana. Praticamente una torta di antica origine, il dolce per eccellenza della tradizione abruzzese, realizzata specialmente in occasioni di ricorrenze e festività. In dialetto viene chiamata pizza dogge, base pan di Spagna bagnato con 2, 3 o anche 4 alcolici, con golosa farcitura con crema pasticciera e crema al cioccolato.
Come non citare poi la pizza roce (dolce), la preparazione tutta made in Salento chiamata anche torta col naspro (termine che identifica la glassa). Tipica delle festività locali, fa parte della tradizione gastronomica di questo tratto di Puglia, una ricetta simile è in verità presente anche in Cilento, anche qui conosciuta come pizza roce, a base di pan di Spagna e crema pasticcera e realizzata tipicamente per la festa della Madonna del Carmine.
Scendiamo in Puglia per la golosissima pizza di ricotta con scaglie di cioccolato. Ricorda per lo più una crostata, preparata prevalentemente in occasione delle festività pasquali. Tipica maggiormente della provincia di Foggia, si tratta di una ricetta a base di pasta frolla farcita con crema di ricotta al limone.